L’America premia la ricerca italiana in oftalmologia

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Premio USA allo studio di Fondazione Banca degli Occhi che insegna come conservare le cornee. Premiato il ricercatore Mohit Parekh e l’équipe del progetto vincitore, distribuita tra Venezia, Londra e Liverpool

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Venezia, 14 luglio 2017 – Ricerca italiana poco attrattiva, sempre orfana di cervelli esteri, in debito di fondi e impoverita dai ricercatori nostrani in fuga? Ecco un segno di controtendenza. Arriva dall’America in queste calde giornate estive una ventata d’aria fresca: è il riconoscimento che l’America ha rivolto al lavoro di un giovane ricercatore di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus, Mohit Parekh, su un insieme di tecniche di preparazione delle cornee da donatore, finalizzato a quella che la comunità scientifica identifica oggi come la più innovativa tecnica di trapianto, denominata DMEK.

Il prestigioso premio “Richard Lindstrom Research Grant”, che oltre al riconoscimento garantisce anche una quota di finanziamento di circa 5.000 dollari, è stato assegnato giusto pochi giorni fa dalla Eye Bank Association of America (EBAA) al lavoro di Mohit Parekh, ricercatore indiano di 29 anni.

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Dott. Mohit Parekh

Originario di Mumbai (India), Parekh lavora in Fondazione Banca degli Occhi del Veneto presso i laboratori del suo centro ICOP (International Center of Ocular Physiopathology) dal 2011. Dopo un periodo di studio presso l’Institute of Human Genetics, International Centre for Life di Newcastle (UK), Mohit Parekh è approdato ai laboratori veneziani attraverso una selezione promossa dalla rivista internazionale Nature Jobs, insieme ai colleghi della Banca degli Occhi del Veneto ha ‘collezionato’ in questi anni almeno 27 pubblicazioni su importanti riviste internazionali.

Con lui, a meritare il riconoscimento made in USA, i colleghi della Banca degli Occhi veneziana Alessandro Ruzza e Stefano Ferrari, insieme agli altri due componenti del gruppo internazionale di lavoro che ha guidato la ricerca, entrambi all’opera nel Regno Unito: Vito Romano del Moorfields Eye Hospital di Londra e il prof. Stephen Kaye dell’Università di Liverpool e del Royal Liverpool University Hospital.

Il lavoro portato avanti da questo gruppo ha come scopo quello di verificare come il tempo e le modalità di conservazione della cornea, in particolare delle sue cellule endoteliali che costituiscono il sottile lembo interno del tessuto, possano incidere sulla riuscita del trapianto soprattutto nel caso dell’innesto dei cosiddetti lembi ‘pre-caricati’ per trapianto con tecnica DMEK, tecnica che rappresenta la vera sfida sul piatto della Banca degli Occhi in questo momento.

Il sottilissimo lembo viene già separato all’interno dei laboratori della Banca degli Occhi, per essere poi introdotto in un congegno ideato dai ricercatori e dai tecnici veneziani, che permette con un rapido gesto del chirurgo l’inserimento nell’occhio del paziente. Un’operazione che sembra rapida e semplicissima, ma che richiede in realtà un gesto tecnico chirurgico di grande esperienza e manualità, per evitare che il sottile strato di tessuto non finisca per arrotolarsi, perdersi o danneggiarsi, vanificando il trapianto.

Perché questa operazione vada a buon fine, occorre però che la precedente conservazione del tessuto in banca segua dei rigidi standard di temperatura, con specifici liquidi di nutrimento delle cellule e con un’attenzione ai tempi di conservazione che, per questo tipo di intervento, non possono superare i 4 giorni. È su questo che il gruppo di ricercatori potrà portare avanti il suo lavoro, forte del sostegno e del riconoscimento arrivati da oltreoceano.

Intanto, la produzione scientifica della Fondazione veneziana non si ferma nemmeno su altri fronti. Solo nel 2016, sono stati pubblicati 26 lavori scientifici nel campo del trapianto di cornea ma anche nell’ambito della terapia cellulare e delle sue applicazioni alle malattie rare dell’occhio.

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