Chirurgia pediatrica: la mininvasività in 10 punti

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Dal bisturi al laser: in Italia oltre 70.000 interventi sui bambini. La chirurgia sempre più “mini”. Il 26 e 27 maggio al Bambino Gesù il convegno sulla mininvasività pediatrica

sala-operatoria-ospedale-bambino-gesuRoma, 24 maggio 2016 – In Italia vengono eseguiti ogni anno più di 70.000 interventi chirurgici sui bambini. Il ricorso a tecniche e procedure mininvasive è sempre più diffuso. Ma la mininvasività non è solo un fatto chirurgico. È piuttosto un approccio complessivo al bambino malato, al paziente pediatrico, caratterizzato dalla ricerca continua di percorsi di assistenza e di cura appropriati oltre che efficaci, che abbiano il minor impatto possibile dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.

Dal bisturi al laser, dall’endoscopia all’impiego della robotica, negli ultimi anni la chirurgia è diventata meno aggressiva e ha raggiunto livelli di precisione prima impensabili. I bambini che oggi subiscono un’operazione restano in ospedale meno giorni, si riprendono più velocemente con meno dolore e minor stress. Al Bambino Gesù ogni anno si eseguono 28.000 interventi, oltre il 50% con tecniche mini-invasive e con una diminuzione del 30% della durata dei ricoveri.

Alla mini-invasività l’Ospedale Pediatrico dedica un convegno di due giorni che si terrà il 26 e 27 maggio 2016 presso l’Auditorium del Bambino Gesù, sede San Paolo (viale Ferdinando Baldelli, 38 – Roma). Parteciperanno esperti di tutte le specialità mediche pediatriche sia italiani che internazionali.

Mininvasività chirurgica
L’evoluzione tecnologica e la messa a punto di metodi e strumenti ad altissima precisione hanno segnato il passaggio dal taglio ampio e profondo della tecnica “open” o a cielo aperto (attraverso la quale l’organo da trattare viene esposto alla vista del chirurgo) alle tecniche “minimal access”, ovvero alla chirurgia senza taglio o con taglio minimo.

Nessun taglio o cicatrice con l’endoscopia: lo strumento chirurgico, sottile e flessibile, raggiunge l’area malata attraverso le cavità naturali, come la bocca. Questa tecnica è molto utilizzata nel campo della chirurgia digestiva e urologica, ma anche per gestire alcuni tumori pediatrici. Dopo aver prelevato in endoscopia un frammento del tumore per analizzarlo, viene immediatamente avviata la terapia medica senza dover attendere i tempi di cicatrizzazione della ferita e il recupero post-operatorio della chirurgia tradizionale.

Per le operazioni in laparoscopia (addome) e toracoscopia (torace) sono necessarie piccole incisioni per il passaggio di una sottile cannula (3-5 mm) che contiene tutti gli strumenti operativi (telecamera, pinze, forbici, suturatrice, etc.) manovrati dal chirurgo. Queste tecniche sono sempre più utilizzate in ortopedia, per problemi gastro-intestinali, cardio-respiratori e nella chirurgia dell’obesità pediatrica (al Bambino Gesù gli interventi di riduzione dello stomaco sono eseguiti in laparoscopia nel 100% dei casi).

Sempre meno invasiva anche la chirurgia in utero. All’Ospedale Pediatrico si stanno sperimentando con ottimi risultati interventi in fetoscopia per la cura dell’ernia diaframmatica ad alto rischio, patologia mortale nel 90% dei casi. Si eseguono inserendo nell’addome della mamma uno strumento molto sottile che raggiunge la zona del feto su cui intervenire.

In neurochirurgia nel giro di pochi decenni si è passati dagli interventi a occhio nudo alla chirurgia “virtuale”. Robot (neuronavigatore), strumenti e software sofisticati, permettono ai neurochirurghi non solo di trattare l’area del cervello malata con assoluta precisione nella traiettoria e nell’esecuzione del movimento, ma anche di simulare l’operazione su modelli tridimensionali virtuali e reali (stampa 3D) dell’anatomia del paziente, prevedendo in anticipo eventuali complicanze. Queste procedure riducono al minimo il taglio chirurgico (piccoli fori), il rischio di sanguinamento e di deficit derivanti da un’estesa manipolazione del cervello. Vengono utilizzate nell’80% dei casi di tumore cerebrale, epilessia farmacoresistente e disordini del movimento.

In chirurgia plastica, metodi di medicina rigenerativa a bassa aggressività (come il lipofilling con cellule staminali del tessuto adiposo) oggi sostituiscono tecniche chirurgiche di trasferimento del tessuto per la correzione di anomalie congenite, post-traumatiche e post-oncologiche. Mentre nel campo dell’oculistica, il passaggio da bisturi e trapano al laser ad altissima precisione (laser a femtosecondi), ha ridotto significativamente i rischi per i bambini affetti da malattie dell’occhio.

Mininvasività non chirurgica
Oggi sono disponibili terapie farmacologiche meno tossiche e aggressive. La ricerca produce farmaci pediatrici sempre più mirati, efficaci e sicuri con dosaggi e formulazioni specifiche per i bambini. In Italia il 50% di queste sperimentazioni è condotto dal Centro Trials del Bambino Gesù. Inoltre, nel 70% dei casi i piccoli pazienti possono essere sottoposti all’anestesia “light”, una combinazione meno invasiva di diverse tecniche di anestesia locale associata a sedazione.

Anche gli esami diagnostici diventano “senza dolore”: la TAC multistrato, ultraveloce e a bassissimo dosaggio di raggi X, ha abbattuto i tempi di acquisizione delle immagini da alcuni minuti a pochi secondi. In questa maniera si può evitare l’anestesia anche a quei bambini che hanno difficoltà a rimanere fermi durante scansioni più lente. Questo macchinario è utilizzato nelle sedi di Roma-Gianicolo e Palidoro del Bambino Gesù. Anche l’organizzazione ospedaliera risponde alle esigenze di minima invasività e di ottimizzazione dei risultati. Ne sono un esempio i team multidisciplinari che si occupano nello stesso luogo e in un arco temporale limitato del piccolo paziente, o i modelli organizzativi basati sull’appropriatezza clinica che hanno portato all’aumento dei casi trattati in chirurgia ambulatoriale (+81% dal 2012 al 2014).

Criteri di applicabilità delle tecniche mininvasive
La possibilità di adottare tecniche chirurgiche mininvasive risponde a quattro requisiti fondamentali: expertise del chirurgo (deve saper eseguire tutte le tecniche – open o minimal access – disponibili per una data patologia e stabilire qual è la più appropriata e, quindi, meno invasiva per il paziente); disponibilità di strumenti e tecnologie adeguate; valutazione caso per caso e appropriata selezione del paziente per aumentare le probabilità di successo e ridurre al minimo il rischio di complicanze; rispetto dei protocolli internazionali.

“Nell’immaginario comune, ‘tecnica mininvasiva’ evoca trattamenti chirurgici con mezzi miniaturizzati, ma questo è solo uno degli aspetti di quella che è una vera e propria ‘filosofia’ nel trattamento di quasi tutte le patologie – sottolinea Alessandro Inserra, direttore del Dipartimento Chirurgico del Bambino Gesù – L’aggressività chirurgica, le terapie protratte, le indagini costose in termini di esposizione alle radiazioni, appartengono al passato. Oggi stiamo percorrendo una strada molto più rispettosa dell’individuo. E ciò è tanto più importante con i bambini la cui aspettativa di vita è sempre più lunga. Per garantire loro anche un’elevata qualità di vita, è proprio in età pediatrica e adolescenziale che è necessario esprimere tutte le migliori capacità terapeutiche disponibili”.

I risultati
Il vantaggio generale dell’approccio mininvasivo, sia chirurgico che non, è il rispetto del bambino/paziente nella sua globalità. In particolare, il ricorso a procedure mininvasive (quando applicabili) comporta minor trauma chirurgico, decorso post-operatorio più rapido e meno doloroso, minor rischio di contaminazione e infezione delle ferite, riduzione del sanguinamento, ricoveri più brevi (il numero di giorni in cui il bambino è costretto in ospedale si riduce di circa il 30%), migliore impatto estetico (le incisioni sono molto piccole e generalmente non hanno bisogno di suture), recupero funzionale più veloce e rapido reinserimento nella vita sociale.

La mininvasività in 10 punti

  1. Dal bisturi al laser – L’ausilio del laser ad altissima precisione riduce i rischi chirurgici.
  2. I robot in sala operatoria – I robot guidano il chirurgo nell’esecuzione del movimento e nell’individuazione della traiettoria con assoluta precisione.
  3. La chirurgia senza taglio – Nessun taglio con gli interventi in endoscopia. L’accesso dei ministrumenti chirurgici è attraverso le vie naturali, ad esempio la bocca.
  4. Le tecniche “minimal access” – Piccoli tagli, piccole cicatrici, recupero più veloce con gli interventi in laparoscopia e toracoscopia.
  5. Le diagnosi “senza dolore” – La TAC ultraveloce e a basso dosaggio di raggi X riduce la necessità di anestetizzare i bambini durante la scansione. Nascono nuovi percorsi di gestione, valutazione e controllo terapeutico del dolore.
  6. Ricoveri più brevi – Con le tecniche chirurgiche mini-invasive diminuiscono i giorni di degenza.
  7. Più farmaci a misura di bambino – La ricerca produce nuovi farmaci pediatrici con formulazioni e dosaggi specifici, meno tossici e aggressivi. Il 50% delle sperimentazioni pediatriche italiane è condotto dal Centro Trials del Bambino Gesù.
  8. L’anestesia diventa “light” – Combina diverse tecniche di anestesia locale e sedazione con un minore dosaggio di farmaci e minore tossicità per il bambino.
  9. Interventi in ambulatorio – Cresce il numero degli interventi in chirurgia ambulatoriale grazie a modelli organizzativi basati sull’appropriatezza clinica.
  10. Tanti specialisti intorno al bambino – Con l’organizzazione in team multidisciplinari si ottimizzano tempi e risultati.

fonte: ufficio stampa

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