Inquinamento da plastica può uccidere una varietà di embrioni oceanici

(Fig. 1)

Napoli, 17 aprile 2024 – Livelli elevati di inquinamento da plastica possono uccidere gli embrioni di una vasta gamma di animali oceanici. È quanto rivela uno studio condotto da un team internazionale guidato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn (Italia) e in collaborazione con l’Università di Exeter (Regno Unito), l’Università di Barcellona (Spagna) e la Queen Mary University di Londra (Regno Unito).

Gli scienziati, in particolare, hanno testato gli effetti dei nuovi pellet di PVC (i “nurdles” di pre-produzione utilizzati per realizzare molti prodotti di plastica) sullo sviluppo di dieci specie, che abbracciano tutti i principali gruppi (superphyla) di animali oceanici. L’esposizione ad alte concentrazioni di pellet di PVC ha impedito uno sviluppo sano in tutte e dieci le specie.

“Quando esposte ad alti livelli di nuovi pellet di PVC, le specie che abbiamo esaminato hanno mostrato diversi problemi sviluppo – ha affermato la prima autrice dello studio, Eva Jimenez-Guri – Alcuni non sono riusciti a creare una conchiglia o una notocorda, altri a formare caratteristiche bilaterali (sinistra-destra), altri hanno semplicemente smesso di svilupparsi dopo alcuni cicli di divisione cellulare. Nessuno è riuscito a creare un embrione vitale”.

Lo studio ha incluso anche specie che si riproducono asessualmente mediante rigenerazione (scissione) e ha scoperto che anche queste erano colpite da alte concentrazioni di nuovi pellet di PVC.

“Il livello di inquinamento che abbiamo esaminato sarebbe stato riscontrato solo in circostanze come una fuoriuscita di pellet di PVC – ha continuato Jimenez-Guri – Sappiamo che questi eventi straordinari possono accadere. Ad esempio, a gennaio milioni di pellet sono fuoriusciti da una nave mercantile al largo del Portogallo. Si è scoperto che anche i fiumi e le spiagge vicino agli impianti petrolchimici contengono livelli molto elevati di pellet di pre-produzione”.

L’Unione Europea sta attualmente discutendo una legislazione volta a ridurre i rilasci di pellet di plastica pre-produzione.

Lo studio ha, inoltre, esaminato gli effetti tossici dei campioni di plastica recuperati dalle spiagge. Sebbene tali effetti non fossero così diffusi come quelli dei nuovi pellet di PVC, è stato riscontrato che alte concentrazioni influenzano lo sviluppo di molluschi, ricci di mare, stelle marine e ascidie.

Le coste e i fiumi sono noti punti focali dell’inquinamento da plastica e, poiché le specie oggetto dello studio vivono tutte in aree costiere, un grave inquinamento potrebbe avere un impatto notevole.

“Se si verifica un inquinamento estremo in un momento in cui queste specie si riproducono, allora non si avrà la generazione successiva”, ha concluso Jimenez-Guri spiegando che la plastica contiene una complessa varietà di componenti potenzialmente dannosi, tra cui in questo caso lo zinco, che vengono rilasciati lentamente una volta in acqua.

La ricerca è stata finanziata da una borsa di studio Marie Skłodowska-Curie assegnata a Jimenez-Guri presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn. L’articolo, pubblicato sulla rivista Chemosphere, è intitolato: “Developmental toxicity of pre-production plastic pellets affects a large swathe of invertebrate taxa”.

Fig. 1 – Tipo selvatico (a sinistra) Parhyale hawaiensis (crostaceo), Ciona intestinalis (tunicato) ed Exaiptasia diaphana (cnidario) accanto agli animali dello stesso stadio trattati con percolati di pellet di PVC (a destra)

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