Congresso ACOI: “Chirurgo è razza in estinzione, 41,8 % vuole abbandonare la professione”

Roma – Il 41,8% dei giovani chirurghi italiani sta pensando di abbandonare la professione a causa di turni massacranti, scarsa formazione e contenziosi. È il principali risultato emerso dalla survey targata ACOI Giovani e presentata durante la sessione dal titolo ‘Il chirurgo nel 2023: una razza in via di estinzione’, in occasione del 41esimo Congresso nazionale dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (ACOI) che si chiude oggi a Roma presso il Centro Congressi ‘La Nuvola’ dell’Eur. L’indagine, esposta dai dottor Alberto Molteni e Daniele Delogu, è stata condotta su 237 giovani chirurghi di tutta Italia che lavorano tra ospedali pubblici e privati convenzionati.

“Oggi i giovani chirurghi hanno raccontato le loro storie, alcuni sono ancora in formazione altri sono già specialisti che si stanno inserendo nel mondo della formazione. Ho ascoltato una situazione pericolosa- ha commentato il presidente di ACOI, Marco Scatizzi- c’è un allarme, un grido di aiuto che proviene da loro per una serie di problematiche e inadempienze delle scuole di specializzazione. Purtroppo dobbiamo dirlo, perché sono loro a testimoniarcelo attraverso questionari che sono stati diffusi con centinaia di risposte. Noi dobbiamo assolutamente prendere dei provvedimenti e stimolare le istituzioni a far sì che cambi il sistema di formazione e che le scuole di specializzazione si modifichino. È necessario che per la formazione sia affiancato molto più spazio agli ospedali e poi, ovviamente, dobbiamo fare molto di più anche a livello contrattuale”.

Nel corso dell’incontro è stato proiettato anche un video con testimonianze di giovani chirurghi che hanno abbandonato la professione. “A chiosa di tutte le testimonianze dei colleghi, che loro malgrado e con grande sofferenza hanno lasciato la chirurgia, la vera sfida è rimanere per seguire la nostra passione che ci accomuna- ha commentato Anna Guariniello, del Comitato scientifico di ACOI- Però per resistere, per superare questa grandissima impasse, bisogna agire su tre ordini di livelli: formativo, riconoscendo a tutti gli effetti gli ospedali come cardine della formazione per il chirurgo, perché sappiamo tutti che questo non trova ad oggi un riconoscimento formale; bisogna poi sensibilizzare le istituzioni e le aziende sanitarie per assumere e stabilizzare i giovani colleghi e garantire ai dipendenti condizioni di lavoro accettabili; il terzo punto è tutelarli e supportarli non solo dal punto di vista medico-legale, che è fondamentale, ma anche da quello psicologico, cruciale per il chirurgo, perché sappiamo che è pane quotidiano fronteggiare gli eventi avversi. La soluzione non è mandare allo sbaraglio i neo specialisti, ma concepire insieme un piano d’attacco- ha concluso- individuando i punti cardine e coinvolgendo appunto istituzioni e aziende”.

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