Aderenza terapeutica, presentati i risultati dello studio FIMMG-C.R.E.A. Sanità

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Roma, 18 settembre 2019 – Semplificazione del regime farmacologico, educazione terapeutica e redazione di uno schema ad hoc per la somministrazione dei farmaci: queste le priorità indicate dai medici di famiglia per favorire l’aderenza terapeutica da parte dei pazienti.
Sono ancora troppi gli italiani che si lasciano influenzare da fattori diversi e si allontanano volontariamente dalle prescrizioni mediche, con importanti ripercussioni sia sulla propria salute sia sui costi sostenuti dal Sistema Sanitario Nazionale.

È quanto emerge dallo studio “I problemi di aderenza alle terapie in campo cardiovascolare”, promosso dal centro studi FIMMG (Federazione italiana Medici di Famiglia) e C.R.E.A. Sanità (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità). Obiettivo della ricerca è analizzare le principali criticità connesse all’aderenza alle terapie farmaceutiche, attraverso il punto di vista di professionisti in prima linea nel rapporto con i pazienti: i Medici di Medicina Generale (MMG).

Nel dettaglio, la ricerca ha coinvolto 823 medici: il 6,8% con meno di 40 anni, il 4,0% tra i 40 e i 50 anni, il 31,7% tra i 50 e i 60 anni e il restante 57,5% più di 60 anni. Il 26,6% del campione opera nel Nord-Ovest, il 20,9% nel Nord-Est, il 19,8% nel Centro e il 32,7% nel Sud. Il 96,7% degli intervistati evidenzia al paziente “spesso/quasi sempre” l’importanza dell’aderenza alla terapia.

Per i medici di famiglia, gli elementi alla base dello scollamento tra terapia prescritta e atteggiamento del paziente sono diversi: presenza di disturbi cognitivi/psichiatrici, complessità della terapia, scarsa consapevolezza della malattia, comorbidità, livello culturale del paziente. Tra le ragioni riferite dagli assistiti, invece, si collocano con maggiore frequenza: il timore di effetti collaterali o la loro effettiva (o presunta) insorgenza.

Gli obiettivi di aderenza regionale/ASL, però, sono fortemente disomogenei (dal 43,8% al Nord-Est al 33,1% al Sud e isole; media pari al 45,4%) e la loro l’utilità è percepita soltanto dal 55,3% dei medici. Percentuale che scende al 36,0% tra i medici che appartengono alle Regioni o ASL dove tali obiettivi sono stati implementati.

Per i medici di medicina generale le patologie sulle quali impatta maggiormente la mancata aderenza sono le malattie croniche respiratorie (asma e BPCO), seguite dall’ipertensione arteriosa. Il software gestionale ambulatoriale viene considerato dai medici il miglior supporto (71,8%) al fine di monitorare l’aderenza alla terapia da parte dei pazienti. A seguire si colloca l’infermiere di studio (46,0% dei MMG che ne hanno disponibilità), che rappresenta anche la figura professionale che, oltre al medico, può meglio intervenire per migliorare l’aderenza terapeutica (69,0 per cento).

Il 79,7% degli intervistati ritiene che una maggiore informazione/formazione dei diversi operatori possa contribuire a un miglioramento dell’aderenza terapeutica; il 56,6% considera opportuno il ricorso a tecnologie evolute, anche la telemedicina, per monitorare/migliorare l’aderenza alla terapia.

“Dall’indagine – commenta Paolo Misericordia, responsabile centro studi FIMMG – emerge con evidenza che i medici ritengono fondamentale, ai fini del miglioramento dell’aderenza ai trattamenti, l’organizzazione della propria attività. La presenza di personale di studio e infermieristico, e la disponibilità di algoritmi informatici di supporto, costituiscono gli elementi che maggiormente possono incidere nell’incremento dell’aderenza alle terapie proposte. Per questo stesso obiettivo la survey conferma quanto per i medici sia importante l’intervento sulla semplificazione del regime farmacologico, premessa migliore per rendere efficace le attività di educazione terapeutica del paziente”.

“I risultati della ricerca – aggiunge Barbara Polistena, Direttore generale di C.R.E.A. Sanità – riflettono una soddisfazione non del tutto completa da parte dei medici per le politiche regionali, neppure per quelle dove l’aderenza ha rappresentato un esplicito obiettivo. Chiare le priorità: la semplificazione terapeutica – anche attraverso il ricorso a strumenti innovativi come la telemedicina – la formazione degli operatori e l’educazione terapeutica”.

“Il problema dell’aderenza è un classico fenomeno multidimensionale e legato ai comportamenti: contano le caratteristiche del paziente, moltissimo anche la relazione medico-paziente, e tanti altri fattori – aggiunge Federico Spandonaro, Presidente del Comitato Scientifico di C.R.E.A. Sanità – che quindi vanno affrontati in modo sistematico e complessivo: d’altra parte si tratta di una priorità anche economica, visto che tutti gli studi dimostrano che tra lo strato di popolazione a maggiore e quello a minore aderenza esiste un evidente gradiente positivo di costi; la riduzione dei costi totali nella popolazione a maggiore aderenza è risultata del 46% nei pazienti affetti da diabete, del 25% nei pazienti affetti da ipertensione e del 38% nei pazienti affetti da ipercolesterolemia, compensando ampiamente l’incremento dei costi degli interventi (ad esempio) farmacologici”.

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