Cancro della prostata, dalla ricerca italiana una scoperta promettente per la terapia

Lo studio, pubblicato su Nature Cancer, è stato condotto da ricercatori dell’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR) e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) in collaborazione con l’Università di Padova

Padova, 24 luglio 2023 – Il gruppo di ricerca di oncologia molecolare presso l’Istituto Oncologico di Ricerca (IOR), guidato dal prof. Andrea Alimonti – Principal Investigator del VIMM e professore del Dipartimento di Medicina dell’Università di Padova – ha scoperto che le cellule tumorali della prostata iperattivano il proprio sistema di traduzione per reclutare cellule mieloidi immunosoppressive che aiutano a eludere il sistema immunitario.

Lo studio, condotto dalla ricercatrice Daniela Brina, ha rivelato che il blocco del meccanismo di traduzione inibisce il reclutamento di cellule mieloidi immunosoppressive e migliora l’efficacia dell’immunoterapia convenzionale.

Le cellule soppressorie di derivazione mieloide (MDSC) sono cellule immunitarie che normalmente ci difendono dalle infezioni, ma se esposte al microambiente tumorale sopprimono la risposta immunitaria dell’organismo diretta contro tumore e quindi ne promuovono la crescita.

Prof. Andrea Alimonti

Nel carcinoma della prostata, la conta delle MDSC è correlata all’aggressività del tumore ed è associata a una prognosi sfavorevole in molti tumori. Il principale recettore sulla superficie delle MDSC, CXCR2, consente loro di essere reclutate nei tumori. Tuttavia, nei modelli di cancro alla prostata, l’inibizione di CXCR2 non annulla completamente il reclutamento di MDSC nel tumore.

“È interessante notare che le proteine che le cellule tumorali prostatiche producono con maggiore efficienza sono in grado di reclutare le cellule immunitarie mieloidi immunosoppressorie, perché questo permette loro di evadere la sorveglianza del sistema immunitario – ha sottolineato il prof. Andrea Alimonti – Abbiamo scoperto che le proteine Bgn, Spp1 e Hgf promuovono la migrazione delle MDSC e migliorano la loro capacità di sopprimere i linfociti T coinvolti nella risposta antitumorale. Il silenziamento dei geni che codificano per queste proteine nei modelli di cancro alla prostata riduce il reclutamento di MDSC e la crescita del tumore”.

In particolare, la fosforilazione del fattore eIF4e e la riduzione dei livelli del soppressore tumorale PDCD4 causano un’iperattivazione della traduzione che favorisce la sintesi di Bgn, Spp1 e Hgf. Questo è un meccanismo comune a modello murino e umano e può essere sfruttato per verificare se gli inibitori della traduzione sono in grado di inibire il reclutamento delle cellule mieloidi.

Pertanto, lo studio ha rivelato che il meccanismo di traduzione può essere una vulnerabilità delle cellule tumorali della prostata che può essere sfruttata ad uso terapeutico.

In seguito a questa scoperta, per bloccare la fosforilazione di eIF4e e ripristinare i livelli di PDCD4, i ricercatori hanno testato due inibitori della traduzione, eFT508 e ipatasertib, in due modelli di cancro alla prostata. L’inibizione della traduzione ha ridotto la crescita del tumore e il reclutamento di MDSC e ha aumentato la risposta immunitaria antitumorale.

È stato inoltre dimostrato che gli inibitori della traduzione sono in grado di aumentare l’efficacia dell’immunoterapia basata sull’inibitore di CXCR2, consentendo di raggiungere una risposta immunitaria antitumorale più robusta rispetto al singolo trattamento.

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