Individuati i più potenti fattori predittivi di malattia renale nei pazienti con diabete mellito di tipo 2

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I ricercatori del Gruppo Annali dell’Associazione Medici Diabetologi hanno identificato gli specifici fattori di rischio per la riduzione del filtrato glomerulare e per l’albuminuria, le due manifestazione di danno renale. Hanno, inoltre, dimostrato che il raggiungimento e il mantenimento di ottimali valori di pressione arteriosa impattano favorevolmente sulla prognosi renale dei pazienti. I due studi, pubblicati su Medicine e Journal of Hypertension, sono stati coordinati da Salvatore De Cosmo, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza

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San Giovanni Rotondo, 13 settembre 2016 – Uno studio condotto dai ricercatori del Gruppo Annali dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) su oltre 27.000 pazienti italiani affetti da diabete mellito di tipo 2, pubblicato dalla rivista Medicine, ha identificato i fattori di rischio specifici delle due manifestazione di danno renale: sesso femminile e trigliceridi sono i predittori più potenti di riduzione del filtrato glomerulare (FG). Sesso maschile, alti livelli di emoglobina glicosilata e bassi livelli di colesterolo HDL sono invece i predittori più significativi di albuminuria (aumentata escrezione di albumina nelle urine). In un’ulteriore pubblicazione, apparsa sul Journal of Hypertension, i ricercatori AMD hanno dimostrato che i pazienti che non riescono a mantenere valori di pressione arteriosa inferiori a 140/85 hanno un rischio aumentato di sviluppare malattia renale cronica.

La malattia renale cronica nei pazienti con diabete è la prima causa al mondo di insufficienza renale terminale con necessità di dialisi o trapianto renale oltre che un fattore di rischio indipendente di malattia cardiovascolare (infarto o ictus).

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Prof. Salvatore De Cosmo

“Lo studio prospettico, ottenuto grazie all’analisi del database degli Annali AMD cui partecipano la gran parte dei centri di diabetologia italiani, aveva l’obiettivo di indagare i fattori di rischio che condizionano lo sviluppo di danno renale, per indicare al diabetologo su quali variabili cliniche concentrare il suo intervento preventivo o terapeutico affinché il paziente sia protetto dallo sviluppo di questa complicanza”, sottolinea Salvatore De Cosmo, direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e della Struttura Complessa di Medicina Interna-Endocrinologia dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che ha coordinato lo studio.

“I risultati – prosegue De Cosmo – hanno mostrato che il 33% dei pazienti (senza manifestazioni di danno renale al baseline), dopo 4 anni ha sviluppato la complicanza, il 10% con riduzione del filtrato glomerulare, il 18% con albuminuria e il 4.5% con entrambe le manifestazioni. È emerso che, a parte un set di fattori di rischio condiviso dalla riduzione del FG e dall’albuminuria, come l’età, l’incremento di peso corporeo, la dislipidemia, l’intensità del trattamento antipertensivo e ipoglicemizzante, vi sono fattori di rischio peculiari per la singola manifestazione di danno renale. Il sesso femminile e i livelli dei trigliceridi erano predittori più potenti di riduzione del FG, mentre il sesso maschile, più alti livelli di emoglobina glicosilata (espressione di scompenso del diabete) e più bassi livelli di colesterolo HDL erano predittori più potenti di albuminuria. Queste nuove evidenze suggeriscono che riduzione del FG e albuminuria individuano due differenti meccanismi patogenetici, e quindi il controllo di queste due condizioni necessita di due approcci differenti e possibilmente complementari”.

Il lavoro pubblicato sul Journal of Hypertension ha invece indagato l’effetto del controllo della pressione arteriosa sull’incidenza di malattia renale cronica nel diabete tipo 2. “Anche questo studio è stato condotto nel corso di 4 anni di follow-up in pazienti diabetici e ipertesi afferenti ai centri antidiabetici AMD”, illustra Roberto Pontremoli dell’Università degli Studi IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino-IST di Genova. “Mentre è risaputo che la terapia antipertensiva è in grado di ritardare lo sviluppo e la progressione della temibile complicanza renale del diabete, non erano fino ad oggi disponibili dati sull’incidenza di malattia renale cronica derivanti da ampie casistiche di pratica clinica ‘real life’. Nello studio è stato valutato l’andamento della funzione renale in base al controllo pressorio nel tempo. È stato dimostrato come i pazienti che non riuscivano a mantenere valori di pressione arteriosa entro 140/85 avessero un rischio aumentato di sviluppare malattia renale cronica e, nello specifico, mostrassero una maggiore riduzione dei valori di Filtrato Glomerulare e un aumento dell’albuminuria rispetto ai pazienti con buon controllo pressorio. Questi risultati sono di notevole importanza pratica per i medici e per i pazienti diabetici perché dimostrano che il raggiungimento e il mantenimento di ottimali valori di pressione arteriosa, ottenibili con associazioni di farmaci a basso costo e ormai ampiamente utilizzati nella pratica clinica, è in grado di impattare favorevolmente sulla prognosi renale dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 e ipertensione”.

fonte: ufficio stampa

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