Disturbi del movimento: nuove terapie per ridurre l’impatto della disabilità sulla qualità di vita

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a cura del prof. Leonardo Lopiano, Professore Ordinario di Neurologia, Università di Torino e Direttore SC Neurologia 2U, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino

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Prof. Leonardo Lopiano

Torino, 21 marzo 2017 – Migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da disturbi del movimento (malattia di Parkinson e parkinsonismi, tremore, distonie, disturbi ipercinetici) è una delle sfide più importanti per il neurologo poiché molto spesso si tratta di patologie cronico-progressive con una disabilità rilevante da un punto di vista motorio, cognitivo e psichico. In assenza di una terapia che agisca sulle cause della malattia è fondamentale mettere in atto un approccio integrato e multidisciplinare in grado di ridurre l’impatto della disabilità sulla qualità di vita dei pazienti.

Un altro aspetto importante riguarda l’epidemiologia di tali patologie neurologiche; per esempio, la Malattia di Parkinson (MP) interessa circa l’1% dei soggetti con oltre 65 anni d’età, e il numero dei malati è destinato a crescere di anno in anno con l’aumento dell’aspettativa di vita media (si calcola 6.000 nuovi casi all’anno; circa 250.000 casi attualmente in Italia). Inoltre, la MP può avere anche un esordio precoce al di sotto dei 50 anni.

I trattamenti farmacologici disponibili, pur essendo efficaci nel controllare i sintomi motori della MP, incidono poco sugli altri aspetti della malattia quali il decadimento cognitivo e i sintomi assiali (disturbi dell’equilibrio, cadute) e questo incide notevolmente sulla qualità di vita.

La ricerca è tuttavia molto attiva e il panorama terapeutico della MP si è allargato notevolmente; è probabile che in un futuro più o meno prossimo, possano aggiungersi al già cospicuo “armamentario terapeutico”, altri trattamenti quali terapie neuroprotettive, immunoterapie, trapianto di cellule dopaminergiche e terapia genica.

Una vera rivoluzione è stata senza dubbio l’avvento delle terapie interventistiche per la fase avanzata della MP: 1) la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, era della neuromodulazione), che dopo i primi studi pionieristici degli anni’90 è entrata stabilmente a far parte delle opzioni terapeutiche. Consiste nel posizionamento, tramite intervento neurochirurgico, di due elettrodi a livello dei nuclei profondi dell’encefalo, ed in particolare del Nucleo Subtalamico oppure del Globo Pallido Interno. Tali elettrodi, collegati tramite cavi sottocutanei a un generatore di impulsi posizionato nella regione del petto, riescono a modulare l’attività elettrica cerebrale e a migliorare notevolmente i sintomi cardinali e le complicanze motorie della MP. Si stima che i malati sottoposti a DBS nel mondo abbiano ormai superato le 100.000 unità.

Numerosi studi hanno messo in evidenza non solo il miglioramento motorio ma anche il miglioramento della qualità di vita non solo nei pazienti parkinsoniani ma anche in pazienti affetti da tremore non parkinsoniano e distonie.

Più recentemente è entrata nella pratica clinica un’altra importante terapia interventistica per i pazienti parkinsoniani in fase avanzata, ovvero l’infusione intestinale continua di levodopa. Tramite una gastro-digiunostomia percutanea viene posizionato un catetere all’interno dell’intestino attraverso il quale un device esterno infonde un gel contenente levodopa.

Questa ulteriore innovazione ha permesso di migliorare la qualità di vita dei pazienti, ottimizzando la somministrazione del farmaco e migliorando il controllo dei sintomi motori e delle fluttuazioni motorie.

Nello stesso tempo sono già in uso oppure sono imminenti nuovi farmaci: inibitori enzimatici in grado aumentare la concentrazione di dopamina nel Sistema Nervoso Centrale, nuove formulazioni di levodopa (via inalatoria, sottocutanea) e farmaci per il trattamento delle discinesie. Grande speranza viene riposta nei farmaci neuroprotettivi soprattutto se somministrati nelle fasi precoci di malattia.

Anche la Deep Brain Stimulation è un settore in grande fermento con novità tecnologiche importanti per il trattamento non solo della MP ma anche degli altri disturbi del movimento: elettrodi direzionali, generatori di impulsi ricaricabili, stimolazione adattativa “intelligente”.

Nel trattamento dei disturbi del movimento un settore che ha assunto un ruolo rilevante negli ultimi anni è quello della neuroriabilitazione. Numerosi studi hanno messo in evidenza un miglioramento dei sintomi motori e della qualità di vita in seguito a trattamenti riabilitativi specifici. La riabilitazione è in grado di ottimizzare le capacità motorie residue dell’individuo, con un approccio volto ad affrontare non il singolo sintomo, ma la disabilità nel suo insieme. Si tratta di trattamenti complementari alla terapia farmacologica e chirurgica e spesso agiscono positivamente su sintomi che non sono migliorati dai farmaci. La riabilitazione è in grado di ottimizzare l’indipendenza funzionale del paziente migliorando la sua qualità della vita.

Oltre alle tecniche tradizionali di riabilitazione dei disturbi del movimento, negli ultimi anni si stanno sviluppando nuove tecniche, che mirano per esempio a raggiungere più pazienti; progetti di teleriabilitazione consentono al paziente di seguire le istruzioni di un riabilitatore “a distanza”, collegandosi da casa.

Un’altra tecnica importante è quella della realtà virtuale la quale permette al paziente di eseguire compiti ed esercizi in presenza di ambientazioni ricostruite e maggiormente “stimolanti”, utilizzando programmi ad hoc per diverse necessità: miglioramento della deambulazione, dell’equilibrio, del rallentamento motorio.

La riabilitazione dei disturbi del movimento grazie alle nuove metodiche può consentire pertanto un approccio personalizzato, più accessibile e praticato anche nelle fasi iniziali di malattia per consentire al paziente di ridurre la perdita delle abilità motorie con una migliore qualità di vita.

fonte: ufficio stampa

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