La ricerca immuno-oncologica nel 2020 è aumentata nonostante la pandemia

Roma, 21 settembre 2021 – La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto relativamente limitato sulla ricerca immuno-oncologica. Lo confermano i risultati della quarta analisi annuale del panorama dell’immuno-oncologia da parte della Association of Community Cancer Centers. Ad agosto 2020, 4.720 farmaci immuno-oncologici e 504 bersagli biologici erano oggetto di indagine in più di 6.200 studi clinici in corso, con un incremento del 22% del numero degli agenti immuno-oncologici investigati rispetto al 2019.

Come si rileva dal rapporto, ACCC ha raccolto i questionari compilati da 39 dei centri membri. Gli intervistati trattano una media di 21-50 pazienti alla settimana con terapie immuno-oncologiche.

“Sebbene il rapporto di quest’anno sia diverso a causa dell’impatto del Covid-19 in tutte le aree dell’assistenza oncologica, nel settore dell’immuno-oncologia abbiamo trovato incoraggiante il modo in cui la pandemia ha effettivamente svelato strategie che cambieranno per sempre le cure – dichiara Sigrun Hallmeyer, MD, Presidente dell’ACCC Immuno-Oncology Institute Executive Committee – Per esempio, il rapido ricorso alla telemedicina ha mostrato la possibilità di monitorare in modo efficace i pazienti in terapia immuno-oncologica. Una pandemia incredibilmente tragica non ha rallentato lo sviluppo, l’approvazione e l’utilizzo dell’immunoterapia”.

Gli intervistati hanno riferito che mantenere la prassi quotidiana degli studi clinici sull’immuno-oncologia e utilizzare la telemedicina o altre risorse tecnologiche per il triage o per gestire gli eventi avversi immuno-correlati era un aspetto “estremamente” (43%) o “molto” (40%) gravoso durante la pandemia di Covid-19. Nonostante questo, Covid-19 non si è rivelato un ostacolo in tutti le occasioni. Solo il 10% degli intervistati ha trovato il processo decisionale sull’autorizzazione delle visite cliniche dei pazienti e l’adeguamento dei regimi terapeutici “leggermente ” impegnativo e il 3% “per niente” impegnativo.

La pandemia non è stata l’unico ostacolo che la comunità medica ha riportato. La tossicità finanziaria e la gestione della comunicazione con i sotto-specialisti rimangono le maggiori difficoltà ossservate nell’immunoterapia, per i programmi oncologici comunitari. L’87% degli intervistati ha risposto che la comunicazione con i sotto-specialisti era “moderatamente”, “molto” o “estremamente” complicata. L’80% ha riportato le stesse difficoltà per la tossicità finanziaria.

Gli intervistati hanno affermato che, nel contesto specifico della sopravvivenza, sapere quando interrompere il trattamento e comunicarlo agli sotto-specialisti di riferimento erano le preoccupazioni più urgenti. L’81% ha valutato questi problemi “molto” impegnativi e il 77% “estremamente” impegnativi.

I programmi oncologici comunitari sono inoltre alla ricerca di maggior supporto clinico e operativo per l’utilizzo degli agenti immuno-oncologici. Il 78% intende ricevere maggiori informazioni sui test molecolari associati, il 63% sul modo per facilitare i pazienti e il carico finanziario e il 45% vorrebbe avere maggiori conoscenze sul coordinamento delle cure con le sotto-specialità.

In generale, gli intervistati ritengono carente la conoscenza sulle nuove terapie immuno-oncologiche. Circa la metà riferisce di avere “minima” o “nessuna” familiarità con le terapie emergenti, come gli anticorpi bispecifici e le terapie con CAR-T cell. Inoltre, il 92% desidera approfondire la conoscenza sui biomarcatori e sui test molecolari e l’85% vorrebbe conoscerne le applicazioni e l’ottimizzazione clinica.

Il tipo di formazione richiesta varia in funzione della prestazione. La maggior parte degli oncologi medici (67%) preferisce avere tutte le informazioni disponibili relative ai trattamenti immuno-oncologici specifici, mentre il 71% dei dirigenti infermieristici ritiene più importante la capacità di lavorare direttamente con i contribuenti per spiegare l’importanza delle componenti uniche dell’immuno-terapia. Un’alta percentuale di farmacisti (40%) ha sottolineato l’importanza di potersi consultare con esperti su problematiche cliniche.

(fonte: AIOM News)

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