Tumori della tiroide, meno chirurgia con le nuove linee guida clinico-istologiche

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Giovedì e venerdì alla Cattolica di Roma riuniti i maggiori esperti mondiali per l’11o Corso multidisciplinare di patologia e citologia della tiroide. Obiettivo presentare le novità nella classificazione e nella diagnostica citologica dei noduli tiroidei per un approccio terapeutico condiviso e personalizzato volto a minimizzare il ricorso alla chirurgia diagnostica

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Roma, 30 novembre 2017 – Negli ultimi anni sono avvenuti significativi cambiamenti nella diagnostica e nella terapia dei tumori tiroidei. Le nuove linee guida cliniche e istologiche hanno profondamente trasformato l’approccio terapeutico alle neoplasie della tiroide improntato a una minore aggressività soprattutto per quanto riguarda il trattamento chirurgico e la medicina nucleare.

Le novità nella classificazione delle neoplasie e nella diagnostica citologica dei noduli tiroidei nonché la discussione di alcuni casi di difficile interpretazione per patologi e citopatologi saranno al centro dell’11o Corso Multidisciplinare di Patologia e Citologia della Tiroide, che si svolgerà giovedì 30 novembre e venerdì 1 dicembre all’Università Cattolica di Roma (Aule S. Giovanni di Dio e Necchi).

“Nel 2016 – spiega il responsabile scientifico del Corso prof. Guido Fadda, associato di Anatomia patologica all’Università Cattolica e dirigente medico dell’UOC di Istologia e citodiagnosi della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – sono state pubblicate le linee-guida per la gestione clinica dei carcinomi della tiroide elaborate dopo una lunga gestazione dall’ATA (American Thyroid Association) che include anche esperti europei. Queste linee guida sono molto innovative rispetto alle precedenti del 2009 perché prevedono delle classi di rischio clinico basate su parametri molti dei quali, per la prima volta, sono di tipo puramente istologico. Nel 2017 è stata pubblicata la nuova classificazione mondiale dei tumori endocrini (e pertanto anche dei tumori della tiroide) a cura della WHO (World Health Organization), elaborata da esperti di tutto il mondo. Infine all’inizio del 2018 sarà definitivamente in uso la nuova stadiazione clinica dei tumori della tiroide realizzata dall’AJCC (American Joint Committee on Cancer) che serve per poter pianificare la terapia dei tumori maligni della tiroide in funzione dell’evoluzione prognostica del tumore”.

Queste linee-guida clinico-istologiche stanno già rivoluzionando l’approccio terapeutico alle neoplasie della tiroide che sarà improntato a una minore aggressività soprattutto per quanto riguarda il trattamento chirurgico e la medicina nucleare.

“L’obiettivo – prosegue Fadda – è quello di personalizzare la terapia per ogni paziente mediante la valutazione di parametri istologici e molecolari che potranno consentire di prevedere l’aggressività di ogni singola neoplasia e di riservare i trattamenti chirurgici più estesi e demolitivi, nonché la somministrazione di iodio radioattivo, solo ai tumori a maggiore rischio di recidiva locale o di metastasi a distanza”.

Le nuove linee guida
I professori Giovanni Tallini (Università di Bologna) e Mauro G. Papotti (Università di Torino) presenteranno le più importanti novità rispettivamente delle linee guida ATA e della classificazione WHO e il professor Marco Raffaelli, associato di Semeiotica chirurgica all’Università Cattolica e dirigente medico dell’UOC di Chirurgia endocrina e metabolica del Policlinico Gemelli, discuterà le modifiche nella strategia chirurgica per le neoplasie tiroidee.

La lettura magistrale della professoressa Virginia A. LiVolsi (Philadelphia, USA) illustrerà i criteri diagnostici per le neoplasie tiroidee più aggressive e il professor Fulvio Basolo (dell’Università Pisa) e la professoressa Marina N. Nikiforova (Pittsburgh, USA) presenteranno le più innovative metodiche molecolari utilizzate per la previsione dell’aggressività delle neoplasie tiroidee.

Sulla base delle linee-guida ATA le società scientifiche italiane di endocrinologia, chirurgia, medicina nucleare e anatomia patologica hanno elaborato le “Linee-Guida italiane per la gestione clinica delle neoplasie tiroidee” il cui obiettivo è quello di adattare alla realtà italiana le più importanti modifiche introdotte nelle linee guida americane.

Il professor Alfredo Pontecorvi, direttore di Istituto di Patologia speciale medica e semeiotica medica dell’Università Cattolica e direttore dell’UOC di Endocrinologia e malattie del metabolismo del Policlinico Gemelli, illustrerà i punti più importanti di queste linee guida italiane.

Per quanto concerne le diagnosi citologiche preoperatorie sugli ago aspirati di noduli tiroidei, i criteri per stabilirne la benignità e malignità (e di conseguenza la scelta terapeutica tra follow-up clinico e chirurgia) sono ormai stabiliti e affidabili e tali diagnosi rappresentano la maggioranza delle diagnosi in citologia tiroidea. Le classificazioni italiana, britannica e americana della citologia suddividono le diagnosi in 6 categorie, solo 3 delle quali prevedono la terapia chirurgica.

Questi schemi classificativi sono stati elaborati con il preciso proposito di ridurre il numero di pazienti da inviare alla chirurgia diagnostica, e, di conseguenza, di minimizzare la quantità di tiroidectomie inappropriate (cioè eseguite su lesioni benigne) senza tuttavia evitare di rimuovere le neoplasie maligne. Il professor Zubair W. Baloch (Philadelphia, USA) presenterà la classificazione americana (Bethesda 2008) e le novità che sono state introdotte nell’ultimo anno.

Le lesioni tiroidee indeterminate
Per le diagnosi indeterminate – per le quali la gestione clinica è controversa e che rappresentano tra il 10 e il 20% delle diagnosi citologiche – l’applicazione di metodiche di indagine molecolare sempre più sofisticate, in grado di individuare oltre il 90% dei tumori maligni solo sulla base di alcune specifiche alterazioni genomiche, potrebbe essere la brillante soluzione che da tempo si attendeva.

Il professor Guido Fadda presenterà i problemi diagnostici di queste lesioni e il professor Yuri E. Nikiforov (Pittsburgh, USA) presenterà le principali innovazioni in tema di diagnosi molecolare delle lesioni indeterminate in citologia. Per individuare con maggiore precisione i casi di lesione maligna all’interno di questa categoria indeterminata sono stati messi a punto e sperimentati, soprattutto negli USA, dei sistemi di rilevazione di alterazioni geniche mediante tecniche di analisi molecolare multipla computerizzata (tra cui la next-generation sequencing – NGS) che consentono di identificare, nelle cellule ottenute dall’agoaspirazione del nodulo tiroideo, quei sistemi enzimatici intracellulari che risultano alterati determinando la trasformazione carcinomatosa e dunque maligna delle cellule tiroidee normali.

Pertanto, quando un nodulo tiroideo viene classificato come lesione indeterminata, per sapere se esiste un significativo rischio di malignità che ne richieda l’asportazione chirurgica, si possono effettuare studi molecolari (sia semplici che più sofisticati) sulle cellule ottenute durante l’esame citologico agoaspirativo. In caso di individuazione di alterazioni geniche specifiche per una neoplasia maligna, può essere proposto al paziente l’intervento chirurgico in ragione dell’alta probabilità di malignità della lesione.

Le neoplasie maligne tiroidee
Non tutte le neoplasie maligne tiroidee presentano alterazioni geniche e pertanto il sistema proposto in precedenza non sarebbe in grado di eliminare i falsi negativi, cioè i tumori maligni che non possono essere identificati con la citologia o con l’analisi molecolare. In particolare una varietà di carcinoma papillare tiroideo, la variante follicolare, presenta spesso un profilo genico molto simile ai tumori benigni tiroidei tanto che da tempo si discute se sia veramente un tumore maligno, in quanto scarsamente aggressivo e con bassa capacità di metastatizzare.

Nel marzo del 2015 si sono riuniti a Boston (USA) alcuni tra i maggiori esperti di patologia tiroidea e hanno constatato, sulla base di casistiche cospicue, che una parte di queste varianti follicolari del carcinoma papillare (approssimativamente il 20-30%) che risultano perfettamente incapsulate, non metastatizzano né recidivano: per queste forme è stato coniato il termine di tumore follicolare non-invasivo con aspetti simil-carcinoma papillare (NIFTP) che, in quanto non di natura carcinomatosa, è da considerare una neoplasia benigna come l’adenoma tiroideo.

La riduzione del 20-30% delle neoplasia maligne, in particolare di quelle forme maggiormente responsabili dei falsi negativi nella citologia tiroidea, ridurrà i rischi di malignità attesi per tutte le categorie citologiche e consentirà ai citopatologi di diagnosticare le lesioni a basso rischio di malignità con maggiore frequenza e tranquillità, riservando le categorie ad alto rischio di malignità per quelle lesioni con maggiore atipia citologica che avranno una notevole possibilità di risultare maligne all’esame istologico post-chirurgico.

La pubblicazione del lavoro del Gruppo di Studio di Boston guidato dal professor Nikiforov nell’aprile 2016 su JAMA Oncology ha suscitato molte polemiche in tutto il mondo (compreso un articolo di commento sul New York Times dell’aprile 2016) in quanto declassava, dal quel momento in poi una variante di carcinoma papillare (trattata come tale fino ad allora) a tumore sostanzialmente ‘benigno’ che non necessita di alcun ulteriore trattamento oltre quello chirurgico.

Questa controversa entità del NIFTP è stata inserita come forma a prognosi benigna, dopo ampia e approfondita discussione tra i responsabili scientifici, nell’ultima classificazione dei tumori della tiroide edita dalla WHO nel 2017.

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