Covid-19, farmaci e vaccini fatti troppo in fretta potrebbero fare danni maggiori della pandemia

Prof. Carlo Tomino, responsabile del Centro del Farmaco dell’IRCCS San Raffaele Roma: “Allestire un vaccino in laboratorio è già di per sé complesso ma nulla a che vedere con una officina che dovrà produrre decine e decine di milioni di dosi”

Roma, 20 aprile 2020 – “La sperimentazione clinica di farmaci e vaccini è un processo lungo e costoso; ogni passaggio, da una fase alla successiva, è studiato in modo da tutelare il più possibile gli individui coinvolti negli studi. Studiare la tossicità di questi prodotti, il loro profilo di sicurezza, il dosaggio giusto e l’efficacia clinica prevede il coinvolgimento di moltissimi professionisti della ricerca, tutti impegnati verso lo stesso obiettivo.

Oggi tutti questi meccanismi, sono amplificati e accelerati proprio per contrastare la pandemia dovuta al Covid19. Ma bisogna essere attenti a non farsi prendere dalla fretta, che potrebbe fare danni maggiori della pandemia”. Lo afferma Carlo Tomino, responsabile del Centro del Farmaco dell’IRCCS San Raffaele Roma.

Molti sono i farmaci che in Italia e nel mondo si stanno studiando e sviluppando; tra i quali Tocilizumab (usato nell’artrite reumatoide), Remdesivir (in passato usato con risultati modesti contro Ebola), Idrossiclorochina (un antimalarico molto usato); ma anche l’Ivermectina (registrato come antiparassitario) e l’Eparina (per ridurre l’infiammazione a livello dei capillari e per le micro-trombosi che il Covid19 sembra indurre).

“I dati che finora ci sono, come terapie anticovid19, sono modesti e incompleti mentre le Agenzie regolatorie hanno bisogno di dati solidi, anche in condizioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Per alcuni farmaci il processo potrà essere più rapido, visto che sono già disponibili sul mercato; anche saltando alcuni passaggi (es. tollerabilità e sicurezza) sempre alcuni mesi (6-8 se tutto andrà bene) saranno necessari, al netto del processo registrativo. Va dato atto – afferma il prof. Tomino – a tutte le Autorità regolatorie (in Italia l’AIFA) di aver azzerato, di fatto, i cosiddetti ‘tempi burocratici’ per poter avviare gli studi fornendo delle risposte di fattibilità in tempi record. La speranza è che, anche in futuro, i tempi autorizzativi possano rimanere rapidi, perché gli studi clinici sono rivolti sempre a pazienti che soffrono e che aspettano terapie innovative e migliori”.

“Negli studi sui vaccini, invece, bisogna essere attenti a tutti i segnali, soprattutto a quelli di sicurezza, che spesso – spiega ancora – si manifestano subito dopo la prima somministrazione. Inoltre, si deve studiare la capacità del vaccino di determinare innanzitutto una risposta immunitaria. Infine, è necessario stabilirne l’efficacia nel prevenire l’infezione nelle persone che sono esposte al patogeno”.

Sicuramente non va sottovalutata neanche la fase produttiva, “che nelle discussioni di questi giorni viene spesso trascurata ma potrebbe essere l’anello più critico e lento di tutto l’ingranaggio. Allestire un vaccino in laboratorio – conclude il prof. Tomino – è già di per sé complesso ma nulla a che vedere con una officina che dovrà produrre decine e decine di milioni di dosi (solo in Italia ne serviranno almeno 60 milioni) nel rispetto delle Norme di Buona Fabbricazione (GMP)”.

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