Tumore del colon-retto in stadio avanzato, un farmaco immunoterapico apre nuovi orizzonti di cura

Pisa, 17 settembre 2021 – Al congresso ESMO-European Society for Medical Oncology che si è aperto oggi fino al 21 settembre (in modalità virtuale), uno dei più importanti appuntamenti internazionali del settore oncologico, verrà presentato uno studio in fase II, AtezoTRIBE, di cui l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana è capofila a livello nazionale, sull’utilizzo di un farmaco immunoterapico che ha dimostrato finora di migliorare l’aspettativa di vita in pazienti colpiti da tumore del colon retto metastatico con una specifica caratteristica molecolare.

Prof.ssa Chiara Cremolini

L’Oncologia dell’Aou pisana salirà dunque sul palco virtuale del congresso per presentare i promettenti risultati di questo trial multicentrico innovativo con Chiara Cremolini, professore associato di Oncologia medica all’Università di Pisa nonché oncologa in servizio in ospedale, promotrice e coordinatrice a livello nazionale dello studio a cui hanno preso parte oltre 200 pazienti con tumore del colon-retto metastatico arruolati in 22 centri di oncologia sul territorio nazionale, e che ha visto il coinvolgimento del Laboratorio di Patologia molecolare diretto da Gabriella Fontanini, professore ordinario di Anatomia patologica dell’Università di Pisa, nella conduzione delle analisi traslazionali.

“Questo studio clinico si inserisce in un filone di ricerca molto attuale negli ultimi anni, focalizzato sullo sviluppo di strategie terapeutiche che siano in grado estendere il beneficio dell’immunoterapia alla maggioranza dei tumori colorettali”, spiega la prof.ssa Cremolini, che ha recentemente assunto la Presidenza della Fondazione GONO-Gruppo oncologico del nord-ovest, ente no-profit promotore dello studio.

I farmaci immunoterapici hanno rivoluzionato positivamente la prognosi e la gestione terapeutica di una piccola percentuale di tumori del colon che presentano una specifica caratteristica molecolare, l’instabilità dei microsatelliti, e che rappresentano circa il 5% di tutti i casi di tumore del colon in stadio metastatico.

Questa caratteristica rende il tumore “infiammato”, tanto da stimolare la reattività delle cellule T, effettrici della risposta immune dell’ospite contro il tumore, rendendolo sensibile all’immunoterapia. D’altra parte, la restante quota dei tumori colorettali metastatici (circa il 95%) non possiede questo tratto molecolare, ma al contrario sono resistenti all’immunoterapia.

L’ipotesi biologica sfidata dallo studio AtezoTRIBE è che una combinazione di farmaci, Folfoxiri e Bevacizumab, ad oggi possibile trattamento standard per questa patologia, possa rendere “infiammati” tumori con stabilità dei microsatelliti, e quindi pronti a reagire all’azione di uno specifico agente immunoterapico, Atezolizumab. Sulla scorta di questa premessa, il disegno dello studio prevedeva l’assegnazione casuale dei pazienti a due bracci di trattamento: da una parte il trattamento di controllo, Folfoxiri e Bevacizumab, e dall’altro il trattamento sperimentale, Folfoxiri, Bevacizumab e Atezolizumab.

L’aggiunta dell’immunoterapico Atezolizumab si è dimostrata capace di migliorare le aspettative di pazienti affetti da questa neoplasia a fronte di un profilo di effetti avversi facilmente gestibile e clinicamente accettabile.

Giocheranno un ruolo essenziale ai fini del futuro sviluppo di questa associazione terapeutica le analisi traslazionali previste per lo studio AtezoTRIBE, cui ha ampiamente contribuito il Laboratorio di Patologia molecolare. “Queste ulteriori indagini – commenta la prof.ssa Fontanini – saranno finalizzate a identificare biomarcatori prognostici e predittivi che possano essere integrati nella pratica clinica e aiutare nella personalizzazione delle cure”.

Questi risultati non cambieranno nell’immediato la gestione terapeutica del tumore del colon metastatico, in quanto si tratta di uno studio di fase II, ma le evidenze positive dello studio AtezoTRIBE sono certamente un ottimo punto di partenza per proseguire lo sviluppo ulteriore di questa combinazione, con la prospettiva di allargare l’orizzonte dell’immunoterapia ad una più ampia porzione di pazienti affetti da questa neoplasia.

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