Malattie autoimmuni, studio identifica nuovi bersagli terapeutici

Scoperte 120 nuove e significative associazioni tra varianti genetiche e i livelli di almeno uno dei 700 parametri immunologici esaminati: un aumento di 5 volte rispetto alle conoscenze esistenti sulla regolazione dei livelli delle cellule del sistema immune. Lo studio ProgeNIA/SardiNIA, pubblicato sulla rivista Nature Genetics da un team guidato da Francesco Cucca, professore di genetica umana all’Università di Sassari e associato dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche, è condotto su circa 4.000 individui in Ogliastra e apre la strada a nuove possibilità terapeutiche per le malattie autoimmuni

Roma, 14 settembre 2020 – L’analisi genetica è uno strumento sempre più potente per identificare le variazioni della sequenza del DNA in grado di influenzare caratteristiche misurabili del nostro corpo, come i livelli delle cellule e delle molecole solubili nel sangue. Attraverso analisi statistico-genetiche appropriate è inoltre possibile capire quali di esse siano coinvolte nell’insorgenza di malattie umane, contribuendo a formulare corrette ipotesi terapeutiche per il loro trattamento.

In uno studio pubblicato oggi sulla rivista Nature Genetics, un team di ricercatori guidato da Francesco Cucca, professore di genetica umana all’Università di Sassari e ricercatore principale dello studio ProgeNIA/SardiNIA dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb), ha caratterizzato in circa 4.000 individui in Ogliastra le conseguenze di circa 20 milioni di varianti della sequenza del DNA su oltre 700 caratteristiche misurabili, dette “tratti quantitativi”, rappresentate da diversi tipi di cellule del sistema immune e dalle molecole espresse sulla loro superficie.

“Lo studio ha rilevato oltre 120 correlazioni significative, dette associazioni, tra specifiche varianti genetiche e i livelli di uno o più dei circa 700 tratti esaminati, un aumento di 5 volte rispetto alle conoscenze esistenti precedentemente – spiega Cucca – Circa la metà di queste associazioni si sovrappone perfettamente ad associazioni con varianti genetiche in grado di modificare il rischio di almeno una malattia autoimmune quali sclerosi multipla, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, colite ulcerosa, diabete di tipo 1 e malattia di Kawasaki. Quando la stessa variante genetica influenza sia livelli ematici di un tipo di cellule immunitarie che il rischio di una malattia autoimmune, è probabile che il prodotto proteico di quel gene agisca nel processo alla base di quella malattia attraverso quel tipo di cellule. I risultati ottenuti da questo studio forniscono quindi indizi preziosissimi sulle proteine e i meccanismi effettivamente implicati nello sviluppo delle malattie autoimmuni, e indicano nuovi ed importanti bersagli terapeutici per il loro trattamento: le specifiche proteine suscettibili di essere modulate terapeuticamente”.

Lo studio corrente rappresenta l’evoluzione in senso applicativo delle numerose scoperte effettuate dallo studio ProgeNIA e già pubblicate in oltre 150 articoli scientifici. “Studi precedenti avevano identificato le prime associazioni geniche mai riportate con i livelli ematici di cellule immunitarie, citochine e marcatori infiammatori, così come con i livelli dei diversi tipi di emoglobina, acido urico, lipidi e di variabili antropometriche come l’altezza, e valutato l’impatto di questi parametri sul rischio e decorso clinico di malattie come la sclerosi multipla, il diabete, la talassemia, la gotta, e le malattie cardiache e renali”, conclude il genetista.

Il presente studio è stato finanziato da agenzie pubbliche come il Programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione Europea, e l’Istituto nazionale per l’invecchiamento (NIA) dell’Istituto nazionale di sanità (NIH) del governo USA, e dalla Fondazione italiana per la sclerosi multipla (Fism).

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