Grave incidente in moto per un 19enne, autotrapianto salva la funzione del pancreas. Primo intervento in Italia

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Autotrapianto di isole del pancreas eseguito con successo in un paziente che aveva subito l’asportazione di parte dell’organo a seguito di un incidente. Il risultato è stato possibile grazie alla collaborazione tra l’équipe della III Divisione di Chirurgia degli Spedali Civili di Brescia e il Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano che ha ricreato la funzione endocrina del pancreas nel fegato del ragazzo

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Equipe della III Divisione di chirurgia degli Spedali Civili di Brescia

Milano/Brescia, 3 luglio 2018 – È stato eseguito con successo un autotrapianto di isole del pancreas all’interno del fegato di un giovane che aveva subito l’asportazione del corpo e della coda del pancreas, a seguito di un grave incidente motociclistico. Si tratta del primo caso in Italia di autotrapianto di isole con isolamento in remoto a seguito di un trauma violento con lacerazione del pancreas.

Il risultato è frutto della collaborazione tra l’équipe della III Divisione di chirurgia degli Spedali Civili di Brescia, guidata da Guido Alberto Massimo Tiberio, professore ordinario di Chirurgia generale dell’Università degli Studi di Brescia, e l’équipe dell’Unità di Processazione delle isole pancreatiche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, guidata dal prof. Lorenzo Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute (DRI) del San Raffaele.

Un diciannovenne, in un incidente in moto, ha riportato una lacerazione del pancreas che ha reso necessaria l’asportazione per via laparoscopica del corpo e della coda dell’organo, dove si trova buona parte delle cellule deputate alla produzione di insulina. In un caso come questo il rischio di sviluppare il diabete poco tempo dopo l’intervento è pari al 10-20%. Nel lungo termine, però, la percentuale si alza fino al 50%, influenzando radicalmente la qualità di vita del paziente.

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Equipe dell’Unità di Processazione delle isole pancreatiche del DRI, IRCCS Ospedale San Raffaele

Per scongiurare questo rischio l’équipe guidata dal professor Tiberio si è messa in contatto con lo staff del DRI del San Raffaele: in poche ore la parte dell’organo asportata è arrivata al San Raffaele, dove i ricercatori del DRI hanno lavorato l’intera notte per isolare e purificare le beta cellule, deputate alla produzione di insulina. Il giorno successivo il professor Piemonti ha trasferito le cellule a Brescia per reinfonderle nel fegato del paziente, in collaborazione con il dottor Marco Di Terlizzi, radiologo interventista degli Spedali Civili.

Una volta immesse nel fegato tramite la vena porta, le beta cellule attecchiscono nel giro di qualche settimana e riprendono la produzione di insulina, scongiurando il rischio di sviluppare il diabete. A distanza di tre settimane dal grave incidente il paziente è stato dimesso in eccellenti condizioni generali. In particolare il profilo glicemico, alterato dopo la pancreatectomia, è andato progressivamente migliorando, fino a valori di assoluta normalità nell’arco delle 24 ore. Il giovane verrà seguito nei prossimi mesi per verificare la regolarità del decorso post-operatorio e l’efficienza del ricostituito patrimonio endocrino pancreatico.

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“Fino ad ora sono stati descritti meno di dieci casi al mondo in cui è stato utilizzato questo approccio, che richiede competenze multidisciplinari ed expertise che solo in poche situazioni si riescono a coordinare in regime di urgenza. Inoltre l’asportazione del pancreas con tecnica mini-invasiva e la preparazione dei tessuti per il trapianto in un luogo diverso rispetto a quello del ricovero costituiscono una combinazione unica, che non si è mai verificata in nessuno dei casi finora descritti” aggiunge il professor Piemonti.

“La collaborazione tra Ospedale San Raffaele e Spedali Civili è un bell’esempio di sanità pubblica e privata votata all’eccellenza, resa possibile dalla capacità di lavorare in rete e dall’abitudine a eseguire procedure complesse e ad elevatissimo contenuto culturale e tecnologico anche in condizioni di emergenza, al di fuori dei canonici orari di lavoro, nel solo interesse del paziente” spiega il professor Tiberio, che sottolinea: “Sono bastate due telefonate per attivare una procedura che ha coinvolto, nella sola fase operativa, 16 specialisti tra medici, biologi, chimici e infermieri”.

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