Ictus, in Italia poche Regioni hanno protocolli di riabilitazione

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Roma, 25 ottobre 2017 – Solo sei Regioni in Italia presentano Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi per la riabilitazione di pazienti post-ictus. Sono Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Marche. Nelle restanti Regioni la documentazione che regola questo ambito di erogazione delle cure sanitarie non è aggiornata, è dichiarata non operativa o non è del tutto pervenuta. È questa in sintesi la mappa del nostro Paese che emerge dalla prima fase dello Studio “La Riabilitazione post-ictus in Italia” realizzato dall’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce. Italia Onlus).

Lo Studio è stato presentato oggi al Convegno “Dopo l’ictus cerebrale: percorsi di neuroriabilitazione in Italia tra competenze e passione”, organizzato da A.L.I.Ce. Italia Onlus e Fondazione Santa Lucia IRCCS nell’ambito delle iniziative per la XIII Giornata Mondiale contro L’Ictus che si celebra domenica 29 ottobre.

Un’occasione per fare il punto sulla patologia che rappresenta la prima causa di disabilità nell’adulto e può determinare la più ampia gamma di deficit funzionali, che richiedono risposte riabilitative diverse in relazione alla gravità del danno cerebrale subito. Non solo paresi degli arti superiori e inferiori, ma anche gravi problemi neurologici e cognitivi che compromettono l’autonomia della persona. Il 60 per cento dei pazienti presenta problemi visivi. Quasi la metà difficoltà di deglutizione e respirazione. Un paziente su tre soffre di disturbi del linguaggio e depressione.

I costi collettivi dell’ictus sono valutati nello Studio in 3,7 miliardi di euro, il 4 per cento della Spesa Sanitaria Nazionale. Un terzo è rappresentato dalle spese di trattamento nella fase acuta. Gli altri due terzi sono costi generati dalla disabilità. Ci sono poi gli oneri che cadono sulle spalle delle famiglie. Secondo lo Studio di A.L.I.Ce.le spese famigliari aumentano del 58 per cento a causa della malattia.  Il 69 per cento dei pazienti di età compresa tra i 25 e i 59 anni deve abbandonare il lavoro a causa della malattia.

“È fondamentale che in Italia si arrivi ad avere un protocollo uniforme da seguire per la riabilitazione di pazienti post-ictus – sottolinea Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Onlus – La riabilitazione deve iniziare fin dalla fase di ricovero per poi proseguire in modo continuativo, senza interruzioni e senza rigide limitazioni temporali, in strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali”.

I progressi ottenuti nel trattamento della fase acuta della patologia non fanno che accrescere l’importanza di affrontare gli aspetti di riabilitazione post-icuts. Secondo il Global Burden of Disease (GBD), il più grande Studio epidemiologico dedicato dal 1990 ad oggi al monitoraggio dei tassi di mortalità e di diffusione (morbilità) delle principali patologie in tutto il mondo, i decessi causati da ictus si sono infatti ridotti negli ultimi 20 anni in tutti i Paesi dell’Unione Europea. In Italia, in particolare, il tasso di mortalità è sceso di oltre il 30 per cento. Gli esperti ascrivono questo risultato ai progressi della medicina di urgenza, all’affermarsi di migliori stili di vita e al diffondersi della cultura della prevenzione.

Dei 200.000 casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, nell’80 per cento il paziente sopravvive, ma oltre 50.000 pazienti perdono l’autonomia secondo lo Studio di A.L.I.Ce. Un dato che trova conferma nelle stime della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), secondo cui “ogni anno in Italia circa 42.300 pazienti presentano alla dimissione dal reparto acuti esiti gravissimi di ictus per i quali è necessario un tempestivo ricovero in strutture di alta specialità adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione”.

Più sopravvissuti quindi con più bisogni di riabilitazione. In Italia il numero di persone che convive con disabilità conseguenti all’ictus sta raggiungendo ormai la soglia del milione (930.000). Ciascun medico di medicina generale assiste 4-7 pazienti colpiti dalla malattia e 20 sopravvissuti con disabilità.

“Negli ultimi dieci anni il grado di autonomia dei nostri pazienti al momento del ricovero si è dimezzato – osserva il dott. Antonino Salvia, Direttore Sanitario della Fondazione Santa Lucia IRCCS – Assistiamo quindi pazienti sempre più gravi che richiedono percorsi di neuroriabilitazione intensi e multidisciplinari. Un terzo di tutti i casi di ictus in Italia presenta deficit neurologici e cognitivi rilevanti che richiedono un’assistenza in strutture di neuroriabilitazione di alta specialità, dotate di tutti i requisiti strutturali e di personale previsti dalla legge. Solo così è possibile affrontare in modo efficace tale complessità”.

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