Pertosse, il ritorno di una malattia che fa paura e le strategie di prevenzione in Europa

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A cura della prof.ssa Paola Stefanelli, Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore Sanità (ISS)

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La pertosse è una malattia batterica che colpisce le vie respiratorie. Le manifestazione cliniche sono di entità variabile da molto lievi ad estremamente gravi specie nei neonati. Nei bambini piccoli e in particolare nel neonato, le complicanze più gravi sono costituite da otiti, polmoniti, bronchiti, emorragie congiuntivali, del naso e sub-durali con conseguenti danni neurologici (crisi convulsive, encefaliti). Ma anche negli adulti i dati raccolti a livello europeo suggeriscono un aumento dei casi di pertosse, fungendo da serbatoio di infezione per i bambini più piccoli.

Quando, circa 20 anni fa, i nuovi vaccini acellulari contro la pertosse si resero disponibili in tutto il mondo occidentale e la copertura vaccinale gradualmente aumentò si pensò che la pertosse non sarebbe stata più un problema. I vaccini acellulari risolvevano le preoccupazioni sugli eventi avversi legati al vaccino pertosse a cellule intere, e quindi finalmente si avevano a disposizione vaccini piuttosto efficaci e ben tollerati. In Italia, poi, la componente pertosse è stata aggiunta ai vaccini di routine (difterite e tetano) creando l’opportunità per raggiungere elevate coperture vaccinali.

Eppure non è finita. Di pertosse se ne parla ancora e di questa malattia si può anche morire. In alcuni Paesi è evidente un aumento dell’incidenza della malattia per diversi fattori concomitanti che fanno, ora, della pertosse una malattia infettiva re-emergente, se pur prevenibile da vaccinazione.

Nel nostro Paese è prevista una immunizzazione primaria nel primo anno di vita e una dose di richiamo all’età di 4-6 anni e successivamente durante l’adolescenza, a 14-16 anni. Purtroppo non sono disponibili dati routinari circa la copertura vaccinale in questi ultimi due gruppi di età, ma certamente questa popolazione non è omogeneamente raggiunta dalla vaccinazione contro la pertosse sul territorio italiano contribuendo alla circolazione del batterio.

Una delle questioni più discusse recentemente riguarda la durata dell’immunità che viene acquisita dopo la malattia naturale e dopo la vaccinazione. In entrambi i casi non è presente immunità permanente e la malattia naturale induce una protezione di lunga durata, stimata approssimativamente in 20 anni.

La pertosse quindi può tornare, anche se non si tratta di un evento frequente. La protezione indotta dalla vaccinazione, invece, ha durata più breve, stimata in un range che va da 4 a 10 anni. Questo fenomeno (detto waning immunity) che fa si che i soggetti più adulti si ammalino e spiega la circolazione della pertosse anche in Paesi con elevata copertura vaccinale.

In questo scenario sono gli adolescenti e i giovani adulti a perdere la protezione indotta dalla vaccinazione e a contribuire alla circolazione della pertosse. Inoltre, i neonati troppo piccoli per poter esser vaccinati, possono essere protetti attraverso la vaccinazione della mamma in gravidanza che può trasmettere gli anticorpi protettivi al nascituro.

Nei vari Paesi Europei si stanno implementando i sistemi di sorveglianza e di conferma di laboratorio per avere dati relativi al reale “burden” della malattia e si stanno portando avanti studi sulla natura dei ceppi circolanti che presentano numerose mutazioni relative ai componenti attualmente presente nei vaccini in uso.

L’Istituto Superiore di Sanità, per l’attività iniziata già negli anni’90 come coordinatore del trial per i vaccini acellulari antipertosse, ha maturato una esperienza più che decennale nella materia, ha il laboratorio di riferimento nazionale per la pertosse ed è attivamente coinvolto nelle attività sul territorio per la caratterizzazione dei ceppi di pertosse anche nell’ambito delle attività del network europeo di cui fa parte e coordinato da l’European Centre for Diseases Control di Stoccolma.

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