Dall’ospedale Niguarda al San Paolo, ancora gravi casi di aggressione a Milano

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A causa del sovraffollamento e dell’assenza di un posto di polizia attivo 24 ore su 24, il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo è stato nuovamente teatro di aggressioni e devastazioni. I pazienti sono a rischio, gli Infermieri e il personale sanitario non si vedono garantite le misure previste dalle norme sulla sicurezza sul lavoro

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Milano, 21 gennaio 2018 – Un’escalation del terrore, o dell’orrore. Il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo di Milano è nuovamente teatro di pesanti aggressioni a danno del personale e dei pazienti che attendono di essere visitati.

“L’ultimo episodio, nella notte fra martedì 16 e mercoledì 17 gennaio: una donna di circa 60 anni, probabilmente esasperata dai lunghissimi tempi di attesa, ha aggredito due operatori sanitari a calci e a pugni” precisano Filippo Errante e Giovanni Migliaccio, quest’ultimo tra le vittime di un episodio analogo accaduto nello stesso luogo il 24 dicembre. La vigilia di Natale, infatti, un uomo ha assalito tre operatori sanitari e devastato la sala visite.

Il bilancio di una mattinata di lavoro che doveva essere ‘normale’ si è conclusa con 3 operatori refertati, 2 dei quali Infermieri, che hanno dovuto abbandonare il servizio (senza poi essere sostituiti), una sala visita inutilizzabile per diverse ore e regolare denuncia per aggressione.

È di questi giorni, invece, un caso simile al Pronto Soccorso del Niguarda: “una paziente, accompagnata dal 118, in preda a una crisi ha divelto la sala visite, creando il panico tra i pazienti e i parenti in attesa” raccontano Giovanni Aspromonte e Paola Pias, delegati sindacali NurSind.

Le ragioni della violenza
Se i motivi che spingono gli utenti ad aggredire il personale del Pronto Soccorso sono sempre gli stessi – esasperazione per tempi di attesa infiniti, presenza in sala di aspetto di persone con disturbi psichici, affollamento notturno da parte di homeless – le ragioni di danni tanto ingenti sono invece cambiate. In peggio. I turni di polizia e guardie giurate sono stati ridotti all’osso. Eppure solo lo scorso agosto l’Assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, aveva annunciato interventi in merito.

“Non è tollerabile che medici e infermieri debbano svolgere il loro delicato lavoro anche con la paura di essere aggrediti. A partire da settembre prenderò contatto con i prefetti delle città lombarde e con gli altri attori coinvolti al fine di affrontare il problema in maniera concreta e strutturata – aveva dichiarato Gallera – Chiederò di valutare il potenziamento dei posti di Pubblica sicurezza già esistenti nelle strutture sanitarie considerate ‘a rischio’. Faremo una mappatura del territorio al fine di intensificare i controlli di prevenzione e scongiurare il verificarsi di altri analoghi incresciosi episodi di violenza… Compatibilmente con i limiti di bilancio verificheremo la possibilità di aumentare il numero delle guardie giurate presenti nei nostri Pronto soccorso”.

Tuttavia, a oggi i turni del presidio di Polizia non riescono a essere assicurati dalla Questura, mentre le guardie giurate non possono garantire la loro presenza esclusivamente al Triage. E il 112, chiamato all’occorrenza, come è successo negli ultimi casi, è riuscito ad intervenire quando ormai il danno – ovvero l’aggressione – è fatto. Nel corso degli ultimi mesi, il NurSind ha chiesto agli organi competenti di intervenire in merito ma, a oggi, la situazione non è mutata. E il rischio è altissimo, sia per i lavoratori sia per i cittadini.

Le richieste degli Infermieri, stanchi di subire
Gli Infermieri sono i soggetti più esposti al pericolo e, spesso, le vittime di queste aggressioni sempre più violente. “Come dobbiamo comportarci?” chiedono Rosario Pagana e Nicoleta Veronica Voichescu dalla Segreteria Territoriale NurSind di Milano, Sindacato delle Professioni Infermieristiche. “Basterebbe applicare la legge. Ad esempio, dare piena applicazione all’Art. 2087 del codice civile, che parla chiaro: il datore di lavoro deve adottare tutte le misure idonee a prevenire sia i rischi insiti all’ambiente di lavoro, sia quelli derivanti da fattori esterni e inerenti al luogo in cui tale ambiente si trova, atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene di rilevanza costituzionale che impone al datore di anteporre al proprio profitto la sicurezza di chi esegue la prestazione”.

I Sindacalisti aggiungono: “Se le Aziende non sono in grado di farlo, lo faccia chi è al di sopra delle Aziende. Oggi gli Infermieri si trovano a svolgere attività di sicurezza. Controllo degli accessi, dei furti nei vari reparti degli effetti personali del paziente, furti a danno degli stessi operatori sanitari e della strumentazione di proprietà ospedaliera. Ogni genere di responsabilità ricade sulle nostre spalle, e ci dobbiamo accollare pure il rischio di trovarci coinvolti in procedimenti legali, ma senza le adeguate tutele. La situazione non è sostenibile. Per questo come NurSind lanciamo un appello, chiedendo ai colleghi Infermieri l’importanza di segnalare ogni episodio riguardante le diverse criticità, strutturali, organizzative, che possono mettere a in pericolo la sicurezza, la salute degli operatori e dei cittadini. Stiamo ritornando a condizioni di lavoro di 100 anni fa”.

“Non può finire così. I Pronto Soccorso di Milano non possono essere l’ultima frontiera della sicurezza. Ci attiveremo con tutti i mezzi a nostra disposizione per far sentire la nostra voce, a difesa della nostra professionalità e del diritto alla Salute dei cittadini” concludono Rosario Pagana e Nicoleta Veronica Voichescu.

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