Telemedicina e digitalizzazione della sanità, la comunità scientifica risponde all’appello del Ministro Schillaci

Al Ministero della Salute il nuovo incontro scientifico-istituzionale promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. “La Sanità che vorrei…” punta alla divisione di compiti tra ospedale e territorio che può essere favorita dall’implementazione della tecnologia. “Gli investimenti previsti in ambito tecnologico rappresentano un’opportunità da cogliere per favorire una maggiore attività sul territorio e per sgravare gli ospedali dalle numerose pressioni a cui sono sottoposti” sottolinea il prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT

Prof. Massimo Andreoni

Roma, 14 dicembre 2023 – Tecnologia, territorio e progresso nel segno dell’intelligenza artificiale sono stati i concetti chiave dell’incontro scientifico-istituzionale “Sanità pubblica del futuro tra ospedale e territorio” che si è tenuto al Ministero della Salute, quarto appuntamento del progetto “La Sanità che vorrei…”, promosso dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, in collaborazione con altre società scientifiche (SIMG e SIT in tale occasione), Istituto Superiore di Sanità, associazioni di pazienti, rappresentanze della società civile, imprese, istituzioni. L’iniziativa è stata organizzata da Aristea International; le varie sessioni sono state moderate dal giornalista scientifico Daniel Della Seta.

Nuove risorse dal PNRR per la tecnologia e per la sanità del territorio

L’annuncio del Ministro della Salute Orazio Schillaci per cui non ci saranno tagli ai fondi previsti per le Case di Comunità e lo spostamento di 500 milioni in più sulla telemedicina e 250 milioni in più sull’assistenza domiciliare dal PNRR ha riscontrato approvazioni a partire proprio dagli infettivologi SIMIT.

“Gli investimenti previsti in ambito tecnologico rappresentano un’opportunità da cogliere per favorire una maggiore attività sul territorio e per sgravare gli ospedali dalle numerose pressioni a cui sono sottoposti – ha sottolineato il prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT – Anche la nostra disciplina necessita di un attività più presente a livello territoriale, visto la stretta interrelazione con questo ambito, come dimostra ad esempio l’antimicrobico resistenza che ormai è diffusa anche sul territorio”.

“Il ruolo dell’infettivologo sul territorio può rivelarsi determinante su tanti aspetti, visto il contributo che può dare nella prevenzione, negli screening, nella lotta ai batteri multiresistenti – aggiunge il prof. Claudio Mastroianni, Past President SIMIT – Può aiutare a identificare le situazioni a rischio di complicanze infettive con il fine ultimo di evitare l’ospedalizzazione. Questo processo si deve sviluppare in varie direzioni, seguendo a domicilio i pazienti che possono evitare ricoveri, collaborando con Medici di Medicina Generale e Igienisti per facilitare gli screening, monitorando patologie croniche come le infezioni da HIV”.

La tecnologia per arrivare sul territorio

Come ha rilevato anche il Prof. Andrea Gori, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università di Milano, Direttore Unità di Malattie Infettive 2° Divisione, ASST Fatebenefratelli Ospedale L. Sacco – Polo Universitario, la diffusione di una cultura infettivologica sul territorio può essere agevolata da strutture diffuse come le farmacie, punto ripreso anche dal Segretario Nazionale di Federfarma Roberto Tobia, e dalla tecnologia.

Tuttavia, la disponibilità di un’enorme mole di dati non implica automaticamente che questi possano essere utilizzati in maniera corretta, poiché manca ancora un salto di qualità. Per questo è stato costruttivo il dialogo con altre società scientifiche come la Società Italiana di Medicina generale e delle Cure Primarie, di cui è intervenuto Ovidio Brignoli, Presidente Fondazione SIMG, e la Società Italiana di Telemedicina – SIT, prima Società Scientifica accreditata al Ministero della Salute specificamente per la Telemedicina, di cui sono intervenuti il Presidente nazionale prof. Antonio Vittorino Gaddi, la Responsabile per i Rapporti con il Governo Maria Rosa Perri, la prof.ssa Nadia Aspromonte, Presidente SIT Lazio e Direttore UO Scompenso Cardiaco Policlinico Gemelli.

Il prof. Francesco Gabbrielli, Direttore Generale Centro Nazionale Telemedicina e Nuove Tecnologie, Istituto Superiore di Sanità, ha posto il tema di quello che è possibile realizzare già oggi in sanità e ciò che potrà avvenire in futuro. Ricerca e operatività sono piani paralleli che comunicano, ma non sono confondibili e hanno regole diverse.

Secondo questa visione, l’ospedale del futuro sarà incentrato sull’emergenza, mentre il lavoro sulle patologie croniche sarà delocalizzato grazie alla telemedicina, con cui si costruirà un sistema diagnostico-terapeutico ad personam. Le regioni dovranno pertanto essere dotate di strumenti e capacità al passo coi tempi e dovranno provvedere alla formazione dei clinici e dei pazienti stessi.

I modelli della cardiologia, dove la telemedicina è già realtà. Le “4 P”

I progressi tecnologici sono già realtà in cardiologia, ambito in cui la medicina si può definire con quattro “P”: preventiva, personalizzata, di precisione, predittiva, come hanno rilevato anche gli interventi del prof. Marco Mazzanti, Expert on AI in Healthcare, Barts Heart Centre, London, UK, e di Antonino Nicosia, Direttore UOC Cardiologia, Ospedale Giovanni Paolo II, Ragusa, che ha lanciato la “Sicilian Academy” in Cardiologia Digitale che partirà dall’isola nel 2024 con una serie di incontri formativi sul territorio.

“Telemonitorare il paziente a domicilio significa poter vedere a distanza la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la saturometria in vari momenti e valutare l’andamento della terapia, convocandolo in ospedale solo per reali necessità o controlli – spiega il prof. Antonio Vittorino Gaddi – Si evitano così accessi inutili in ospedale, ricoveri non necessari, assiepamenti di folle e barelle, riducendo anche le infezioni nosocomiali. Vi è poi il telecontrollo delle aritmie: oltre al classico holter, è possibile vedere gli episodi aritmici su un paziente con dispositivi elettronici come defibrillatori, pacemaker, loop recorder”.

“I pazienti vengono dotati di un device collegato con wifi o bluetooth, per cui in caso di problemi i controlli remoti permettono di procedere a un’immediata convocazione in ospedale: il rischio di una riacutizzazione dello scompenso cardiaco può essere previsto anche con un anticipo di diverse settimane. La cartella clinica digitale, integrata con tutti i servizi, permette con un clic di mettere a disposizione tutti i dati utili per i progressivi controlli. Vi sono poi i dispositivi indossabili, che sono già a disposizione: con un tipo particolare di smartwatch, ad esempio, si può ottenere dovunque ci si trovi un elettrocardiogramma anche a 12 derivazioni, la cui attendibilità è stata confermata da studi scientifici”, conclude il prof. Gaddi.

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