Covid-19: oggi i medici hanno le armi per evitare il passaggio in rianimazione, ma occorre prudenza

Prof. Stefano Vella, Docente di Salute Globale, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma: “Le misure estreme hanno funzionato, laddove abbiamo mollato il virus si è diffuso. La mascherina è utile solo se la usano tutti”. Prof. Antonio Cascio, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo: “Massima attenzione e allerta, la prudenza è un obbligo ma deve essere garbata e serena altrimenti si disorienta la popolazione. Non bisogna fare terrorismo ma ci vuole tanta prudenza anche nella comunicazione”

Roma, 12 ottobre 2020 – Siamo pronti per una seconda ondata? Abbiamo più conoscenze e armi terapeutiche, abbiamo creato realtà nel territorio. Abbiamo tanti positivi e pochi malati, tra cui pochi capaci di trasmettere l’infezione. Ci sono cittadini con carica altissima e assenza di sintomi. C’è la necessità di avere tamponi rapidi. Tra le azioni efficaci: contact tracing, mascherine, quarantena, distanziamento sociale. Abbiamo terapie efficaci, anche se non specifiche.

Queste sono alcune delle tematiche che si sono discusse durante il webinar “Covid-19 Seconda ondata. Quali azioni e quali terapie sono efficaci?”, organizzato da Motore Sanità, che ha visto la partecipazione dei massimi esperti sul tema del panorama italiano.

“Massima attenzione e allerta, la prudenza è un obbligo ma deve essere garbata e serena altrimenti si disorienta la popolazione. Non bisogna fare terrorismo ma ci vuole tanta prudenza anche nella comunicazione. Potrebbe anche essere che l’ottobre di oggi sia paragonabile al dicembre dello scorso anno”, ha dichiarato Antonio Cascio, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo.

“Abbiamo un eccesso di prudenza che è stato corretto fino ad oggi. Oggi si rivede, ed è giusto sia così. È importante non spaventare le persone, ma nel dopo Covid la nostra normalità è fatta di distanziamento e mascherina. Personalmente non credo ci sia una seconda onda, ma è sempre la prima che è stata leggermente fermata dal lockdown e dai dispositivi. Purtroppo se lasciamo circolare il virus dai giovani ai meno giovani, il problema si riproporrà. Se noi sappiamo di essere nel primo cerchio di contatto, anche solo con un dubbio, non si deve andare al lavoro”, ha detto Cristina Mussini, Direttore SC Malattie Infettive, Policlinico di Modena.

“In Campania si registra un incremento tra i giovani e all’interno delle famiglie dove i contatti sono più vicini. Laddove non è garantito il distanziamento, il rischio di contagio è elevato e concordo sulla necessità di tenere in isolamento gli asintomatici”, ha sottolineato Alessandro Perrella, Infettivologo AORN Cardarelli, Napoli.

“Tra i fattori protettivi contro lo stress da Covid esiste la corretta informazione ed è quindi importante raccontare bene. Il 33% delle persone è esposta ad ansia e depressione. Percentuali che aumentano notevolmente tra malati e operatori. Le persone che sono affette da Covid hanno uno svantaggio in più perché alcuni farmaci che servono per limitare ansia e depressione non sono molto compatibili con le cure per il Covid. Per difenderci servono buona comunicazione per sapere con correttezza le cose. Occorre poi pianificare bene la giornata soprattutto se si è in quarantena. Durante il lockdown ci siamo avvalsi della telemedicina per avvicinarci ai pazienti”, ha dichiarato Michele Sanza, Presidente eletto Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze.

“Adesso probabilmente siamo come a gennaio, anche se in quel periodo forse c’erano molti positivi, ma non c’erano i tamponi e non lo sapevamo. Se non blocchiamo il passaggio del virus si potrebbe ritornare alla fase precedente e i reparti si potrebbero ripopolare. Dobbiamo controllare la presenza degli anziani positivi e la situazione nei reparti. Cosa ha funzionato? Il lockdown. Quali sono le misure che funzionano? Le misure estreme hanno funzionato, laddove abbiamo mollato il virus si è diffuso. La mascherina è utile solo se la usano tutti. Parlando di farmaci, abbiamo imparato a usare i farmaci che evitavano il passaggio alla rianimazione”, ha detto Stefano Vella, Docente di Salute Globale, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma.

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