I nevrotici hanno un maggior rischio di sviluppare il Parkinson. Lo rivela uno studio internazionale

Numerosi fattori contribuiscono all’insorgenza della malattia di Parkinson, tra questi c’è anche uno specifico tratto di personalità chiamato nevroticismo. Questo è il risultato dello studio multicentrico su quasi mezzo milione di persone, realizzato dalla Florida State University in collaborazione con Cnr-Irib, Cnr-Ibfm e pubblicato su Movement Disorders

Roma, 23 aprile 2021 – La malattia di Parkinson colpisce circa l’1-2% della popolazione anziana mondiale ed è la seconda patologia neurodegenerativa più comune dopo il morbo di Alzheimer.

Seppur le cause non siano ancora note, gli scienziati ritengono che fattori genetici e ambientali contribuiscano alla sua insorgenza. Una nuova ricerca con partecipazione dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irib) di Cosenza e l’Istituto per le bioimmagini e fisiologia molecolare (Cnr-Ibfm) di Milano, pubblicata su Movement Disorders, indica che anche il tratto di personalità “nevroticismo” è costantemente associato a un maggiore rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

“Il nevroticismo è stato collegato ai disturbi dell’umore e all’Alzheimer, ma ci sono meno studi sulla sua connessione prospettica con il Parkinson, disturbo degenerativo a lungo termine che causa un progressivo declino delle funzioni motorie e fisiche. Quando la malattia progredisce, il danno alle cellule nervose nel cervello provoca un calo dei livelli di dopamina che porta a sintomi come tremori, movimenti lenti, rigidità e perdita di equilibrio”, spiega Luca Passamonti, primo ricercatore presso Cnr-Ibfm di Milano e neurologo presso l’Università di Cambridge.

“In precedenza si pensava che il legame tra la personalità nevrotica e insorgenza del Parkinson fosse collegato all’eccesso di attività dopaminergica che caratterizza il profilo neurocognitivo del nevrotico e che porterebbe a una condizione di stress chimico delle aree dopaminergiche legate allo sviluppo della malattia in età avanzata – prosegue Antonio Cerasa, neuroscienziato e responsabile della sede Cnr-Irib di Cosenza – Quest’ipotesi è stata però rigettata negli ultimi anni a favore di una visione rivolta alla compromissione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che, nel nevrotico, porterebbe a uno stato di stress ossidativo a lungo termine”.

“Grazie alla possibilità di usare i dati della UK Biobank, in questo studio sono stati reclutati e seguiti per circa 12 anni mezzo milione di individui, di età compresa tra 40 e 69 anni tra il 2006 e il 2010. Durante le valutazioni longitudinali sono comparsi nel campione 1.142 casi di Parkinson. I soggetti che all’inizio dello studio mostravano livelli più elevati di nevroticismo hanno mostrato più dell’80% di rischio di sviluppare la malattia”, afferma Antonio Terracciano della Florida State University di Tallahassee (USA), coordinatore dello studio, condotto in collaborazione anche con università francesi, inglesi e italiane (Roma Tor Vergata).

“Ansia e depressione sono fenomeni associati con la malattia di Parkinson. In parte questo problema potrebbe essere dovuto a come la malattia altera il cervello e può avere un’influenza sulle emozioni. Alcuni clinici pensano che ansia e depressione siano solo il risultato del Parkinson, tuttavia i nostri risultati suggeriscono che una certa vulnerabilità emotiva è presente molti anni prima dello sviluppo della malattia”, conclude Terracciano.

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