Mortalità per Covid-19, più alta nei pazienti con disturbi mentali. Lo rivela uno studio internazionale

Milano, 16 luglio 2021 – Disturbi mentali preesistenti, in particolare disturbi psicotici, disturbi dell’umore, disturbi da uso di sostanze, disabilità intellettuali e disturbi dello sviluppo, possono costituire un fattore di rischio per un decorso più grave di Covid-19.

A confermare questa associazione è un team internazionale coordinato dalla dott.ssa Benedetta Vai e dal dott. Mario Gennaro Mazza, ricercatori dell’Unità di ricerca in Psichiatria e Psicobiologia clinica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, diretta dal prof. Francesco Benedetti, professore associato presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, con Livia J. De Picker, psichiatra dell’University Psychiatric Hospital Campus Duffel del Belgio.

I ricercatori, in una meta-analisi pubblicata su The Lancet Psychiatry hanno analizzato il rischio di mortalità da Covid-19, i tassi di ospedalizzazione e di ricovero in terapia intensiva nei pazienti affetti da disturbi mentali, mettendo in luce un maggior rischio di eventi severi associati al Covid-19 e quindi la necessità di approcci preventivi e mirati da parte delle autorità sanitarie verso questi individui.

La ricerca
Sono stati inclusi nella meta-analisi 23 studi che comprendevano una popolazione totale di 1.469.731 pazienti Covid-19 provenienti da 22 Paesi, in una finestra temporale che va da gennaio 2020 a marzo 2021. Di questi, 43.938 presentavano disturbi mentali quali disturbi psicotici, disturbi dell’umore, disturbi da uso di sostanze, disturbi d’ansia, disabilità intellettuali e disturbi dello sviluppo.

“Lo scopo primario è stato quello di analizzare i dati per determinare il rischio di mortalità legato al Covid-19 nei pazienti psichiatrici. Successivamente abbiamo valutato anche i rischi di ospedalizzazione e di ricovero in terapia intensiva in questi stessi pazienti” spiega la dott.ssa Vai.

Con la sola esclusione dei disturbi d’ansia, i risultati emersi hanno confermato che i pazienti con disturbi mentali, in particolare con disturbi psicotici e dell’umore, hanno un maggior rischio di mortalità per Covid-19, ma non di ricovero in terapia intensiva.

Le possibili cause
Il gruppo di ricercatori ha avanzato diverse ipotesi alla base dell’associazione tra disturbi mentali e un aumentato rischio di mortalità da Covid-19. Da una parte le alterazioni immuno-infiammatorie legate alle basi fisiopatologiche delle malattie psichiatriche, dall’altra una maggiore prevalenza di comorbidità (obesità, diabete, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari) e stili di vita poco salutari (dieta, inattività fisica, abuso di alcol e tabacco, disturbi del sonno), associati alle malattie psichiatriche e alla loro necessità di trattamento farmacologico, che possono portare a un decorso più rapido della malattia.

Inoltre, l’analisi mette in luce come l’aumento della mortalità accompagnato da ridotti tassi di ricovero in terapia intensiva potrebbe riflettere anche un minore accesso alle cure necessarie.

La necessità di un cambio di prospettiva
“Questi risultati supportano la necessità di approcci mirati per la gestione e prevenzione del Covid-19 nei pazienti con disturbi mentali” spiega il prof. Benedetti che a febbraio ha partecipato, insieme alla dott.ssa Vai, a uno studio a firma delle principali organizzazioni europee per la salute mentale, pubblicato anch’esso sulle pagine di The Lancet Psychiatry, nel quale fu chiesta un’azione coordinata per garantire a questi pazienti priorità vaccinale.

“Si evince l’importanza della presa in carico di questi pazienti e la necessità di una particolare attenzione della medicina del territorio per aiutarli ad accedere alla vaccinazione e alle terapie ospedaliere là dove necessarie” conclude il dott. Mazza.

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Mental Disorders and Risk of Covid-19 Related Mortality, Hospitalization and Intensive Care Unit Admission: A Systematic Review and Meta-Analysis – The Lancet Psychiatry 2021 – https://doi.org/10.1016/S2215-0366(21)00232-7

Benedetta Vai a,b*, Mario Gennaro Mazza a,c*, Claudia Delli Colli d, Marianne Foisellee, Bennett Allen f, Francesco Benedetti a,c, Alessandra Borsini g, Marisa Casanova Dias h,i, Ryad Tamouza e, Marion Leboyer e, Michael E. Benros j,k, Igor Branchi d, Paolo FusarPoli l,m, Livia J. De Picker o,n, †     *Contributed equally

a. Psychiatry & Clinical Psychology, Division of Neuroscience, IRCCS San Raffaele Scientific Institute, Milano, Italy.

b. Fondazione Centro San Raffaele, Milano, Italy

c. University Vita-Salute San Raffaele, Milano, Italy

d. Center for Behavioral Sciences and Mental Health, Istituto Superiore di Sanità, Rome, Italy.

e. University Paris Est Créteil, INSERM, IMRB, Translational Neuropsychiatry, AP-HP, DMU IMPACT, FHU ADAPT, Fondation FondaMental, F-94010, Créteil, France.

f. Center for Opioid Epidemiology and Policy, Department of Population Health, New York University Grossman School of Medicine, New York, New York, United States.

g. Stress, Psychiatry and Immunology Laboratory, Department of Psychological Medicine, Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience, King’s College London, UK.

h. Department of Psychological Medicine and Clinical Neurosciences, School of Medicine, Cardiff University, Cardiff, UK

i. Section of Women’s Mental Health, Institute of Psychiatry, Psychology, and Neurosciences, King’s College London, London, UK.

j. Copenhagen Research Centre for Mental Health, Copenhagen University Hospital, Denmark.

k. Department of Immunology & Microbiology, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, Denmark

l. Department of Psychosis Studies, Institute of Psychiatry, Psychology, and Neuroscience, King’s College London, United Kingdom.

m. Department of Brain and Behavioral Sciences, University of Pavia, Pavia, Italy

n. University Psychiatric Hospital Campus Duffel, Duffel, Belgium.

o. Collaborative Antwerp Psychiatric Research Institute, University of Antwerp, Antwerp, Belgium

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