Le allergie alimentari non fanno ingrassare, le intolleranze provocano ritenzione

Intervista alla prof.ssa Carola Severi, Gastroenterologa del Policlinico Umberto I e docente di gastroenterologia e metodologia medica scientifica presso l’Università Sapienza di Roma

Roma, 31 luglio 2020 – Quando si parla di allergie e intolleranze alimentari spesso c’è molta confusione. Alcune persone scambiano le due manifestazioni e usano i due termini come sinonimi. Non è così. Le allergie sono fenomeni immunologici legati alla produzione di anticorpi, le immunoglobuline, sono quindi reazioni immediate del sistema immunitario.

Le intolleranze sono fenomeni non immunologici che provocano una reazione anomala dell’organismo. Per capire meglio come stanno le cose, quali sono i sintomi a cui prestare attenzione e se queste manifestazioni facciano ingrassare o meno, l’agenzia di stampa Dire ha intervistato la professoressa Carola Severi, Gastroenterologa del Policlinico Umberto I e docente di gastroenterologia e metodologia medica scientifica presso l’Università Sapienza di Roma.

Allergie e intolleranze alimentari, quali sono le differenze e i sintomi a cui prestare attenzione?
“Le allergie e le intolleranze alimentari sono due entità cliniche completamente diverse. La patofisiologia dei disturbi è diversa perché l’allergia provoca una risposta immunitaria mentre le intolleranze no. Le allergie sono delle vere e proprie malattie che possono essere mediate tramite l’attivazione delle immonuglobuline E, oppure possono essere delle manifestazioni cellule mediate, tanto per fare un esempio la celiachia. Abbiamo altre allergie poi che non sono Ige mediate come l’esofagite una entità patologica la cui diagnosi sta crescendo ultimamente. Le intolleranze invece corrispondono piuttosto ad una ‘tossicità sistemica’ verso alcuni componenti degli alimenti. Dal punto di vista sintomatologico l’allergia può provocare: prurito, mal di gola, vomito, diarrea fino ad arrivare ad una anafilassi ossia una emergenza medica che richiede un intervento vero e proprio. Il paziente con intolleranze invece lamenta una sintomatologia più varia come: cefalea, fibromialgia, astenia, mente un po’ offuscata, rush cutanei e avvertire stati ansiosi-depressivi. Dunque i sintomi sono più complessi ma anche più sfumati”.

Quali sono i test a cui sottoporsi per capire se il soggetto è allergico o intollerante? E una volta diagnosticato il problema quali sono le cure a disposizione?
“L’accuratezza dei test diagnostici che abbiamo a disposizione sono scarsi. Possiamo parlare di test veri e propri solo per le allergie ma dal punto di vista basata sulle evidenze gli unici accettati sono misurazioni delle Ige specifiche per gli alimenti, il test di ‘provocazione orale’ e il prick test cutaneo ma non sono accurati dal punto diagnostico. Non sempre quello che si trova in vitro corrisponde nella pratica ad una vera e propria allergia alimentare. È una diagnostica non molto definita perciò dal punto di vista medico è importante piuttosto partire da una corretta anamnesi e capire quale è il sospetto dell’allergia e a quel punto utilizzare uno dei test citati in funzione del sospetto clinico. Ci deve essere una richiesta diagnostica finalizzata. Mentre i test delle intolleranze sono di ‘provocazione orale’ cioè per comprendere attraverso una dieta da esclusione (eliminando uno o più alimenti) e valutando la successiva risposta clinica”.

Le allergie e le intolleranze fanno ingrassare oppure è un luogo comune da sfatare?
“L’allergia non fa ingrassare, anche perché se il paziente non viene in contatto con l’alimento al quale è allergico non c’è nessuna reazione fisica. Le intolleranze invece si perché queste creano nell’organismo del soggetto una tossicità che provoca una ritenzione dei liquidi. I liquidi all’organismo generalmente servono per le varie reazioni metaboliche e sicuramente una ‘tossicità’ può originare un sovrappeso legato alla ritenzione dei liquidi piuttosto che un vero e proprio ingrassamento. Infatti i pazienti che eliminano, anche temporaneamente e sotto controllo medico alcuni alimenti a cui sono intolleranti perdono persino 3 o 4 chili”.

La sindrome da intestino irritabile può essere correlata, in alcuni casi, alle intolleranze alimentari. Nella sua personale casistica dopo il lockdown i pazienti affetti da questi problemi hanno giovato di questo forzato periodo di maggiore calma destinato soprattutto alla scelta e alla preparazione del cibo?
“Scinderei la domanda in due. La sindrome dell’intestino irritabile è una sindrome di una situazione di irritabilità intestinale. Sicuramente questo è un mondo sovrapponibile a quello delle intolleranze. L’esempio che calza di più di questa sindrome è quella della sensibilità al glutine di un celiaco. Una situazione di meteorismo che è alla base della sintomatologia lamentata da questi pazienti che si presenta con diarrea, flatulenza e meteorismo in questa ottica vede una associazione tra IBS e intolleranza. Rispetto alla seconda parte della domanda legata al periodo dell’emergenza sono stati avviati studi in questa direzione e a breve vedremo i risultati. Quello che è certo è che in questo periodo la qualità alimentare della dieta è migliorata. Questo perché le persone hanno dedicato tempo alla preparazione dei pasti nelle proprie case e assaporati con calma. Questo unito a ritmi meno frenetici ha contribuito a migliorare il quadro della sintomatologia funzionale che interessa i disturbi dell’asse intestino-cervello. La sensazione dunque è che questo tipo di disturbi in questi mesi della pandemia si sono ridotti”.

(fonte: Agenzia Dire)

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