Uno studio dimostra che anche la genetica influenza l’esito del trapianto di fegato

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I pazienti affetti da epatite HCV con certe caratteristiche genetiche hanno un maggior rischio di fallimento del trapianto

medici-chirurghi-in-sala-operatoriaTorino, 23 giugno 2016 – È ben noto che la probabilità di successo di un trapianto possa dipendere dalla qualità del Centro, dall’esperienza del team dei chirurghi e dal numero dei trapianti che ogni anno vengono eseguiti. Sotto questo aspetto, il Centro di Trapianti di Fegato universitario dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino – diretto dal prof. Mauro Salizzoni – offre le migliori garanzie: dal 1990 sono ormai 2837 i trapianti effettuati, con una probabilità di successo a 5 anni pari all’80%.

Proprio da questo Centro proviene un interessante studio che dimostra come anche alcune caratteristiche genetiche possano influenzare l’esito del trapianto di fegato. Lo studio (Antonio Amoroso – Renato Romagnoli), appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Transplant International”, analizza l’esito di circa mille trapianti di fegato, seguiti per un periodo di almeno 10 anni. In particolare lo studio si concentra sui pazienti che hanno ricevuto un trapianto perché affetti da cirrosi dovuta all’infezione del virus C dell’epatite (HCV). Questi rappresentano circa il 40% di tutti i trapianti analizzati, e per essi l’esito del trapianto è meno buono, a causa della recidiva dell’infezione sul nuovo fegato – cosa peraltro già nota.

La novità dello studio consiste nell’aver identificato che è soprattutto un sottogruppo di questi pazienti ad essere particolarmente svantaggiato: è la combinazione di 2 varianti genetiche che facilita la reinfezione e la perdita precoce del trapianto. La ricaduta di questo studio consentirà di attuare contromisure per questi pazienti particolarmente svantaggiati, come ad esempio il tempestivo trattamento con i nuovi farmaci anti-HCV ad azione diretta.

fonte: ufficio stampa

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