Artrite Reumatoide. Oggi una piccola molecola può bloccare l’infiammazione

Il 70% dei pazienti non raggiunge la remissione clinica con le terapie standard

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Prof. Piercarlo Sarzi Puttini

Roma, 21 marzo 2017 – Ha un meccanismo innovativo e un target estremamente selettivo la nuova molecola per il trattamento dell’Artrite Reumatoide appena approvata dalla Commissione Europea, è infatti il primo inibitore degli enzimi delle Janus chinasi (in particolare JAK 1 e JAK 2) approvato per questa indicazione. Le JAK sono enzimi intracellulari che aiutano a trasdurre (modulare) i segnali da un gran numero di citochine, coinvolte nello sviluppo e progressione dell’AR.

Si chiama baricitinib e risponde ai bisogni insoddisfatti dei pazienti adulti con AR da moderata a grave che non ottengono miglioramenti significativi, o risultano intolleranti, ad uno o più farmaci anti-reumatici modificanti la malattia (DMARD, sigla in inglese di Disease Modifyng Antirheumatic Drugs), sia in monoterapia o in associazione con metotrexato. Le stime dicono che solo il 30% raggiunge la remissione clinica e un numero importante di pazienti non raggiunge risultati soddisfacenti. Questa ‘small molecule’, ha mostrato di migliorare in maniera significativa segni e sintomi della malattia, agendo con un meccanismo d’azione totalmente innovativo.

“Il meccanismo di azione è molto interessante – sottolinea il prof. Piercarlo Sarzi Puttini docente di Reumatologia presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore UOC del polo universitario L. Sacco di Milano – gli inibitori JAK interferiscono su questa particolare classe di enzimi intra-cellulari che generalmente agiscono emettendo segnali che innescano la produzione di sostanze infiammatorie. Un target che ha mostrato importanti vantaggi specifici: un’efficacia superiore ai farmaci di riferimento sugli indicatori di malattia, l’azione in tempi brevi dall’inizio della terapia, l’efficacia sul dolore spesso invalidante già dalla prima settimana e una somministrazione più semplice e sicura”.

Nello studio RA-BEAM apparso recentemente sul New England Journal of Medicine, baricitinib è risultato superiore in maniera statisticamente significativa sia su metotrexato che su adalimumab (il farmaco biologico di riferimento) su diversi indicatori dell’attività di malattia.

Oltre a questi risultati, si è riscontrato un miglioramento significativo del dolore articolare, rigidità mattutina e fatica associata già dalla prima settimana di trattamento con baricitinib al dosaggio di 4 mg. Questa molecola rappresenta un importante traguardo e in essa sono riposte grandi potenzialità anche grazie ad alcune caratteristiche di ‘maneggevolezza’: si tratta infatti di una molecola orale che prevede una somministrazione unica giornaliera, molto più agevole da gestire rispetto ai trattamenti iniettivi attualmente a disposizione” conclude Sarzi Puttini.

“Stiamo parlando di oltre 400mila persone solo in Italia, pari allo 0,5% della popolazione – sottolinea Silvia Tonolo, Presidente di ANMAR che riunisce i malati di Artrite Reumatoide – con una prevalenza di giovani donne in età adulta. E’ promettente che questa nuova molecola abbia un’azione molto specifica sul dolore, un compagno invisibile e costante che interferisce con le più banali attività quotidiane. In questo senso, baricitinib dimostra di diminuirlo in tutte le sue forme sin dalle prime settimane e questo è incredibilmente confortante e potenzialmente rivoluzionario per la vita dei pazienti”.

Nonostante i progressi nel trattamento della patologia che colpisce in Italia una persona su 200, e oltre 23 milioni nel mondo, ancora troppe persone con Artrite Reumatoide continuano a subire gli effetti debilitanti di una condizione che evolve in un danno alle articolazioni e porta ad una progressiva disabilità: il 50% dei pazienti riporta vari gradi di invalidità o non autosufficienza entro 20 anni dall’esordio della malattia.

Informazioni sull’Artrite Reumatoide
L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune caratterizzata dall’infiammazione e progressivo danno articolare. Nel mondo sono oltre 23 milioni le persone che soffrono di AR. In Italia la prevalenza è stimata in circa 0,5% della popolazione. La patologia interessa prevalentemente le donne con un rapporto di 3 a 1 sugli uomini, con un picco di incidenza nella quinta decade di vita, benché siano disponibili evidenze di un esordio anche più precoce della malattia.

I pazienti e i medici indicano che esiste un’opportunità importante per migliorare la cura dei pazienti. L’attuale trattamento dell’AR comprende l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei, farmaci antireumatici modificanti la malattia (DMARDs), come il metotrexato, e farmaci biologici che hanno come obiettivo i mediatori coinvolti nella patogenesi dell’AR.

Le manifestazioni cliniche della malattia portano a disabilità nell’80% dei casi e la sopravvivenza è ridotta di alcuni anni. Molti studi hanno dimostrato che la mortalità è più alta nei pazienti con AR quando questa viene confrontata con il tasso atteso nella popolazione generale.

La malattia risulta debilitante a tal punto che si registrano ricoveri dovuti alla patologia stessa ed alle comorbidità ad essa correlate. I costi indiretti dovuti alle prestazioni previdenziali erogate, alle perdite di produttività dovute alle assenze dal lavoro del paziente e dei familiari risultano pari a 4.183 Euro (il 31% del totale) per un numero medio annuo di 65 giornate di assenza.

fonte: ufficio stampa

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