Piccoli medici d’urgenza crescono. I bambini imparano il soccorso cardiaco a 10 anni

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ESC Congress 2016: il 3,5% dei decessi per arresto cardiaco in bambini con meno di 8 anni

rianimazioneRoma, 27 agosto 2016 – La Morte Cardiaca Improvvisa (MCI) colpisce individui di qualsiasi età e, per definizione, in condizioni di apparente buono stato di salute. Di essi, il 7% ha meno di 30 anni.

“I bambini vengono considerati dalla maggior parte delle persone come vittime poco probabili di arresto cardiaco – spiega Leonardo Bolognese, direttore Cardiologia ospedale di Arezzo e ESC Local Press Coordinator – ma la realtà è diversa: i dati ci dicono che il 3,5% dei deceduti per arresto cardiaco ha meno di 8 anni. Le cause sono traumi toracici (commotio cordis) o a condizioni difficilmente diagnosticabili (come la sindrome del QT lungo e la cardiomiopatia ipertrofica) che possono interessano, secondo la letteratura, sino ad un bambino su 500”.

In caso di arresto cardio-circolatorio, il trattamento deve essere instaurato entro 3-5 minuti: in assenza di una pronta ripresa del ritmo cardiaco, infatti, alla cessazione della circolazione sanguigna consegue inevitabilmente il danno cerebrale. Poiché la finestra temporale disponibile è ben più ristretta dei tempi medi di arrivo dei soccorsi (che in Italia sono di 12-15 minuti) e che molti istituti scolastici contano più di 2.500 studenti, dotare ogni scuola di un defibrillatore DAE semiautomatico esterno è l’unico modo efficace per assicurarsi che i bambini colpiti da questa patologia ricevano un trattamento adeguato in un tempo congruo per salvare la vita al piccolo paziente.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo European Resuscitation Council e l’American Heart Association enfatizzano l’importanza dell’educazione alla rianimazione nelle scuole. Al momento, a causa di mancanza di evidenza, l’insegnamento delle abilità di compressione del torace sono attualmente limitate a ragazzi di 13 anni di età in su. Quindi i ricercatori del Dipartimento di Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Universitario di Vienna – aggiunge Franco Romeo, direttore Cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma e ESC Local Press Coordinator – hanno esaminato per la prima volta l’impatto di fattori come l’età e il sesso sulla motivazione e l’interesse nelle procedure di rianimazione in un gruppo di ragazzini molto giovani.

Sono stati 322 i piccoli volontari di età compresa tra gli 8 e 13 anni gli inclusi in questo trial randomizzato e controllato in singolo cieco: tutti i bambini hanno ricevuto un training sulle procedure di primo soccorso di base somministrato a piccoli gruppi, in cui sono stati usati due manichini identici, ma con differenti resistenze toraciche: il gruppo di controllo operava su un manichino su resistenza standard di 45 kg, mentre il gruppo di intervento operava su una resistenza base più bassa pari a 30 kg. Dopo il training, a ciascun bambino è stato somministrato un questionario di sei domande con quattro possibili risposte che valutavano il divertimento e l’interesse per l’attività svolta, se il training era stato facile per loro, come giudicavano la propria performance e se pensavano che avere competenze nella rianimazione fosse importante per loro.

Dei 322 piccoli partecipanti l’età media era 10 anni e il peso corporeo 40 kg: il 98% nel gruppo di intervento e il 99% in quello di controllo hanno dichiarato di essersi divertiti nell’attività. L’89% dichiarava che sarebbe stato molto contento di imparare di più in futuro, il 99% era interessato o molto interessato e il 96% riteneva di aver fatto delle compressioni toraciche buone o molto buone, mentre era convinto della bontà della propria prestazione il 93% del gruppo di controllo. Inoltre, l’80% dei ragazzi aveva giudicato facile o molto facile effettuare le compressioni toraciche ritenendo inoltre che fosse importante sapere cosa fare per aiutare qualcuno in caso di emergenza. I risultati mostrano quindi che questo tipo di esperienza può essere molto coinvolgente per i bambini mentre imparano le basi del primo soccorso cardiaco.

Negli Stati Uniti corsi di primo soccorso sono in auge già dagli anni 70 per il personale scolastico e dal 2000 per gli studenti, che hanno permesso di salvare oltre il 75% delle persone (adulti, ragazzi e bambini) colpite da infarto. Le stime dicono che solo circa il 2% dei bambini colpiti da arresto cardiaco nelle scuole vengono strappati alla morte ed è per questo che un gruppo di volontari è riuscito a far approvare in Italia una legge per l’inserimento nelle scuole dei corsi di primo soccorso.

“Il fine è quello di ridurre drasticamente le morti per soffocamento da cibo e per arresto cardiaco, proprio come è successo a Seattle – spiega Michele Gulizia, direttore Cardiologia Ospedale Garibaldi di Catania e ESC Local Press Coordinator – Nell’ultima riforma della scuola è stata inserita una norma che obbliga le scuole a insegnare, non soltanto agli operatori scolastici, ma anche ai bambini dall’asilo fino ai ragazzi delle superiori, come intervenire in caso di urgenza. Il c.d. Decreto Balduzzi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 20 luglio 2013, regolamenta (art. 7 comma 11) l’utilizzo dei defibrillatori, ampliando l’obbligo di dotazione di un defibrillatore alle società sportive sia professionistiche che dilettantistiche”.

fonte: ufficio stampa

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