Mesotelioma: cellule estratte dal paziente, ‘restituite’ al malato dopo averle stimolate in laboratorio contro il tumore

L’immunoterapia diventa ‘su misura’ per combattere il cancro. Al via lo studio DENIM. Prof.ssa Rossana Berardi, Direttore Clinica Oncologica Ospedali Riuniti Ancona – Università Politecnica delle Marche: “Vogliamo colmare un vuoto terapeutico. Oggi non vi sono armi per la malattia avanzata, oltre alla chemioterapia”. Ancona è l’unico centro del nostro Paese coinvolto nella sperimentazione

Ancona, 14 settembre 2020 – L’immunoterapia diventa personalizzata per combattere il mesotelioma pleurico, il cancro che colpisce la sottile membrana che riveste la pleura e che è associato all’esposizione, professionale o ambientale, all’amianto. La nuova frontiera è rappresentata dall’immunoterapia a base di cellule dendritiche: queste ultime sono ricavate con un prelievo di sangue dal paziente, vengono elaborate in laboratorio attraverso una complessa procedura, addestrate a stimolare la risposta immunitaria e poi reinserite nel corpo del malato. Ogni paziente riceve una dose ‘su misura’ di cellule dendritiche stimolate in laboratorio.

Per sperimentare il nuovo approccio, parte uno studio europeo che vede, come unico centro italiano coinvolto, la Clinica Oncologica dell’Università Politecnica delle Marche – Ospedali Riuniti di Ancona. Lo studio si chiama DENIM (Dendritic Cell-based immunotherapy to treat Malignant Mesothelioma) ed è svolto in 6 strutture europee: oltre a quella marchigiana, l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam (centro coordinatore), il Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, lo University Hospital Antwerp (UZA) in Belgio, l’Università di Leicester nel Regno Unito e il Centre Hospitalier Régional Universitaire di Lille in Francia. Saranno coinvolti 230 pazienti, di cui 30 ad Ancona, e il termine della sperimentazione è previsto a dicembre 2021. Nel nostro Paese, nel 2019, sono stati stimati 1.800 nuovi casi di mesotelioma (1.300 uomini e 500 donne).

Prof.ssa Rossana Berardi

“L’immunoterapia a base di cellule dendritiche si distingue dall’immunoterapia utilizzata finora con successo in neoplasie come il melanoma, il tumore del polmone e del rene, perché parte dal paziente e ritorna al malato passando attraverso una complessa procedura in laboratorio. Per questo, possiamo definirla più moderna e precisa – afferma la prof.ssa Rossana Berardi, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti di Ancona – Ad oggi non esiste una terapia curativa per il mesotelioma. A differenza di altri tumori solidi, anche in caso di diagnosi precoce, il trattamento chirurgico non ha impatto sulla sopravvivenza a causa dell’elevato tasso di recidive locali. Pertanto, nella maggior parte dei casi, il primo approccio terapeutico è di tipo farmacologico tramite chemioterapia. Dal 2004, il regime chemioterapico di combinazione (cisplatino/carboplatino con l’antifolato pemetrexed) è considerato lo standard di cura in prima linea ad intento palliativo. Ad oggi, non ci sono altri regimi terapeutici approvati. Non vi sono neppure standard terapeutici per il trattamento di mantenimento della risposta ottenuta con la chemioterapia in prima linea, né standard di cure approvati nelle linee successive. Lo studio DENIM nasce, quindi, per i pazienti che rispondono alla chemioterapia ed è finalizzato a modulare la risposta immunitaria per mantenere e consolidare i benefici ottenuti”.

Si tratta di uno studio randomizzato, in aperto, di fase 2/3 in pazienti adulti affetti da mesotelioma pleurico e che hanno ottenuto controllo di malattia con la chemioterapia di prima linea. È previsto il confronto di due opzioni di trattamento dopo la chemioterapia standard: immunoterapia a base di cellule dendritiche insieme alla migliore terapia di supporto rispetto alla sola terapia di supporto.

“I pazienti nel braccio sperimentale sono sottoposti a leucaferesi – sottolinea la prof.ssa Berardi – È la procedura che permette di separare e raccogliere globuli bianchi dal sangue periferico, per ottenere cellule dendritiche. Le cellule dendritiche immature sono poi esposte a una miscela di lisati da 5 linee di cellule tumorali di mesotelioma. In questo modo sono stimolate fuori dal microambiente tumorale, cioè fuori dal corpo, per poi essere ‘reinserite’ nel paziente per via endovenosa”.

La valutazione e il trattamento dei pazienti verranno effettuati in Ancona, con la piena collaborazione tra la Clinica Oncologica, la Clinica Ematologica diretta dal prof. Attilio Olivieri, la Farmacia Ospedaliera diretta dalla dott.ssa Adriana Pompilio, il Laboratorio Analisi diretto dal dott. Marco Moretti e la sezione di Istologia diretta dalla prof.ssa Monica Mattioli Belmonte Cima, mentre le procedure di leucaferesi e di preparazione della immunoterapia a base di cellule dendritiche verranno realizzate presso l’Erasmus University Medical Center di Rotterdam.

Il protocollo si inserisce nell’ambito di progettualità di ricerca già attive in collaborazione anche con la prof.ssa Lory Santarelli della Medicina del Lavoro dell’Università Politecnica delle Marche ed il suo team.

“Lo studio europeo ‘DENIM’, che vede come unico centro italiano coinvolto la Clinica Oncologica dell’Università Politecnica delle Marche – Ospedali Riuniti di Ancona, dimostra come la ricerca scientifica sia fortemente legata allo sviluppo e al benessere di tutti, motore per il progresso dell’umanità – afferma il prof. Gian Luca Gregori, Rettore Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) – La sperimentazione, inoltre, vede coinvolte 6 strutture europee, oltre a quella marchigiana, perché gli sviluppi scientifici nascono e migliorano la vita delle persone, grazie alla condivisione delle conoscenze e alla collaborazione scientifica nazionale e internazionale”.

“Come Ospedali Riuniti siamo fieri di essere, grazie alla magistrale regia della prof.ssa Rossana Berardi, la struttura sanitaria nella quale si è coordinato il protocollo assistenziale del mesotelioma pleurico, una delle poche malattie per le quali è evidente la correlazione con una eziologia specifica – spiega il dott. Michele Caporossi, Direttore Generale degli Ospedali Riuniti di Ancona – Oltre ai contenuti assistenziali e di ricerca vogliamo farne strumento di diffusione di buone pratiche di prevenzione a livello ambientale”.

Nel nostro Paese, la sopravvivenza a 5 anni è pari all’8,5%. L’età media alla diagnosi è di 70 anni, senza differenze di genere. Più del 90% dei casi di mesotelioma registrati è a carico della pleura, i restanti interessano principalmente il peritoneo e il pericardio. L’Italia è uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall’epidemia di malattie correlate all’amianto. Questa condizione è la conseguenza dell’ampio utilizzo di questo minerale, quantificabile a partire dal dato di 3.748.550 tonnellate prodotte nel nostro Paese nel periodo dal 1945 al 1992 e 1.900.885 tonnellate importate nella stessa finestra temporale. La produzione, lavorazione e vendita di amianto sono vietate in Italia dal 1992.

“È essenziale la sorveglianza sulle persone più esposte, cioè gli ex lavoratori degli stabilimenti che producevano o trattavano asbesto, perché la malattia ha tempi di latenza molto lunghi, fino a oltre 40 anni – conclude la prof.ssa Berardi – Oggi la grande attenzione al tema delle malattie asbesto-correlate nel nostro Paese, a quasi 30 anni dal bando di ogni forma di estrazione, lavorazione, importazione e commercio di amianto, deriva dal fatto che è in corso la massima incidenza di mesoteliomi per l’intenso uso del materiale dal secondo dopoguerra fino agli anni ’80 e per la lunga latenza della malattia. In Italia, è attivo un efficace sistema nazionale di sorveglianza attraverso la segnalazione obbligatoria, i cui dati confluiscono nel Registro Nazionale Mesoteliomi (ReNaM), uno strumento molto importante per fotografare l’incidenza della malattia. Nelle Marche, nel periodo 1993-2015, sono stati registrati 537 casi di mesotelioma pleurico e Ancona è una città direttamente interessata dal problema per la presenza di cantieri navali, i cui lavoratori, in passato, sono stati esposti all’amianto anche nelle attività di riparazione e demolizione spesso in spazi chiusi. I malati di oggi sono la conseguenza dell’esposizione che risale anche a 40 anni fa e che domani auspicabilmente non vedremo grazie alle tante azioni di prevenzione messe in campo negli ultimi 30 anni”.

Informazioni in merito al protocollo potranno essere richieste al team di professionisti (dott.ssa Zelmira Ballatore, medico referente e dott.ssa Alessandra Lucarelli e dott.ssa Michela Burattini data manager) che seguono il protocollo presso la Clinica Oncologica di Ancona (email: clinicaoncologica@ospedaliriuniti.marche.it).

Salva come PDF
Le informazioni presenti nel sito devono servire a migliorare, e non a sostituire, il rapporto medico-paziente. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. Ricordiamo a tutti i pazienti visitatori che in caso di disturbi e/o malattie è sempre necessario rivolgersi al proprio medico di base o allo specialista.

Potrebbe anche interessarti...