I social e la solitudine dei giovani d’oggi, sempre connessi ma più soli. Sfogano il disagio nell’uso di antidepressivi

Prof. Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia presso l’Università degli Studi di Padova: “Le espressioni del disagio vissute si manifestano in maniera complessa, diversificandosi tra maschi e femmine e avendo come cornice un diffuso senso di solitudine”. Indagine su diecimila studenti tra Padova, Lecce, Napoli, Bari e Taranto. Venerdì a Lecce il Convegno di Medicina organizzato dalla Fondazione Foresta Onlus

Padova, 28 novembre 2019 – In una società sempre più digitalizzata, con genitori sempre più anziani (e spesso separati), con internet a fare la parte del maestro-genitore anche nella sfera sessuale, i giovani si sentono sempre più soli e meno preparati ad affrontare con serenità la propria crescita e le relazioni interpersonali.

È questa la fotografia dei giovani nella società di oggi, presentata stamane in conferenza stampa dal prof. Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia presso l’Università degli Studi di Padova, come risultato di oltre dieci anni di lavoro del Progetto DigitPro – il Disagio giovanile e la sua Prevenzione – sviluppato dalla Fondazione Foresta Onlus. Queste tematiche saranno discusse nell’ambito del XIV Convegno di Medicina organizzato sempre dalla Fondazione Foresta Onlus, che si terrà a Lecce venerdì 29 novembre presso il Castello Carlo V.

Prof. Carlo Foresta

“Si tratta di dati raccolti nella popolazione studentesca negli anni 2017-2018 in diverse città d’Italia (Padova, Lecce, Napoli, Bari, Taranto) – ha dichiarato Carlo Foresta – Abbiamo raccolto in questo periodo questionari anonimi somministrati ad oltre diecimila studenti dell’ultimo anno delle superiori, dati che permettono di fotografare con una certa precisione i comportamenti, le abitudini e le problematiche dei giovani italiani”.

In sintesi, dall’analisi dei questionari emergono le diverse espressioni del disagio giovanile, che si possono riassumere:

  1. La frequente sensazione di solitudine descritta dai giovani, soprattutto dalle ragazze (36% nei maschi e 62% nelle ragazze)
  2. Frequente ricorso all’assunzione di farmaci ansiolitici e antidepressivi (7% dei ragazzi e 13% delle ragazze)
  3. Il continuo ricorso ad internet per socializzare, per informazioni sulla sessualità e per sex addiction
  4. Disturbi della sessualità, molto più frequenti nei ragazzi (26% dei ragazzi e 7% delle ragazze)
  5. Problematiche di disforie di genere (2,3%)
  6. Manifestazioni di autolesionismo, soprattutto nelle ragazze (7% dei maschi e 20% delle ragazze)

Tutti questi comportamenti possono essere intesi come diverse forme di espressione di un diffuso disagio vissuto dai giovani, che spesso richiede anche il frequente ricorso ad ansiolitici e antidepressivi, ai quali fanno ricorso soprattutto le ragazze (13%).

Una sensazione diffusa di solitudine potrebbe derivare, oltre che da una imperante diffusione della società virtuale, anche da una netta trasformazione della famiglia, caratterizzata da figli molto spesso unici (15%), genitori separati (14%) e in ogni caso impegnati in attività lavorative.

L’evidenza di reazioni incontrollate che esprimono la profondità del disagio emerge dalla risposta alla domanda: “Ti è mai capitato di praticare volontariamente tagli o ferite o altre lesioni sul tuo corpo?”. Il 7% dei maschi, ma soprattutto il 20% delle ragazze, ha ammesso di aver avuto esperienze di autolesionismo. Questa forma di violenza su sé stessi è considerata essere un tentativo di distogliere, con il dolore, una sofferenza emotiva che non si riesce a gestire e sopportare. In alcuni casi può diventare una forte dipendenza al pari di una sostanza stupefacente.

Le risposte dei giovani alla sensazione di solitudine sottolineano la mancanza di figure di riferimento e il ricorso alle figure multimediali, alle quali si rivolgono per socializzare, acquisire informazioni, scoprire la sessualità e molte volte praticarla in forma virtuale.

Il ricorso ad internet per la sessualità nei giovani è appannaggio soprattutto dei ragazzi (44%) e i più accaniti riconoscono come conseguenza di queste frequenti esperienze una dipendenza (18%) che sfocia in una incapacità alla ricerca di una sessualità reale, in una riduzione del desiderio e in alcuni casi in disturbi della sessualità più complessi (26%).

Dai questionari inoltre si conferma il dato della frequente problematica riferita alle disforie di genere. Il dato che sorprende è che circa il 2,5% degli intervistati si definisce transgender o gender-fluid, a fronte di medie internazionali che oscillano tra lo 0,4 e 1,3%. Le differenze potrebbero però essere legate alla specifica fascia di età presa in considerazione e alla modalità di raccolta del dato, che usualmente viene raccolto da centri specializzati in queste problematiche, e non tra la popolazione generale dei giovani.

Va precisato che lo studio non ha riscontrato per questo aspetto differenze sostanziali su scala regionale in una nazione, l’Italia, dove, secondo recenti dati del Centro di Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità, ad oggi le persone transgender sono stimate essere circa 400.000. Infine, dai questionari emerge un’importante complessità per i giovani che vivono queste problematiche nel relazionarsi con la famiglia e con la società.

Il coming-out è ritenuto ancora un percorso doloroso e complesso e sentono la mancanza di un riferimento per trovare risposte adeguate alla comprensione del fenomeno e a tutti i percorsi che li aiutino a superare i pregiudizi e ad indicare gli interventi sanitari adeguati al problema.

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