Nei centri diabetologici italiani 1 paziente su 2 accede al massimo livello di qualità delle cure

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Roma, 8 novembre 2018 – Cosa significa ricevere una diagnosi di diabete oggi in Italia? Che si tratti del tipo 1 o del tipo 2, un paziente che deve affrontare questa patologia e si rivolge alla rete di servizi diabetologici sul territorio nazionale, ha buone probabilità di ricevere le cure del miglior livello.

A delineare il quadro, l’Associazione Medici Diabetologi che, in occasione del IX Convegno Nazionale di Fondazione AMD, presenta i suoi nuovi Annali: fotografia dell’assistenza erogata a 455.662 pazienti (il 6% con diabete tipo 1 e il 91% con tipo 2), visitati nel corso del 2016, in 222 centri di diabetologia.

Rispetto all’ultima rilevazione del 2011, nonostante alcune zone d’ombra – ad esempio il controllo del piede diabetico e della retinopatia, e la registrazione delle complicanze – è costante il miglioramento su diversi fronti: nel monitoraggio della malattia e dei fattori di rischio cardiovascolare, nel numero di pazienti con valori adeguati di emoglobina glicata, colesterolo e pressione, e nell’impiego più appropriato dei farmaci. Un bilancio particolarmente significativo che, a pochi giorni dalla Giornata Mondiale del Diabete, colloca il nostro Paese tra quelli più virtuosi nella cura di questa patologia.

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Dott. Domenico Mannino

“La valutazione dell’assistenza, con una raccolta dati sempre più precisa e accurata, è un’intuizione che negli anni ha permesso ad AMD di fornire un contribuito unico e insostituibile all’innalzamento del livello qualitativo del Servizio Sanitario Nazionale in ambito diabetologico – commenta Domenico Mannino, Presidente AMD – La sfida a cui siamo chiamati per garantire il mantenimento e il miglioramento di tale livello, a fronte di un costante aumento del bisogno, ci spinge a sfruttare tutte le armi a disposizione: competenze e strumenti tecnologici che ci consentono di fare la differenza per la qualità di vita delle persone con diabete”.

Che cosa viene misurato
Dagli Annali AMD 2018 emerge come i diabetici italiani, sempre più anziani (soprattutto nel diabete di tipo 2, dove gli over 65 sono oltre 6 su 10), vengano monitorati con attenzione crescente in merito a diversi parametri. Ricevono, infatti, almeno una misurazione annuale per: emoglobina glicata (97% dei pazienti, sia di tipo 1, sia di tipo 2), profilo lipidico (69% dei pazienti DM1 e 72% dei pazienti DM2), pressione arteriosa (89% dei pazienti DM1, rispetto al 76% del 2011, e 90% di quelli DM2, rispetto al 77% del 2011) e funzione renale (valutata con creatininemia nel 73% dei pazienti affetti da DM1 e nell’81% di quelli affetti da DM2). Solo il 22% dei pazienti DM1 e poco più del 20% di quelli DM2, invece, sono stati sottoposti all’esame del piede diabetico (pur essendo una delle più gravi complicanze). E il fundus oculi viene esaminato nel 46% dei pazienti con DM1 e nel 36% dei pazienti con DM2.

Quali i target terapeutici da raggiungere
Incoraggianti anche i dati sul raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Sono “a target” per valori di emoglobina glicata (HbA1c ≤7%) il 28% dei pazienti tipo 1 e oltre il 50% di quelli tipo 2, mentre diminuiscono in entrambe le tipologie di pazienti le quote di coloro con HbA1c >8%. Per il colesterolo LDL, ancora oggi il principale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, il 49% dei pazienti DM1 e il 58% di quelli DM2 presentano valori di LDL-C inferiori a 100 mg/dl, come raccomandato dalle Linee Guida (Standard Italiani per la cura del diabete mellito, 2018).

Il 72% dei soggetti con DM1 e il 52% di quelli con DM2 mostrano valori a target per la pressione arteriosa sia sistolica sia diastolica (<140/90 mmHg). Sono obesi ancora il 40% dei pazienti con DM2 e il 12% di quelli DM1 che, inoltre, registrano un aumento dei soggetti in sovrappeso (BMI >27), quasi 1 su 3.

Non riescono ancora a smettere di fumare il 17% dei diabetici tipo 2 e il 26% dei diabetici tipo 1. Riportano danno renale con ridotto filtrato glomerulare (<60 ml/min) il 7% dei pazienti DM1 e il 26% di quelli DM2 (in netta crescita rispetto all’8% del 2011). Ciò è dovuto all’invecchiamento progressivo della popolazione e alla maggiore diffusione di ipertensione arteriosa.

Le terapie impiegate
In merito ai trattamenti, nel DM1 i soggetti che utilizzano il microinfusore sono quasi il 13%, mentre quelli che ricorrono alle iniezioni multiple sono l’87%. Nel DM2, il 5% dei pazienti non assume farmaci, il 61% impiega solo ipoglicemizzanti orali o altri farmaci iniettabili diversi dall’insulina e oltre il 30% utilizza insulina, da sola o in associazione. In particolare, 6 su 10 pazienti utilizzano metformina, mentre circa un quarto assume un secretagogo.

Seppur in calo, l’uso delle sulfaniluree e delle glinidi (che dovrebbe essere ridotto in favore di farmaci con meno effetti collaterali) è quindi ancora rilevante. Tra i nuovi farmaci, gli inibitori del DPPIV sono i più impiegati nel 2016 (18%).

La quota di soggetti non trattati con insulina nonostante valori di HbA1c > 9% (un fondamentale indicatore di inerzia terapeutica) si è ridotta significativamente dal 40% del 2011 al 27% del 2016. Oltre ai trattamenti specifici per il diabete, il 30% dei pazienti con DM1 e il 56% di quelli con DM2 seguono una terapia ipolipemizzante (soprattutto statine). In più, un terzo dei primi e il 70% dei secondi assumono antipertensivi.

Cura complessiva
Negli Annali AMD, la qualità di cura complessiva erogata dai servizi diabetologici viene misurata attraverso lo score Q, un punteggio tra 0 e 40 in grado di predire l’incidenza successiva di eventi cardiovascolari. A questo proposito, l’edizione 2018 mostra come oltre il 50% dei pazienti (rispetto al 40% del 2011), in entrambi i tipi di diabete, si collochi nella migliore fascia di punteggio, raggiungendo uno score Q >25 che equivale a livelli di cura complessiva adeguati. Mentre, sempre per entrambi i tipi di diabete, solo una minima parte dei pazienti (5%) presenta score Q <15, ovvero un rischio di evento cardiovascolare entro tre anni maggiore dell’80% rispetto ai soggetti con score Q >25.

Risultati di salute e qualità di vita
Un’importante novità di questa edizione degli Annali, rispetto a quelle precedenti, consiste nell’aver registrato alcuni dei dati di esito finale che ‘impattano’ più pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti, oltre a rappresentare il maggiore peso economico e sociosanitario della cura del diabete. Sul totale dei pazienti monitorati per retinopatia, il 39% di quelli con DM1 e il 22% di quelli con DM2 sono risultati affetti da questa complicanza. L’ulcera del piede interessa lo 0,9% dei pazienti di tipo 1 e 2. Si registrano amputazioni in proporzione analoga fra DM1 e DM2 (rispettivamente 0,7% e 0,6%). Anche per i soggetti in dialisi la prevalenza è molto bassa (0,3%, uguale per DM1 e DM2). È stato colpito da infarto del miocardio (IMA) lo 0,1% dei soggetti con DM1 e il 4% di quelli con DM2, ma è probabile che si tratti di una “sotto-registrazione”, in quanto i dati epidemiologici sulla prevalenza di IMA sono più elevati.

“Sia nel DM1 che nel DM2 si evidenzia un miglioramento dell’assistenza, con attenzione non solo al compenso glicometabolico ma a tutti i fattori di rischio cardiovascolare, una crescita della percentuale di soggetti a target e un più intensivo utilizzo dei farmaci – sottolinea Valeria Manicardi, Coordinatore del Gruppo Annali AMD – Questo si traduce in buoni risultati di score Q, che è in grado di predire lo sviluppo delle complicanze macro e micro-vascolari. Permangono, tuttavia, alcuni gap, come nella registrazione dei dati sugli esiti finali, soprattutto cardiovascolari. È necessario un ulteriore sforzo per registrare in modo più efficace le informazioni cliniche: un’attenzione maggiore alle complicanze potrebbe contribuire a un bilancio ancora più positivo degli esiti di cura, a beneficio dei pazienti. Gli Annali, infatti, non sono una misurazione fine a sé stessa, ma uno strumento di miglioramento della qualità dell’assistenza, perché se non misuri non conosci e se non conosci non puoi migliorare”.

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