Celiachia, uno studio chiarisce quali sono le probabilità di sviluppare la malattia

Dal XXX Congresso Nazionale SIGENP: uno studio condotto in Italia e Usa ha chiarito che alcuni fattori ambientali abbassano e altri aumentano le probabilità di sviluppare malattia celiaca. La comparsa di questa patologia può essere favorita o ostacolata, nei piccoli con una predisposizione genetica, da diversi elementi: alcuni farmaci, le infezioni virali, il genere, la struttura fine dei tratti di Dna coinvolti. Lo rivela una ricerca presentata al Congresso Nazionale della Società Italiana di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica in corso a Matera

Matera, 28 settembre 2023 – Era noto da tempo che una determinata struttura del sistema HLA (un gruppo di geni) è una condizione quasi necessaria per lo sviluppo della celiachia. Ma non era chiaro perché la malattia insorgesse effettivamente solo nel 3% dei soggetti con questo difetto genetico.

A Matera, nel corso il XXX Congresso Nazionale della SIGENP – Società Italiana di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica presieduta dal prof. Claudio Romano, è stato presentato uno studio condotto negli Stati Uniti (Harvard) e in Italia (Roma, Milano, Ancona, Salerno, Bari, Bergamo, Genova, Bologna) che ha scoperto quali fattori ambientali, in presenza della predisposizione genetica, possono favorire o ostacolare l’insorgere della patologia.

La celiachia ha le massime probabilità di manifestarsi non solo quando la predisposizione è più marcata, ma anche se sono stati assunti antibiotici o determinati farmaci anticidi cioè inibitori della pompa protonica (per periodi prolungati); e soprattutto nelle bambine.

Prof. Claudio Romano

Per contro, il suo sviluppo sembra invece essere chiaramente ostacolato nei bambini maschi che, oltre ad avere un rischio genetico meno acuto, assumono probiotici, hanno accanto a sé animali domestici come cani e gatti e hanno avuto infezioni virali.

“I legami tra l’insorgenza della celiachia e questi fattori ambientali – commenta il prof. Claudio Romano, presidente SIGENP – a questo punto sono evidenti, ma è chiaro che andranno indagati a fondo, in altri studi, per comprenderne la natura e i meccanismi. Tuttavia, quello che è emerso da questa ricerca è importante perché fornisce indicazioni che potrebbero aiutare a prevenire o almeno a non favorire la patologia”.

Lo studio, promosso dal prof. Alessio Fasano del Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School, Boston e coordinato in Italia dal prof. Francesco Valitutti ricercatore in Pediatria presso l’Università di Perugia, è stato condotto finora su 423 bambini (219 negli Stati Uniti e 204 nel nostro Paese), seguendoli dalla nascita fino ai sette anni analizzando 80 fattori clinici identificati da questionari longitudinali, compilati periodicamente dai genitori, relativi a dati demografici, storia medica, ambiente e abitudini alimentari.

“Questo studio, denominato CD-GEMM, dall’acronimo inglese Celiac Disease Genomica Environmental Microbiome and Metabolomic – specifica il dott. Valitutti – si pone fondamentalmente due obbiettivi ambiziosi: identificare marcatori non invasivi per una diagnosi molto precoce della celiachia; intercettarla prima del suo pieno sviluppo clinico, nell’ottica di una prevenzione primaria della stessa, contrastando i fattori di rischio ambientali e facendo in modo che non si perda del tutto la tolleranza immunologica al glutine”.

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