Inquinamento atmosferico, SIMA: “Nel mondo un milione di bambini nati morti a causa delle polveri sottili”

Prof. Alessandro Miani

Roma, 7 ottobre 2023 – Uno studio dell’Università di Pechino pubblicato sulla prestigiosa Rivista Scientifica Nature Communications attribuisce all’inquinamento atmosferico tra il 39,7% e il 45,5% della natimortalità in tutto il mondo, ossia la morte fetale prima o durante il parto. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che torna a sottolineare gli effetti negativi dell’ inquinamento per la salute umana.

“Su un totale di 2.132.000 bambini nati morti a livello mondiale quantificato dalle Nazioni Unite, si tratterebbe di quasi 1 milione di bambini, per l’esattezza 970.000, nati morti in 137 Paesi del mondo a causa delle esposizioni delle donne in gravidanza alle polveri sottili (una media annuale di circa 43 microgrammi per metro cubo) e a tutti i contaminanti atmosferici da esse veicolati – spiega il presidente Alessandro Miani – L’area del mondo più problematica è senza dubbio l’Asia, con circa 217mila bambini nati morti in India a causa dell’inquinamento atmosferico, cui seguono il Pakistan con circa 100mila decessi. Tra i paesi con i dati peggiori figura anche la Nigeria (93mila bimbi nati morti), la Cina (64mila) e il Bangladesh (49mila)”.

“Se invece si guarda alla natimortalità in proporzione al totale delle nascite, sono i Paesi Arabi quelli in cui si osservano le maggiori criticità, con valori compresi tra il 64-66% degli Emirati Arabi Uniti e del Kuwait fino al 68-72% di Arabia Saudita e Qatar”, aggiunge Miani.

Per quanto riguarda l’Italia – afferma SIMA – gli ultimi dati ufficiali del Ministero della salute registrano 994 bimbi nati morti nel 2022 (contro i circa 1.200 del periodo pre-Covid), corrispondenti a un tasso di natimortalità pari a 2,40 nati morti ogni 1.000 nati. La metà di questi potenzialmente attribuibili a cause o concause ambientali, sulla base delle risultanze dello studio dell’Università di Pechino.

Il dott. Prisco Piscitelli, epidemiologo e Vicepresidente SIMA, sottolinea che “lo studio dimostra che il rischio di morte alla nascita aumenta dell’11%, in maniera statisticamente significativa, per ogni incremento di 10 microgrammi per metro cubo nella concentrazione media annuale di polveri sottili. Inoltre, al crescere dell’età materna, l’associazione tra inquinamento atmosferico e natimortalità diventa più robusta”.

“Tutto ciò è particolarmente rilevante per il nostro Paese, dove le gravidanze sono procrastinate in età sempre meno giovane e l’aria che respiriamo sembra essere tra le peggiori d’Europa. È di questi giorni la fotografia idealmente scattata dal satellite Copernicus e riportata da Deutsche Welle ed European Data Journalism Network, che inquadra la grave situazione dell’inquinamento atmosferico in Italia – prosegue Piscitelli – Il rapporto pubblicato prende come riferimento la soglia di sicurezza sanitaria per il PM 2.5 identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle Linee Guida sulla Qualità dell’Aria del 2005, pari a 10 microgrammi per metro cubo, rivista al ribasso nel 2021 dalla stessa OMS che l’ha portata a soli 5 microgrammi per metri cubo per minimizzare i rischi sulla salute umana. Se ci riferissimo a queste nuove soglie di sicurezza, oltre l’80% degli italiani sarebbe a rischio”.

Ma c’è anche una buona notizia, secondo il Presidente SIMA Alessandro Miani: “L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio modificabile, per quanto attualmente di grave impatto. Infatti basterebbe limitare le nostre emissioni di polveri sottili PM 2.5 a valori pari alla soglia di sicurezza sanitaria di 10 microgrammi per metro cubo (media annuale) fissata dall’OMS nel 2005 per evitare ben 830.000 decessi di bambini a livello globale. Purtroppo in Italia non si registra un trend di riduzione delle polveri sottili degno di nota, mentre persino la Polonia le ha tagliate del 20% tra il 2018 e il 2022. Va tenuto presente che attualmente i limiti di legge sulla base dei quali sono tarati tutti i sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria nelle nostre Regioni e Città è più del doppio rispetto alle soglie OMS 2005 e addirittura quadruplo se si considera la revisione delle linee guida del 2021. Questo significa che di fatto non viene attivato quando dovrebbe tutto il sistema degli interventi di prevenzione, a partire dalle chiusure del traffico urbano delle città, fino all’attivazione di specifiche strategie per la riduzione dei rischi sanitari a livello locale. Ed è bene ricordare che la prevenzione legata ai fattori di rischio ambientale per la salute umana rientra a pieno titolo nel Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che vanno garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale”.

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