L’Italia ingrassa. Metà della popolazione sopra i 18 anni è obesa o in sovrappeso

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L’Istituto Nazionale per la Chirurgia dell’Obesità – INCO presenta i dati della nuova ricerca GfK Italia sul fenomeno dell’obesità nel nostro Paese con un focus sul vissuto di medico e paziente

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Milano, 6 ottobre 2017 – INCO, Istituto Nazionale per la Chirurgia dell’Obesità del Gruppo ospedaliero San Donato, ha presentato i risultati inediti di una ricerca condotta da GfK Italia sul fenomeno dell’obesità nel nostro Paese.  Si tratta della prima indagine che mette a confronto due diversi punti di vista: quello del medico e quello del paziente obeso. L’indagine ha coinvolto 320 soggetti obesi adulti e 201 medici di medicina generale con un’età media di 61 anni e una lunga esperienza professionale (31 anni di attività media).

Nel 2015 l’indagine dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana” rendeva noto che più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) era in sovrappeso, mentre una persona su dieci era obesa (9,8%): ciò significa che il 45,1% dei soggetti di età ≥18 anni era in eccesso ponderale.

Oggi, dalla ricerca GfK Italia emerge una fotografia dettagliata di una patologia che sta crescendo velocemente, al punto da indurre gli osservatori a parlare di epidemia.

L’indagine mostra infatti che i pazienti obesi raggiungono quota 13% (di cui 9% obesi con BMI* 30 – 34,9 e 4% obesi gravi con BMI ≥ 35), mentre resta invariato il dato della popolazione adulta in sovrappeso, stabile al 35%. Ciò significa che attualmente la metà circa degli italiani in età adulta è in eccesso ponderale, che aumenta con l’avanzare dell’età e ha un’incidenza significativa al Sud e nelle Isole.

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Dott. Alessandro Giovanelli

“L’INCO è un centro di riferimento per il trattamento dell’obesità. Proprio per questo abbiamo sentito la necessità di approfondire e condividere questi dati inediti relativi alla gestione dell’obesità da parte dei pazienti e dei medici curanti, in modo da porre l’attenzione su una patologia complessa e dai costi sociali sempre più elevati, troppe volte percepita come un inconveniente estetico e non come una malattia grave” afferma il dottor Alessandro Giovanelli, chirurgo e direttore di INCO.

L’indagine si apre con l’analisi delle cause che avrebbero condotto gli intervistati all’obesità. Scopriamo che i pazienti attribuiscono la loro condizione a due fattori principali: da un lato l’ereditarietà (54% degli intervistati con BMI ≥ 30) e dall’altro l’influenza di stimoli e modelli sociali (51% degli intervistati con BMI ≥ 30) che favorirebbero stili alimentari scorretti. Solo una minima parte individua nella sedentarietà una delle possibili cause.

Sul fronte della gestione quotidiana della patologia, i pazienti dichiarano che il disagio maggiore è innanzitutto di natura estetica (60% degli intervistati con BMI ≥ 30), in particolare per coloro che sono affetti da obesità grave (71% degli intervistati con BMI ≥ 30). A seguire segnalano le difficoltà dovute all’inefficienza fisica che limita anche i movimenti più banali e solo al terzo posto citano i problemi di salute, non riconoscendone la gravità.

“È perfettamente comprensibile che il paziente percepisca come problema primario quello che, agli occhi di tutti, è motivo di dileggio e derisione: l’aspetto fisico. E sentendosi goffo ed impacciato nei movimenti, non fa che acuire questo senso di inadeguatezza nei confronti di se stesso e di chi lo circonda. Molte volte non avverte un reale problema di salute, finché non si manifestano le comorbilità. Il nostro scopo è di indirizzare la persona obesa verso la consapevolezza di essere affetta da una reale malattia, ed accompagnarla in un percorso di cura” afferma Marina Biglia, presidente dell’associazione Amici Obesi.

In media un soggetto obeso è interessato, infatti, da almeno tre patologie correlate: diabete, sindrome metabolica e malattie del sistema cardiocircolatorio sono le più frequenti, nonché le più gravi. I pazienti obesi inoltre ignorano di correre un rischio maggiore di sviluppare una patologia tumorale.

Sembrerebbe quindi ancora lontana la consapevolezza di essere affetti da una patologia seria e complessa e ciò si riflette chiaramente sulla scelta della modalità di gestione della malattia. Più della metà dei pazienti obesi dichiarano di aver fatto qualcosa per perdere peso, ma confessano altresì di essersi affidati in primo luogo a una dieta fai da te (51% del campione con BMI ≥ 30), e solo in un secondo momento a una dieta prescritta dallo specialista.

Nonostante i rimedi adottati, i pazienti dichiarano di non aver raggiunto i risultati sperati e quindi di aver mancato l’obiettivo principale (solo l’11 % del campione con BMI ≥ 30 è soddisfatto dei risultati ottenuti) che sostengono essere il miglioramento generale della qualità della vita.

La scelta dell’approccio chirurgico per la terapia dell’obesità avviene ancora in pochissimi casi, nonostante i pazienti siano a conoscenza della possibilità di sottoporsi ad un intervento di chirurgia bariatrica, con approcci chirurgici mirati.

Diversi i fattori che incidono sulla scelta: determinanti sono il timore di imprevisti durante l’intervento ed eventuali effetti collaterali mentre, tra i motivi principali che potrebbero invece indurre i pazienti a sottoporsi a un intervento, ci sono la certezza del raggiungimento di benefici sullo stato di salute complessivo e la certezza di perdere peso.

Sul fronte dei medici di medicina generale la ricerca ha evidenziato che su una media di 1390 pazienti seguiti, circa 200 sono pazienti obesi. Attraverso le loro risposte veniamo a sapere che anche per i medici, come per i pazienti, le principali cause dell’obesità severa vanno ricercate innanzitutto nei modelli e negli stimoli sociali che favoriscono stili alimentari scorretti (l’ha dichiarato l’86% dei medici intervistati), poi nell’ereditarietà e in terza battuta nella fragilità psicologica.

L’approccio clinico alla patologia si concretizza innanzitutto con il prescrivere una dieta personalizzata e in secondo luogo nell’inviare il paziente a uno specialista.

Il medico di medicina generale dichiara che il primo obiettivo è quello di controllare le malattie associate al sovrappeso, che rappresentano il vero pericolo per i loro pazienti obesi. Per raggiungere questo obiettivo, il curante prescrive innanzitutto una dieta accompagnata dall’attività fisica regolare (la consiglia il 54% del campione), in quanto ritiene essere la soluzione più efficace. Al secondo posto troviamo il trattamento chirurgico, anche se sono ancora una piccola percentuale i medici curanti che lo suggeriscono ai propri pazienti.

I medici affermano di conoscere la chirurgia bariatrica, ma non approfonditamente e quindi di non sentirsi sicuri nel consigliarla in quanto non adeguatamente informati e preoccupati per le possibili controindicazioni.

Dall’indagine però emerge anche il desiderio di ricevere maggiori informazioni sul trattamento chirurgico dell’obesità e sui centri di riferimento (il 92% è molto/abbastanza interessato a conoscere i centri di riferimento e la tipologia di interventi).

“Il paziente che decide di intraprendere il percorso bariatrico deve essere consapevole che sono necessari impegno, determinazione e qualche sacrificio. Ogni anno effettuiamo circa 1400 interventi, con le più avanzate tecnologie chirurgiche e diagnostiche. La chirurgia bariatrica non rappresenta comunque né la strada più veloce né la più semplice, è solo il primo passo verso il controllo delle malattie correlate e il recupero di una soddisfacente qualità della vita. Per supportare il paziente, INCO mette a disposizione un team multidisciplinare, composto da dietista, dietologo, psicologo, endocrinologo, psichiatra e fisiatra, che segue il paziente in tutti gli aspetti della sua malattia. I dati di questa ricerca ci spronano a fare di più: rinforzare la rete che già abbiamo con i medici di base e rafforzare la nostra presenza sul territorio nazionale dando vita ad altri centri satellite di INCO. Quello che ci sta a cuore è diffondere la consapevolezza che l’obesità è una malattia invalidante e rischiosa e che la chirurgia bariatrica, svolta in un centro che integra diversi sistemi terapeutici, è una soluzione autenticamente salvavita, non un intervento estetico. In questa nostra missione abbiamo bisogno del supporto dei colleghi di medicina generale, che sono il primo punto di riferimento per il paziente obeso ” precisa il dottor Giovanelli.

L’INCO aderisce all’Obesity day, Campagna di sensibilizzazione per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso promosso da ADI (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica), il 10 ottobre prossimo, offrendo visite gratuite in otto città italiane.

*BMI (Body Mass Index) è l’indice di massa corporea che rapporta il peso e l’altezza al quadrato di un individuo per ottenere una valutazione del peso forma.

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