Coronavirus, tampone orale o Drive Thru per effettuare il test. Nursing Up a Sileri: “Possiamo farlo noi, autorizzateci”

Dott. Antonio De Palma

Roma, 27 marzo 2020 – Si fanno pochi test per il personale sanitario, tra cui si contano 6.205 contagiati, e monta la rabbia degli infermieri impegnati in trincea contro il Coronavirus, che avrebbero diritto a controlli continui per sentirsi meno a rischio e svolgere con serenità i loro compiti di presa in carico e cura dei pazienti. Per questo il sindacato Nursing Up lancia un’iniziativa a vantaggio di tutti gli infermieri che sono in grado di effettuare il tampone da soli, e contestualmente chiede al viceministro Pierpaolo Sileri di autorizzarla. Soprattutto in un momento terribile come quello che stanno vivendo in queste ore, dopo che sono stati resi noti i numeri che li riguardano da vicino: oltre 20 vittime e 3.226 infermieri positivi al Covid-19, cioè ben il 52% del totale degli operatori infetti.

“Se non tutte le aziende sanitarie sono in grado di garantirci la doverosa protezione quando ci destinano a reparti Covid-19, ai tamponi possiamo pensarci noi stessi. Devono solo autorizzarci a consegnarli ai laboratori pubblici e/o privati che ci indicheranno, ma per fare tutto questo il Ministero, anche attraverso le regioni, dovrebbe indicare alle aziende sanitarie di dare priorità agli screening degli operatori sanitari, come più volte abbiamo chiesto. Siamo professionisti sanitari e dunque abilitati a fare questo tipo di prelievo, sia che si tratti di un tampone per via orale, sia di un campione prelevato con la tecnica Drive Thru, cioè attraverso una gocciolina di sangue dal dito. Potremmo utilizzare proprio quest’ultima tecnica, da alcuni considerata più rapida e sicura. Possiamo farlo in autonomia o tra colleghi, ad esempio prima di assumere servizio o dopo”. Così Antonio De Palma, presidente Nursing Up, annuncia l’iniziativa.

“L’esame non costa molto, indipendentemente dalla tecnica usata – prosegue De Palma – il Drive Thru dovrebbe essere in grado di fornire risultati nel giro di 10-15 minuti, basandosi sulla presenza di anticorpi capaci di evidenziare se una persona ha in corso o se ha avuto un’infezione da Covid-19. Se adottassero questo metodo su vasta scala, se partecipassero anche i medici, risolveremmo gran parte del problema dei positivi asintomatici tra gli operatori sanitari impegnati nel contrasto al virus”.

Il sindacato è pronto a dare il suo contributo per dare una mano agli infermieri che rischiano in prima linea. “Ai colleghi che si fossero sottoposti al test – suggerisce De Palma per snellire le procedure – potrebbe essere comunicato il risultato via sms, per esempio”.

Ci risulta che, nonostante i proclami degli ultimi giorni che assicuravano il test per tutti i sanitari, vi sono ancora posti dove ancora nessuno procede nei fatti. Molti infermieri che operano in strutture Covid-19 e/o correlate non sono stati sottoposti a tampone, e questa potrebbe essere una prima risposta. La procedura per l’effettuazione del tampone è una pratica quotidiana per i professionisti sanitari: di qui l’idea di autogestirla, quando le aziende non sono in grado di garantirla d’ufficio.

“Ma tuttavia non possiamo esaminare i tamponi – spiega il presidente Nursing Up – quindi c’è bisogno di farlo effettuare da un laboratorio di analisi. La posta in ballo è la salute e quindi, come sindacato, siamo disposti anche ad accollarci il costo dei tamponi, visto che all’effettuazione del test in laboratorio è tenuta a provvedere l’azienda. Lo faremmo volentieri per i nostri infermieri, ma anche per altri colleghi fin dove potremo, e quindi non solo per i nostri iscritti. Per il bene dell’intera cittadinanza”.

Il Nursing Up, dopo oltre 20 anni di attività sindacale, dispone di una rete capillare di referenti territoriali e intende raccogliere il grido d’allarme di migliaia di professionisti terrorizzati.

“Non è giusto lavorare in queste condizioni – conclude De Palma – i dati odierni della Fnopi indicano oltre 3.200 infermieri contagiati e la tragica conta di più di 20 colleghi che hanno perso la vita. Forse si sarebbero potuti salvare con una diagnosi tempestiva. Alcuni di noi sono esausti e cominciano ad accusare il colpo, si ammalano di patologie da stress nel dubbio di aver contratto il virus e di essere vettori della malattia. La sindrome post traumatica ha già colpito fino a togliersi la vita colleghe che si sono distinte sul campo per abnegazione e competenza. Anche il burnout è un problema grave e per arginarlo abbiamo attivato uno sportello di assistenza psicologica. Ma non basta, ora sentiamo che è arrivato il momento di agire”.

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