Quali relazioni tra esseri umani e robot umanoidi, la chiave nell’attività neurale

I ricercatori dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia hanno dimostrato in un articolo su Science Robotics che gli atteggiamenti delle persone nei confronti dei robot possono essere svelati misurando l’attività neurale del loro cervello. La ricerca è stata supportata dall’ERC-European Research Council (ERC)

Genova, 1 ottobre 2020 – Il modo in cui gli esseri umani interpretano il comportamento degli oggetti dotati di intelligenza artificiale, come per esempio il robot umanoide iCub, dipende da un atteggiamento che può essere previsto misurando l’attività del cervello. Infatti, i ricercatori dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia hanno dimostrato che i due possibili bias verso i robot – cioè considerarli come esseri dotati di un’intenzionalità o, al contrario, cose prive di una mente – sono caratterizzati da due diversi profili di attività neuronale.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Science Robotics e sono importanti per comprendere il modo in cui gli esseri umani possono interagire con i robot, considerando anche la loro accettazione in ambito sanitario e, in generale, nella vita quotidiana.

Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca “Social Cognition in Human-Robot Interaction” dell’IIT di Genova, coordinato da Agnieszka Wykowska, il cui obiettivo è studiare e comprendere la cognizione sociale umana quando è presente un’interazione con agenti artificiali, quali i robot umanoidi. Inoltre la linea di ricerca di Wykowska esplora il possibile utilizzo degli umanoidi come tecnologie per la promozione della salute, attraverso lo sviluppo di protocolli di riabilitazione per persone che presentano disturbi dello spettro autistico o altre disabilità nelle interazioni sociali.

In tale contesto, nel 2016 Wykowska ha vinto un prestigioso finanziamento dell’European Research Council (ERC) per realizzare il progetto “InStance”, il quale affronta proprio la questione di come e in quali condizioni le persone trattano i robot come esseri intenzionali. Ovvero se, per spiegare e interpretare il comportamento del robot, le persone fanno riferimento a stati mentali come credenze o desideri. La ricerca pubblicata oggi su Science Robotics è frutto di queste indagini.

I robot umanoidi rappresentano una categoria unica nel mondo degli oggetti intelligenti, in quanto assomigliano in una certa misura agli esseri umani e quindi potrebbero evocare nelle persone una naturale tendenza a percepirli come esseri intenzionali. D’altra parte, però, gli esseri umani sono perfettamente consapevoli che i robot sono degli oggetti, degli artefatti, e che quindi dovrebbero essere trattati come tali.

In uno studio precedente, Wykowska e il suo gruppo di ricerca hanno osservato che le persone mostrano delle differenze nei propri atteggiamenti: alcuni individui sono più propensi ad attribuire intenzionalità ai robot; altri sono più propensi a descrivere i robot in modo puramente meccanicistico. Nello loro ultimo studio, i ricercatori hanno scoperto che tale differenza di atteggiamento può essere correlata con l’attività cerebrale, misurata tramite elettroencefalogramma (EEG), in modo che sia possibile prevedere il pregiudizio delle persone nell’attribuire l’intenzionalità ai robot, in particolare all’umanoide iCub.

“I nostri risultati sono affascinanti, poiché dimostrano che è possibile colmare un divario tra un concetto filosofico di alto livello e i dati delle neuroscienze, vale a dire che gli atteggiamenti verso la tecnologia possono essere collegati a modelli di attività cerebrale distinti – commenta Agnieszka Wykowska – Questo studio mostra che le persone potrebbero avere vari atteggiamenti, tra cui l’umanizzazione del robot a diversi livelli, e quegli atteggiamenti possono effettivamente essere rilevati a livello neurale”.

I ricercatori hanno studiato il comportamento di 52 individui, sottoposti a EEG. Dopo una prima registrazione dell’attività neurale delle persone a riposo, i ricercatori hanno misurato il tracciato EEG mentre i partecipanti svolgevano un’attività di associazione tra alcune immagini di iCub e le relative possibili descrizioni: le descrizioni utilizzavano il vocabolario “intenzionale/mentali stico” (come “iCub vuole disegnare qualcosa”) o il vocabolario “meccanicistico” (come “iCub ottimizza la presa per piccoli oggetti”).

I ricercatori hanno scoperto che anche quando il cervello non è impegnato in un particolare compito sperimentale, cioè a riposo, l’attività neurale presenta un certo tipo di caratteristiche (nell’intervallo di frequenza beta del segnale EEG) che predice il pregiudizio delle persone nell’attribuire intenzionalità al robot umanoide iCub. Inoltre, hanno riscontrato differenze nell’attività cerebrale nel momento in cui i partecipanti hanno interpretato comportamenti specifici del robot come aventi una spiegazione meccanicistica o intenzionale.

Oltre a contribuire alla ricerca di base, questi risultati sono importanti per comprendere le relazioni che potranno sorgere tra esseri umani e robot umanoidi, soprattutto in uno scenario di coesistenza, dove i robot possono essere applicati in ambito sanitario e nella vita quotidiana.

Link alla pubblicazione: http://robotics.sciencemag.org/lookup/doi/10.1126/scirobotics.abb6652

Bossi, F., Willemse, C., Cavazza, J., Marchesi, S., Murino, V., Wykowska, A. The human brain reveals resting state activity patterns that are predictive of biases in attitudes towards robots. Science Robotics.

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