Alzheimer, contrastare l’emarginazione sociale legata alla malattia

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anziani-coppia-medicoMilano, 13 settembre 2016 – “Ricordati di me: dalla ricerca medico scientifica alle Comunità amiche delle persone con demenza” è il titolo del convegno, a ingresso gratuito, organizzato oggi a Milano, presso Palazzo Reale, dalla Federazione Alzheimer Italia in occasione della XXIII Giornata Mondiale Alzheimer.

Celebrata in tutto il mondo il 21 settembre, la Giornata rappresenta il culmine del Mese Mondiale Alzheimer, ideato 5 anni fa da Alzheimer’s Disease International (ADI) con l’obiettivo di contrastare l’emarginazione sociale legata alla malattia.

Il titolo dell’incontro riprende la campagna internazionale di sensibilizzazione “Remember me”, che focalizza in particolare l’attenzione sui ricordi delle persone con demenza, così importanti da non perdere.

Dopo un saluto istituzionale da parte di Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano e di Giuliana Bensa, presidente di ASP Golgi Redaelli, Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, apre i lavori dichiarando con orgoglio che il convegno di oggi ha ricevuto come premio di rappresentanza la medaglia del Presidente della Repubblica.

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Marco Trabucchi, Gabriella Salvini Porro, Antonio Guaita

La presidente avvia poi la prima parte del convegno, che si concentra sugli sviluppi delle ultime ricerche medico scientifiche, per fare il punto insieme a medici ed esperti noti a livello internazionale su quanto è stato fatto a livello locale e mondiale sulla demenza, e per aggiornare i familiari dei malati, gli operatori del settore e tutti coloro che partecipano all’incontro.

Philip Scheltens, professore di neurologia e direttore del Centro Alzheimer – VU University Medical Center di Amsterdam, illustra l’approccio olandese nella lotta alla demenza. Lanciato nel 2011, il Piano Nazionale Demenze olandese, chiamato “Deltaplan Dementia”, è stato avviato con fondi statali ed è ora sostenuto da enti sia pubblici che privati. Il Piano si basa su tre pilastri, con l’obiettivo di diminuire la diffusione della malattia, ridurre il costo sociale della demenza, sostenere la ricerca e migliorare le cure e l’assistenza per i malati.

Il primo pilastro è costituito da un portale nazionale di e-health, affinché malati, familiari e tutti i cittadini interessati possano accedere alle informazioni utili dal proprio computer di casa; il secondo è rappresentato da un programma di registrazione nazionale di tutti coloro ai quali è stata diagnosticata la demenza; il terzo è un programma di ricerca che aiuta sia i malati di oggi che quelli di domani, indagando sulle cause e i meccanismi della malattia, migliorando la diagnosi, il trattamento e la prevenzione e garantendo la migliore assistenza e cura possibile.

“Possibile prevenzione del declino cognitivo” è il titolo dell’intervento di Claudio Mariani – ordinario di Neurologia, Università degli Studi di Milano e direttore Unità di Neurologia, Ospedale Sacco di Milano – che si concentra sul deterioramento cognitivo lieve (MCI), considerato spesso uno stadio di pre-demenza, e sulla descrizione dei “fattori protettivi” (cioè le condizioni che contribuiscono a rallentare il declino mentale, come l’attività mentale e fisica) e dei “fattori di rischio” (che invece accelerano il declino mentale, favorendo l’evoluzione da MCI a demenza). Affrontare la problematica della prevenzione del declino mentale significa sia affinare la diagnosi sempre più precoce di MCI, sia sensibilizzare la popolazione a ridurre il più possibile l’esposizione ai fattori di rischio, promuovendo parallelamente l’esposizione ai fattori protettivi.

Marco Trabucchi – ordinario di Neuropsicofarmacologia, Università Tor Vergata di Roma, direttore scientifico Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, presidente Associazione Italiana di Psicogeriatria – parla della condizione di solitudine della persona affetta da demenza e della sua famiglia. La malattia, infatti, impone al malato e al caregiver uno stile di comportamento che riduce i contatti sociali; dall’altra parte, anche la comunità tende ad assumere atteggiamenti di lontananza, non sempre dovuti a disinteresse ma a imbarazzo, ritrosia, incertezza. È per questo fondamentale sviluppare una cultura della solidarietà, che creda fermamente nel valore della relazione, perché “nessuno può rialzarsi, proteggersi e riscaldarsi da solo”.

La seconda parte del convegno si concentra sul primo progetto in Italia di Dementia Friendly Community, ideato dalla Federazione Alzheimer in collaborazione con la Fondazione di Ricerca Golgi Cenci, l’ASP Golgi Redaelli, l’Associazione Italiana di Psicogeriatria (A.I.P.), il Comune di Abbiategrasso e la ASST Ovest Milanese. La Federazione Alzheimer ha infatti individuato in Abbiategrasso la città ideale per avviare questo progetto pilota. Alle porte di Milano si organizza quindi la prima “Comunità amica delle persone con demenza”, che significa rendere partecipe tutta la popolazione, le istituzioni, le associazioni, le categorie professionali per creare una rete di cittadini consapevoli che sappiano come rapportarsi alla persona con demenza per farla sentire a proprio agio nella sua comunità. Si prospetta quindi l’avvio di un processo di cambiamento sociale che possa rendere la città, con i suoi spazi, le sue iniziative, le sue relazioni sociali pienamente fruibile senza escludere e isolare le persone con demenza.

Se ne parla con Pierluigi Arrara, sindaco di Abbiategrasso, città accogliente e con un forte senso della solidarietà, dove è concretamente possibile l’integrazione dei malati e dei loro familiari. Con orgoglio riferisce: “La mia speranza è una comunità in cui i deboli e i forti si sostengano, in cui ciascuno trovi il suo posto, in cui ci si aiuti a superare i momenti difficili”.

Il geriatra Antonio Guaita, direttore della Fondazione Golgi Cenci, precisa il programma tecnico-scientifico e gli obiettivi del progetto di Dementia Friendly Community ad Abbiategrasso, sottolineando che la scommessa non è creare nuovi servizi per i malati, ma è trasformare alcuni aspetti cruciali della vita normale di una comunità cittadina per renderli fruibili da parte dei residenti affetti da demenza. Il programma è quindi quello di realizzare un’esperienza sperimentale ma riproducibile, che sia in grado di misurare i risultati dell’intervento.

Le azioni del progetto si sviluppano secondo due linee parallele: da un lato ci sono le iniziative di ascolto e sostegno ai malati e alle loro famiglie, dall’altro la promozione della conoscenza dei problemi di questa patologia e di che cosa si può fare per contribuire a migliore la vita dei malati da parte dei molti soggetti presenti e delle molte situazioni da loro fruibili (dalla polizia locale, alla biblioteca, ai commercianti), il tutto con il sostegno delle associazioni di volontariato, numerose nella città. Due esempi sono le iniziative già attuate: un questionario per i malati e le famiglie che ha indagato la percezione di ciò che c’è e che manca nel territorio, e un corso per la polizia locale.

La presidente della Federazione Alzheimer Italia, Gabriella Salvini Porro, spiega ciò che l’ha portata a ideare il progetto italiano di “Comunità amica delle persone con demenza”, basato su un protocollo messo a punto in Gran Bretagna dall’Alzheimer’s Society, pioniera dell’organizzazione di Dementia Friendly Community in Europa, che ha scelto appunto la Federazione Alzheimer come interlocutore unico per l’Italia. “Abbiamo scelto Abbiategrasso come pilota di Dementia Friendly Community perché è una città con una forte identità e a misura di cittadino. Con i suoi 32mila abitanti – di cui 600 con problemi cognitivi – si situa alle porte di Milano, eppure non può essere definita come semplice periferia di una grande città: chi vive ad Abbiategrasso partecipa e condivide la vita dell’intera comunità”.

La presidente Salvini Porro chiude il suo intervento assicurando che entro fine mese sarà presentato il nuovo Rapporto Mondiale Alzheimer, che annualmente illustra e aggiorna lo stato dell’arte dell’Alzheimer nel mondo e suggerisce le linee guida che le associazioni e i governi nei singoli Paesi possono seguire per affrontare la malattia. Il Rapporto Mondiale è stilato da ADI, che lo affida alla Federazione Alzheimer per la diffusione in Italia. Il Rapporto 2016 si concentra sui percorsi di cura comparando Paesi ad alto e basso reddito.

fonte: ufficio stampa

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