Febbri periodiche, 10 le priorità per migliorare le cure

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L’Associazione Italiana Febbri Periodiche (AIFP) celebra i suoi primi 10 anni di attività in favore delle persone con queste patologie auto-infiammatorie rare, che insorgono spesso in tenera età. 10 sono le priorità identificate per migliorare cure ed assistenza in Italia e in particolare nelle aree geografiche a maggior incidenza di queste malattie genetiche, come Venezia, città in cui è nata l’associazione

bambino-ospedaleVenezia, 24 maggio 2016 – A essere colpiti da Febbri Periodiche – malattie auto-infiammatorie rare i cui sintomi sono attribuiti troppo spesso ad altre patologie comuni – sono soprattutto bambini. Nell’era digitale, l’informazione ai neo-genitori e a tutte le persone toccate dal problema, non può che viaggiare anche sul web. Uno dei 10 punti chiave individuati dall’Associazione Italiana Febbri Periodiche (AIFP), in occasione dei sui 10 anni di attività, è proprio l’opportunità di sfruttare le potenzialità di networking e condivisione offerte oggi dai Social.

Ed è a partire dalla città di Venezia, sede legale dell’Associazione – scelta per ospitare l’incontro – che AIFP rilancia il proprio impegno, ponendo l’accento anche su questa seconda priorità: sensibilizzare il territorio, partendo dalle aree maggiormente a rischio di insorgenza di queste patologie genetiche. La città, polo strategico del traffico marittimo e sede storica di alcune radicate comunità del bacino mediterraneo, tra cui l’ebraica e l’armena, rappresenta una zona potenzialmente ad elevata densità di pazienti colpiti da Febbre Mediterranea Familiare (FMF), la più diffusa tra le febbri periodiche.

“Fino a qualche anno fa, le persone colpite da questa patologia avevano solo un farmaco a disposizione ma non efficace per tutti ed erano costrette a convivere con sintomi debilitanti per tutta la vita. A ciò si aggiungeva anche il peso psico-emotivo-sociale legato all’emarginazione di cui spesso erano vittima, additati come malati immaginari – spiega Paolo Calveri, paziente affetto da FMF e Presidente AIFP – Oggi con i progressi che la ricerca scientifica sta facendo, esistono cure che possono fare la differenza in termini di qualità della vita. Resta, però, prioritario: favorire una diagnosi più tempestiva, continuare a fare informazione per contrastare lo stigma sociale, promuovere una maggiore conoscenza su come identificare i sintomi presso l’opinione pubblica e la comunità scientifica, coinvolgendo – in prima istanza – i pediatri, ma anche i reumatologi, che curano la presa in carico del paziente adulto”.

“Considerata l’insorgenza in età infantile, generalmente nell’arco dei primi 10 anni di vita, raggiungere i genitori e i medici di base con attività di informazione e sensibilizzazione, come quelle svolte da AIFP e da altre Associazioni di pazienti , è fondamentale per giungere tempestivamente ad una diagnosi: se il bambino soffre di episodi febbrili ricorrenti associati ad altri sintomi (dolori addominali e al torace, interessamento articolare e manifestazioni cutanee), è bene rivolgersi subito al proprio medico o pediatra di base – spiega il dott. Francesco Zulian, Direttore del Centro Regionale di Reumatologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Università di Padova – Il pediatra di famiglia, a sua volta, in presenza di questa sintomatologia, deve considerare l’ipotesi di malattie auto-infiammatorie ed indirizzare il bambino e i familiari ad un reumatologo-pediatra, che ha competenze più specifiche, per impostare il più appropriato percorso diagnostico-terapeutico. Il nostro Centro, tra le strutture di eccellenza in Italia, ha oggi in cura oltre 400 piccoli pazienti con malattie auto-infiammatorie di cui il 10% di provata origine genetica e ci auguriamo, grazie anche all’impegno congiunto con AIFP, di poterne aiutare molti di più nel prossimo futuro”.

Ma, a soffrire di Febbri Periodiche, non sono solo i bambini: da un lato, pur se meno frequente, l’insorgenza del disturbo può verificarsi anche in età adulta, dall’altro anche chi si ammala in età infantile, poi cresce e questo passaggio della presa in carico del paziente da parte del pediatra al reumatologo presenta criticità ed aspetti da gestire con grande attenzione.

“Una transizione ben programmata dal reumatologo pediatra allo specialista che segue i pazienti adulti è fondamentale per garantire una corretta prosecuzione del percorso terapeutico – precisa il prof. Paolo Sfriso, Unità di Reumatologia del Policlinico Universitario di Padova – Fare rete tra i diversi specialisti coinvolti nella cura di queste sindromi rare, condividendo informazioni sulla storia clinica del paziente e la sua evoluzione, mettendo a fattor comune le competenze maturate sul campo affrontando i singoli casi clinici e promuovendo un approccio multi-disciplinare e sinergico che metta al centro il paziente è l’approccio vincente. Incontri come questo promosso da AIFP vanno in questa direzione, così come la creazione di registri che monitorino l’impiego delle terapie, oggi finalmente disponibili per trattare efficacemente il problema”.

I recenti progressi nello studio dei meccanismi che sono all’origine di queste sindromi auto-infiammatorie hanno consentito sviluppare trattamenti efficaci nell’ottenere un buon controllo della sintomatologia: renderle disponibili il prima possibile a tutti quei pazienti per cui le opzioni terapeutiche sono oggi ancora inesistenti o molto limitate è senz’altro prioritario.

“Un nuovo, importante avanzamento è stato recentemente registrato grazie all’assegnazione da parte della FDA americana della designazione di ‘terapia fortemente innovativa’ a canakinumab, molecola già approvata per il trattamento di alcune febbri periodiche – spiega il dott. Luca Cantarini, ricercatore presso l’istituto di reumatologia del policlinico di Santa Maria delle Scotte di Siena – Questo passo si traduce nell’opportunità di accelerare i tempi dei processi approvativi per l’estensione dell’uso del farmaco per la cura di altre sindromi”.

Tra i successi di cui AIFP è maggiormente orgogliosa e che resterà centrale anche nel prossimo futuro, è la capacità di fare rete fra i pazienti. “Grazie all’impegno devoluto in questi ultimi 10 anni, riusciamo oggi a registrare circa 2-3 nuovi casi a settimana di persone colpite da queste patologie, tra cui anche molte mamme. A ciascuno cerchiamo di offrire un aiuto concreto affinché si senta meno solo e disorientato di fronte alla diagnosi, possa confrontarsi con altri pazienti che hanno affrontato la stessa esperienza e possa essere indirizzato verso i medici e i centri specializzati – conclude Calveri – In sintesi, la nostra missione e priorità numero uno è quella di rendere queste sindromi rare meno rare, agevolando la diagnosi e, soprattutto, rendere meno rari l’aiuto, le cure appropriate e l’assistenza”.

La sessione scientifica è stata moderata dal prof. Leonardo Punzi, Direttore Unità di Reumatologia del Policlinico Universitario di Padova e ha ospitato interventi anche a cura della dott.ssa Domenica Taruscio, Direttore Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, che ha fornito un interessante quadro sulle nuove prospettive di intervento sulle malattie rare a livello di sanità nazionale e del dott. Donato Rigante, Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” Roma.

fonte: ufficio stampa

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