Demenza frontotemporale, identificata l’alterata percezione del dolore. Verso strategia terapeutica per il controllo del sintomo

L’Università Statale di Milano fa parte del consorzio internazionale che ha riscontrato un’alterazione della percezione soggettiva del dolore nei soggetti affetti da Demenza Fronto-temporale, portatori di mutazione C9orf72: la percezione, aumentata o ridotta, è associata a una significativa atrofia di una specifica area cerebrale, il circuito talamo-cortico-striatale

Milano, 12 gennaio 2021 – Pubblicato sulla rivista Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry un articolo nel quale si dimostra che una significativa alterazione della percezione soggettiva del dolore è presente in soggetti affetti da Demenza Fronto-temporale portatori di mutazione C9orf72. La percezione può essere aumentata o ridotta ed è associata ad una significativa atrofia, documentata con sequenze di risonanza magnetica, di una specifica area cerebrale, il circuito talamo-cortico-striatale.

Del gruppo di ricercatori, riuniti in un consorzio internazionale, fanno parte la dott.ssa Daniela Galimberti e il prof. Elio Scarpini, del Centro Dino Ferrari dell’Università Statale di Milano e dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

Lo studio è stato condotto su pazienti affetti da Demenza Fronto-temporale, la seconda causa (dopo la malattia di Alzheimer) di decadimento cognitivo prima dei 65 anni, caratterizzata clinicamente da disturbi psico-comportamentali quali disinibizione, alterazioni della condotta sociale, aggressività e da una riduzione di volume di aree cerebrali specifiche. In circa il 20% dei casi è possibile identificare una mutazione in uno dei tre geni principali (progranulina, MAPT e C9ORF72).

“Per studiare questa malattia è in corso un ampio progetto multicentrico internazionale, chiamato GENFI (GENetic Frontotemporal dementia Iniziative), che coinvolge centinaia di pazienti in diversi centri in Europa e Canada e di cui fa parte – sottolinea il prof. Scarpini – l’Unità Malattie Neurodegenerative del “Centro Dino Ferrari”, dell’Università degli Studi di Milano – Ospedale Policlinico, la quale ha contribuito significativamente alla ricerca garantendo l’accuratezza diagnostica della propria coorte di pazienti, grazie all’impiego delle procedure diagnostiche più avanzate oggi disponibili, in grado di consentire di porre una diagnosi a livello genetico-molecolare delle demenze neurodegenerative”.

Secondo la dottoressa Galimberti “l’aspetto interessante emerso dal lavoro è aver consentito di evidenziare una riduzione del volume di alcuni dei circuiti neurali coinvolti nella alterata percezione del dolore: il talamo posteriore (pulvinar), lo striato, il cervelletto e le regioni corticali frontali e temporali”.

E’ ben noto che la percezione del dolore è estremamente soggettiva ed è influenzata da diversi fattori: la sede e l’intensità dello stimolo, la situazione emozionale ed una complessa combinazione di alterate funzioni somatosensoriali, omeostatiche, semantiche, psicologiche, di ricompensa ed autogratificazione, ma sicuramente le caratteristiche anatomo-strutturali dell’encefalo giocano un ruolo fondamentale.

Questo perché il lobo temporale è implicato nella funzione non-verbale sensoriale semantica (comprendente il dolore); la corteccia orbito-frontale influisce sul dolore attraverso il suo ruolo nella dinamica del meccanismo della ricompensa; lo striato ha connessioni con il talamo, noto centro del dolore, e con la corteccia e quindi, attraverso questo specifico network talamo-cortico-striatale, può integrare lo stimolo algico con le risposte motorie, cognitive, autonomo-vegetative e psico- emozionali.

“Questi risultati – conclude la dottoressa Galimberti – ci consentono di meglio comprendere alcuni meccanismi anatomo-fisio-patologici, orientandoci verso una strategia terapeutica più specifica per interventi di controllo e di modulazione del sintomo dolore”.

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