Sindacati su emendamenti Legge di stabilità: “No all’arroganza delle Regioni”

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Roma, 12 novembre 2015 – È paradossale che, in Italia, chi deve applicare una legge, nello specifico la 161/2014, in ottemperanza ad una Direttiva Europea vecchia di 12 anni, calpestata da deroghe legislative giudicate illegittime dalla Corte di Giustizia comunitaria, faccia il profeta di sventure, alla vigilia della sua entrata in vigore.

Il re è nudo. Ora è chiaro a tutti che quel che resta della sanità pubblica si fonda, grazie a chi ha avocato a sé come valore indisponibile l’organizzazione del lavoro, sull’uso intensivo, fino all’abuso, del lavoro professionale, sul precariato perenne dei giovani e meno giovani, sulla carenza di organico, sui turni massacranti, sul mancato investimento sulla sicurezza delle cure. Un sistema che, a detta dei suoi inventori, crollerebbe se riportato alla supremazia delle leggi.

Anche gli emendamenti presentati dalle Regioni alla Legge di stabilità confermano un distacco preoccupante dal mondo della vita reale. Continua l’ossessione di tagliare i fondi contrattuali del personale, addirittura attaccando quelli del periodo biblico 1993, da decurtare del 30%. Ed emerge, attraverso il raddoppio del finanziamento alla Sisac, la voglia di premiare le tecnostrutture, a scapito, però delle disponibilità finanziarie del Servizio Sanitario Nazionale, cioè di una sanità pubblica in difficoltà.

Curioso che si adoperino a depauperare il Fondo Sanitario nazionale coloro che sono i primi a lamentarsi con il Governo della sua esiguità. Mentre invece, per ridurre i costi, e favorire sinergia e dialettica tra contratti e convenzioni, contribuendo all’armonizzazione funzionale e professionale dei diversi settori del Ssn, sarebbe forse più coerente pensare di affidare a chi si occupa già dei contratti dei dipendenti del Ssn, anche la rappresentanza per le convenzioni sanitarie.

Quello che è inaccettabile, e facciamo appello al Parlamento per rimediare, è che il crepuscolo del federalismo all’italiana scarichi sulla salute, e sulle tasche dei cittadini, dei medici e dei dirigenti sanitari, le proprie inefficienze.

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fonte: ufficio stampa

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