Venezuela, centinaia di donne in gravidanza anemiche e malnutrite raggiungono la clinica di Save the Children

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Da sole, affrontano il pericoloso viaggio, fino al confine con la Colombia, separandosi dal resto della famiglia e non avendo un posto dove stare. Più della metà sono affette da anemia per la mancanza di cibo nutriente e a prezzi accessibili in Venezuela

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Roma, 10 luglio 2019 – Centinaia di donne venezuelane in stato avanzato di gravidanza, e con gravi rischi per la loro salute e quella dei loro bambini, stanno raggiungendo il centro sanitario d’emergenza allestito da Save the Children al confine con la Colombia per ricevere le cure di cui hanno bisogno e che difficilmente possono trovare nel loro Paese a causa del sistema sanitario quasi al collasso.

A partire da aprile, quando la clinica dell’Organizzazione è entrata in funzione, 792 donne venezuelane sono state curate prima e dopo il parto. In molti casi si tratta di donne che al secondo o al terzo trimestre di gravidanza, anche in seguito a complicazioni legate ai lavori faticosi che svolgevano in Venezuela, hanno dovuto affrontare il rischioso viaggio per raggiungere la Colombia, spesso dovendo lasciare a casa le proprie famiglie e senza avere un posto dove stare una volta giunte a destinazione.

Secondo Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – delle donne giunte in clinica, più del 60% aveva gravidanze ad alto rischio, con più della metà affette da anemia a causa della mancanza di cibo nutriente e a prezzi accessibili in Venezuela, Paese abbandonato già da più di 4 milioni di persone in seguito ai tumulti politici ed economici.

Per altre donne e ragazze, invece, i rischi derivano dalle malattie sessualmente trasmissibili, come sifilide e infezioni da papilloma virus. In Venezuela, del resto, l’inflazione è cresciuta di oltre 1 milione per cento impedendo, negli ultimi cinque anni, alla maggioranza della popolazione di potersi permettere l’acquisto della gran parte dei contraccettivi.

“Quello che sta succedendo in Venezuela ci ha colpito molto duramente. Separarci dalle nostre famiglie non è affatto facile e ora non abbiamo più lacrime da versare. Ho dovuto lasciare il mio Paese durante la gravidanza perché lì non potevo avere le cure necessarie e non avevo abbastanza risorse. Ma sono molto triste perché a causa di quello che succede in Venezuela non posso prendermi cura dei miei bambini – è la testimonianza di Ana, 26 anni, che è andata in Colombia al settimo mese di gravidanza, lasciando a casa le sue due bambine – Appena sono arrivata sono stata ricoverata perché la mia era una gravidanza ad alto rischio. Avevo i calcoli ai reni e livelli di emoglobina molto bassi. Grazie a Dio mi hanno fatto una trasfusione e ho ricevuto tutte le cure di cui avevo bisogno”.

Per rispondere ai bisogni sempre più grandi, la clinica di emergenza di Save the Children si è dotata anche di una unità per la salute sessuale e riproduttiva a Macao, vicino al confine con Il Venezuela, che fornisce cure pre e post-natali, servizi di salute mentale, supporto ai sopravvissuti di violenze di genere e trattamenti per malattie sessualmente trasmissibili.

“Circa un quinto di tutte le donne incinte che incontriamo nel nostro centro sono ragazze che hanno meno di 18 anni e che per arrivare qui in molti casi hanno dovuto lasciare quasi tutto quel che avevano, documenti compresi. Ciò significa che il loro accesso all’assistenza sanitaria è estremamente limitato, e questo non fa che aggravare ulteriormente i rischi per loro stesse e per i loro bambini non ancora nati. Parliamo di donne e bambini fortemente vulnerabili, che oltre a non ricevere l’assistenza sanitaria necessaria, spesso non possono avere cibo nutriente o un posto sicuro dove vivere”, ha affermato Maria Paula Martinez, Direttrice di Save the Children in Colombia.

“Chiediamo pertanto al governo colombiano di destinare maggiori risorse ai bambini migranti provenienti dal Venezuela, garantire l’accesso a servizi sanitari di qualità e promuovere il rispetto dei diritti dei migranti venezuelani”, ha concluso Maria Paula Martinez.

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