Il calore per trattare il diabete. Possibile guarigione con terapia sperimentale non farmacologica

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Una promettente cura che “ringiovanisce il duodeno”, porzione dell’intestino considerata nevralgica nello sviluppo di questa grave malattia metabolica sempre più diffusa. In corso al Policlinico A. Gemelli di Roma e all’Humanitas Research Hospital di Milano l’arruolamento di pazienti per questa sperimentazione clinica multicentrica randomizzata di fase II denominata Revita 2, che determinerà in modo inequivocabile l’efficacia di questa terapia mininvasiva anti-diabete: attraverso la procedura denominata “Duodenal Mucosal Rejuvenation” (Ringiovanimento della Mucosa Duodenale) una parte della mucosa intestinale viene rigenerata con nuova mucosa, modificando così il rilascio di ormoni chiave coinvolti nella malattia

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Roma, 23 febbraio 2018 – È in corso presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma la sperimentazione clinica di fase II su pazienti diabetici per testare una nuova promettente cura non-farmacologica: si tratta di usare il calore per rigenerare una mucosa intestinale ‘sana’ agendo su una parte dell’intestino, il duodeno, sede di rilascio di ormoni coinvolti nelle cause della malattia diabetica.

La tecnica, effettuata in endoscopia mininvasiva sotto sedazione con un’apparecchiatura e un catetere che permettono di applicare con la massima precisione il calore alla mucosa del duodeno per brevissimo tempo, è stata già testata su numerosi pazienti in un primo ciclo sperimentale, dimostrandosi assolutamente sicura e potenzialmente efficace.

“I nuovi test clinici, denominati Revita 2, in corso (al momento sono stati arruolati 11 pazienti), serviranno a convalidarne l’efficacia anti-diabete dell’innovativo trattamento”, spiega il prof. Guido Costamagna, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Endoscopia Digestiva Chirurgica del Gemelli e direttore dell’Istituto di Clinica chirurgica generale e Terapia Chirurgica all’Università Cattolica, sede di Roma, leader riconosciuto a livello mondiale in endoscopia terapeutica.

“Ci auguriamo risultati definitivi degli studi attualmente in corso entro un paio di anni”, spiega la prof.ssa Geltrude Mingrone, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Patologie dell’obesità del Gemelli e docente di Medicina  interna e geriatria all’Università Cattolica.

L’arruolamento – per l’Italia sono coinvolti due centri, il Gemelli e l’Humanitas di Rozzano – è iniziato il 19 maggio ed è prevista la conclusione nell’autunno 2018.

La metodica
Il ringiovanimento della mucosa duodenale (DMR) è una nuova procedura endoscopica. La DMR avviene tramite l’introduzione trans-orale di un catetere a palloncino che fornisce una dose controllata di energia termica sulla superficie della mucosa. L’apparecchiatura cui è collegato il catetere consente un controllo preciso della temperatura che viene applicata alla superficie della mucosa sì da garantire la sicurezza della procedura, risultata molto ben tollerata dai pazienti. La procedura dura meno di un’ora e i pazienti vengono dimessi il giorno dopo.

Il dispositivo ha già ricevuto il marchio CE, quindi è commercializzabile nell’EU. Dopo i risultati dello studio, se positivi, inizierà in Europa l’attività di commercializzazione.

La DMR è in grado di normalizzare in maniera duratura i vari ormoni rilasciati dalla mucosa intestinale e coinvolti nell’insulino-resistenza e forse proprio nel meccanismo di controllo glicemico.

La prima sperimentazione Revita-1
I primi pazienti arruolati nel precedente studio, REVITA-1 sono stati trattati al Policlinico A. Gemelli dal prof. Costamagna.

I risultati fino a ora ottenuti in più di 150 pazienti trattati sia nello studio di fattibilità (eseguito in Cile per valutare, appunto, la fattibilità e la sicurezza della procedura) sia nello studio multicentrico REVITA-1, hanno dimostrato che il trattamento ha un impatto sulla malattia dimostratosi di notevole entità e duraturo nel tempo.

“La terapia – ribadisce la prof.ssa Mingrone – è risultata ben tollerata e priva di rischi, con significativi miglioramenti di parametri tra cui glicemia, emoglobina glicata e enzimi epatici nella maggior parte dei pazienti”.

Inoltre, il miglioramento dei livelli alterati degli enzimi epatici, caratteristica della steatosi epatica non-alcoolica (NASH), altresì detta “fegato grasso”, patologia attualmente in esponenziale aumento nonché tuttora priva di terapie farmacologiche efficaci e tollerabili, apre ad opportunità terapeutiche al momento in fase di studio, e che, se confermate, presto estenderanno il campo di ricerca presso il Policlinico Gemelli anche a studi focalizzati in quest’ambito.

Revita-2
La fase di sperimentazione attualmente in corso consiste in un trial multicentrico (Revita-2) che vede protagonista, con il maggior numero di pazienti attualmente arruolati, l’Università Cattolica e la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, insieme a più di dieci altri centri ospedalieri europei ed extraeuropei di eccellenza in Belgio, Inghilterra, Irlanda, Germania, Brasile e Italia.

Lo studio Revita-2 prevede l’arruolamento di oltre 100 pazienti in numerosi centri europei ed extraeuropei e sarà seguito nella seconda parte dell’anno dall’inizio di un’analoga sperimentazione negli USA, volta a ottenere l’approvazione della FDA, l’organo regolatorio sui farmaci e le terapie negli Stati Uniti d’America. Il trattamento sarà messo a confronto con una terapia placebo per verificarne l’efficacia.

Lo studio recluta pazienti volontari di età tra 28 e 74 anni, affetti da diabete di tipo 2, in terapia con farmaci antidiabetici orali ma non ancora sottoposti a terapia con insulina, con valori di emoglobina glicata (HbA1c) tra 7,5 e 10%.

“La fase sperimentale dello Studio Revita-2 si concluderà – aggiunge il prof. Costamagna – nell’arco di circa 2 anni; se i risultati si confermeranno positivi questo innovativo trattamento potrà essere esteso a tutti i pazienti affetti da diabete che non riescono a tenere sotto controllo la terapia con i farmaci, cioè circa la metà del totale”.

La malattia e i limiti delle terapie oggi in uso.
Il diabete di tipo 2 è una malattia di proporzioni pandemiche non sempre associata all’obesità. Si stima che ne siano affetti circa 382 milioni di persone in tutto il mondo e l’incidenza della malattia sta aumentando a un ritmo allarmante sia nei paesi occidentali sia in quelli in via di sviluppo. Solo in Italia, quasi 4 milioni di persone ne soffrono, di cui il 90% del tipo 2.

Si tratta di una malattia complessa la cui patogenesi non è completamente conosciuta. Tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo della malattia vi sono la predisposizione genetica, l’obesità, lo stile di vita sedentario e una dieta ad alto contenuto di zuccheri e grassi. La ricerca di base ha dimostrato che la dieta ipercalorica provoca cambiamenti nella mucosa duodenale (il rivestimento del primo tratto dell’intestino tenue). Questi cambiamenti alterano il segnale ormonale che regola la glicemia, contribuendo prima alla resistenza all’ormone insulina (principale regolatore della glicemia), poi alla disfunzione delle cellule del pancreas che producono l’insulina, infine all’insorgenza del diabete di tipo 2. Recenti studi sull’animale hanno ulteriormente corroborato le ipotesi su possibili alterazioni della mucosa del duodeno in relazione alla dieta ipercalorica e con eccesso di zuccheri.

I pazienti difficilmente controllano la patologia per un lungo periodo e tendono a sviluppare complicanze micro- e macrovascolari causate da iperglicemia (troppo zucchero nel sangue). Insufficienza renale, che spesso necessita di dialisi, cecità e amputazione del piede sono conseguenze frequenti del diabete di tipo 2 non controllato adeguatamente dalla terapia.

Il Diabete di tipo 2, inoltre, è un fattore di rischio significativo per il peggioramento della demenza e lo sviluppo di patologie cardiovascolari.

Attualmente il diabete di tipo 2 si controlla con farmaci somministrati per via orale, il più usato dei quali è la metformina. Sono disponibili diverse classi di farmaci ma con la progressione della patologia molti pazienti necessitano della terapia con insulina che va somministrata attraverso iniezione più volte al giorno.

L’efficacia dei trattamenti farmacologici è inficiata da diversi fattori tra cui la difficoltà di seguire le terapie.

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