La patologia interessa 20% donne in età post menopausale e uomini over 65
Roma, 24 ottobre 2023 – Presso l’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Roma si è costituita la Commissione per l’osteoporosi. È composta dal coordinatore, chirurgo ortopedico e presidente della Fondazione per la lotta all’osteoporosi e artrosi (Aila), Francesco Bove, dal vicepresidente dell’OMCeO Roma, Stefano De Lillo, dal prof. Giulio Maccauro, ordinario di ortopedia e traumatologia al Policlinico Gemelli, dal prof. Ciro Villani, ordinario alla Sapienza e da altri tre specialisti, ovvero Mario Manili, Giancarlo De Marinis e Giorgio Bove.
“La motivazione di dare vita a questa Commissione – spiega il prof. Francesco Bove – nasce da una vera e propria emergenza di carattere sociale, che richiede la massima attenzione da parte delle autorità sanitarie sull’osteoporosi”.
“Una malattia – prosegue l’esperto – che è in forte crescita nel mondo e anche in Italia, legata principalmente al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Sappiamo che il nostro è il Paese con il più alto numero di ultra 65enni, siamo al 20%, e abbiamo un numero altissimo di ultra ottuagenari: è proprio questa la fascia critica dello sviluppo di patologie importanti come l’osteoporosi, che anni fa, come Aila, definimmo ‘il tarlo silenzioso’, proprio perché questa malattia si manifesta solo nel momento in cui sono evidenti le complicanze, ovvero le fratture, del femore e della colonna vertebrale”.
Le parole del prof. Bove arrivano subito dopo la Giornata mondiale dell’osteoporosi, che si è celebrata il 20 ottobre all’insegna dello slogan “Build better bones” (“Costruisci ossa migliori”) per sensibilizzare la popolazione sull’importanza di adottare, fin dall’infanzia, sani stili di vita per migliorare lo stato di salute delle ossa.
Il coordinatore della Commissione per l’osteoporosi dell’OMCeO Roma si sofferma su alcuni dati che accomunano entrambi i sessi. “L’osteoporosi – rende noto – interessa circa il 20% delle donne in età post menopausale, un fatto riconducibile alla mancanza degli ormoni estrogeni che hanno la funzione di bilanciare il ricambio del calcio nelle ossa. Ma la patologia colpisce anche gli uomini dopo i 65 anni e può interessare fino al 6% della popolazione”.
Secondo Francesco Bove è importante sottolineare che si deve sviluppare un senso di responsabilità della propria salute, ovvero la consapevolezza. “Bisogna fare informazione – afferma – perché solo attraverso l’informazione si riesce a sensibilizzare le persone e, quindi, a svolgere la prevenzione primaria, quella che serve a evitare la patologia, mentre la prevenzione secondaria è rivolta a chi è già stato affetto da osteoporosi”.
Il chirurgo ortopedico fornisce un altro dato interessante emerso da un recente documento del ministero della Salute, che mette in luce un vero e proprio squilibrio di informazione. “Il 50% delle persone non sa di essere affetto da osteoporosi, mentre il 50% delle persone che sono convinte di esserne affette, in realtà non lo sono”.
Ecco, dunque, che torna alla ribalta l’importanza di fare informazione. Una informazione che spetta soprattutto ai medici di base, i medici di famiglia, i primi ad avere un rapporto con i pazienti. “Il concetto – dice ancora – è proprio quello di arrivare prima che si sviluppi la patologia. Fondamentali sono gli stili di vita, l’alimentazione. Noi abbiamo un patrimonio osseo e la necessità di introdurre calcio in tutte le fasi della vita, da quelle legate alla crescita e, successivamente, agli anni della menopausa per la donna e dopo i 65 anni per l’uomo. Fasi in cui dobbiamo mantenere questo patrimonio, che mano a mano si perde, poiché si dismettono circa mille milligrammi di calcio al giorno, numero che può arrivare in breve tempo al 5% del patrimonio. È dunque ovvio che dobbiamo reintrodurre il calcio che perdiamo. Lo dobbiamo fare assumendo vitamina D, prodotta con l’esposizione ai raggi del sole, elemento che consente l’assorbimento del calcio nello stomaco e nell’intestino”.
Fare prevenzione significa, dunque, prevenire le fratture. “Dieci anni fa – dichiara – l’Aifa parlava di centomila fratture vertebrali nel nostro Paese. Fratture che producono un danno economico per le spese primarie di circa 1 miliardo. E oltre al costo assistenziale si registra un disagio sociale: la persona, infatti, non cammina, non sta in piedi e i suoi familiari perdono spesso intere giornate di lavoro”.
Fare prevenzione significa anche fare attività fisica. “La colonna deve essere attivata, non solo dagli anziani ma, in fase preventiva, da tutti, anche da chi fa attività sedentaria come gli impiegati”.
Tutto questo, però, non è una novità. “Cinquanta anni fa, quando l’astronauta americano John Glenn tornò dalla sua missione sulla Luna, presentava una grave osteoporosi. Questo significa che quando manca la gravità, l’osso si indebolisce”.
Ecco perché c’è bisogno di svolgere attività fisica, “che non significa solo andare in palestra ma vuol dire fare movimento – precisa Bove – vuol dire combattere il fenomeno della sedentarietà che caratterizza la società moderna”.
Il coordinatore della Commissione per l’osteoporosi parla anche di diagnosi precoce. “Si fa con la Moc, strumento fondamentale in grado di verificare in maniera matematica il nostro patrimonio osseo. Si svolge una volta all’anno e consente di verificare se stiamo perdendo tale patrimonio. E se questo accade, significa che ci stiamo avvicinando al rischio di frattura”.
Infine, uno sguardo al futuro. “Presso l’Ordine dei Medici di Roma – conclude Francesco Bove – organizzeremo presto un corso, aperto a tutti i colleghi, per fare il punto della situazione e fornire indicazioni che potrebbero anche diventare linee guida da seguire per dare una assistenza adeguata alle persone: dobbiamo uscire dal loop che i cittadini si accorgono di avere l’osteoporosi solo dopo che si è verificata una frattura”.