Ricostruita in 3D la camera magmatica dello Stromboli

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Definita per la prima volta la geometria della camera magmatica superficiale del vulcano Stromboli, localizzata tra 2 e 4 km di profondità, grazie alle immagini acquisite con tecniche tomografiche. I risultati dello studio, condotto da INGV, sono stati pubblicati sul Geophysical Research Letters

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Vulcano Stromboli

Roma, 31 maggio 2017 – Una tomografia ad alta risoluzione dello Stromboli ha permesso di definire, con precisione, il sistema di alimentazione e la geometria della camera magmatica. A metterla a punto, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – Osservatori Etneo e Vesuviano, Centro Nazionale Terremoti. Lo studio è stato pubblicato sul Geophysical Research Letters.

“Il progetto – spiega Domenico Patanè, dirigente di ricerca dell’INGV-OE – è nato dalla necessità di conoscere meglio la struttura interna del vulcano per cercare di definire il sistema di alimentazione e provare a individuare la camera magmatica. Per l’occasione sono state installate sull’isola 20 stazioni sismiche temporanee, in aggiunta alle 13 della rete sismica permanente, integrate da 10 sismometri da fondo marino (Ocean-Bottom Seismometers, OBS), che hanno permesso, per la prima volta, l’esplorazione della parte sottomarina del vulcano”.

“Il sistema di monitoraggio e sorveglianza geofisico e geochimico dello Stromboli negli ultimi anni è stato notevolmente potenziato dall’INGV, soprattutto a seguito della crisi eruttiva del 2002-2003, con lo tsunami del 30 dicembre 2002 e con l’evento parossistico del 5 Aprile 2003”, prosegue Patanè.

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Modello schematico 3D della struttura interna dello Stromboli

Alla realizzazione di una rete sismica più densa, all’installazione di nuove stazioni di misura delle deformazioni del suolo (GPS) e di stazioni geochimiche, sono seguiti diversi studi e ricerche per la mitigazione del rischio vulcanico.

Tra questi, il primo esperimento sismico di tomografia che si inserisce nell’ambito della convenzione quadro con il Dipartimento di Protezione Civile (DPC-INGV 2004-2006), condotto alla fine del 2006.

“Come in altri studi di tomografia sismica condotti in area vulcanica (es. Etna, Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano) anche allo Stromboli sono state ottenute delle immagini sismiche – aggiunge il dirigente di ricerca dell’INGV – che sono analoghe a quelle acquisite da una scansione medica CT scan ma dove, al posto dei raggi X, vengono utilizzate le onde sismiche per distinguere corpi rocciosi a diversa densità. Le onde sismiche si propagano più velocemente attraverso la roccia fredda, e più lentamente attraverso la roccia calda o parzialmente fusa”.

La ricerca ha integrato i dati acquisiti a bordo della nave oceanografica Urania del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) durante la campagna scientifica del 2006, svolta in collaborazione con Istituti di Scienze Marine e per l’Ambiente Marino Costiero del CNR, Dipartimento di Scienza della Terra dell’Università di Firenze e Instituto Andaluz de Geofísica, Universidad de Granada (Spain), con registrazioni di eventi sismici locali della rete permanente.

“Si è potuto definire, per la prima volta – afferma Patané – la geometria della camera magmatica superficiale dello Stromboli, localizzata tra 2 e 4 km di profondità sotto il livello del mare, che si estende dall’isola sino allo Strombolicchio. Il Faraglione Strombolicchio rappresenta il “camino centrale” (neck) dell’antico vulcano emerso circa 200.000 anni fa a nord-est dell’isola attuale dello Stromboli, oggi quasi totalmente eroso dagli agenti esogeni. Le immagini sismiche mostrano il suo sistema di alimentazione più profondo che collega la camera magmatica con il neck di Strombolicchio”.

In accordo con i più recenti studi geochimici e petrologici, “le immagini tomografiche mostrano due regioni anomale a diversa profondità con caratteristiche fisiche differenti, dove è contenuto il magma che in questo momento alimenta l’attività persistente dello Stromboli”, continua Patanè.

L’inclinazione, poi, del sistema di alimentazione attuale verso la Sciara del Fuoco potrebbe spiegare la propensione della stessa a generare frane di grandi dimensioni (come avvenuto nel 1930 e nel 2002), durante l’apertura di fratture eruttive, a seguito dell’aumento della pressione magmatica in questo settore già instabile del vulcano.

“Oggi grazie alle immagini tomografiche della crosta superficiale si dispone di un modello fisico 3D della struttura di velocità del vulcano e si conosce la geometria della camera magmatica. La conoscenza della struttura di velocità 3D del vulcano, oltre a poter essere utilizzata per migliorare le determinazione dei parametri di sorgente degli eventi sismici locali, potrà consentire in futuro una migliore modellazione dei fenomeni vulcanici, finalizzata agli studi di previsione dell’attività eruttiva”, conclude Patanè.

fonte: ufficio stampa

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