Genova, 9 luglio 2021 – Quali sono i fattori genetici che possono influenzare il decorso della malattia da Covid-19, per cui alcuni pazienti sviluppano una malattia grave e altri manifestano sintomi lievi od addirittura assenti? Un maxi-studio studio realizzato con un’ampia collaborazione internazionale rivela che diversi marcatori genetici sono associati all’infezione da SARS-CoV-2 e possono influenzare la gravità del Covid-19.
In particolare, 13 regioni genomiche (loci) aumentano il rischio di sviluppare forme gravi dell’infezione; confermati, inoltre, i fattori di rischio dipendenti dal fumo e dall’alto indice di massa corporea. Questi risultati provengono da uno dei più grandi studi di associazione sull’intero genoma mai eseguiti, che include quasi 50mila pazienti e due milioni di controlli sani.
Leader del gruppo di lavoro è Andrea Ganna, presso l’Institute for Molecular Medicine Finland (FIMM) dell’Università di Helsinki diretto da Mark Daly, membro dell’istituto presso il Broad Institute del MIT e dell’Harvard University. Il prof. Ben Neale, co-autore senior dello studio, ha affermato che sebbene i vaccini conferiscano protezione contro l’infezione, c’è ancora un notevole margine di miglioramento nel trattamento del COVID-19.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature, ha coinvolto anche una dozzina di ricercatori dell’Istituto Giannina Gaslini e dell’Università di Genova, afferenti alle aree disciplinari della Genetica medica e della Neurologia pediatrica, ed è frutto dello sforzo globale in seno alla COVID-19 Host Genetics Initiative (HGI), istituita nel marzo 2020 e inclusiva di oltre 3500 ricercatori, provenienti da 25 Paesi che lavorano insieme per condividere dati, idee, reclutare pazienti e divulgare i risultati delle ricerche.
Pasquale Striano, uno dei 21 membri del writing group dello studio, evidenzia come sia particolarmente emerso il ruolo di alcuni geni che influenzano il sistema immunitario. “Dei 13 loci identificati finora dal team del consorzio globale – dichiara Striano – un paio avevano frequenze più elevate tra i pazienti di origine Asiatica rispetto a quelli di origine europea e uno di essi è vicino al gene Foxp4, correlato al cancro del polmone e associato a forme clinicamente gravi di Covid-19”.
“Si è trattato di uno sforzo mondiale unico finalizzato a raggiungere le popolazioni di tutto il pianeta per meglio comprendere il ruolo della diversità genetica in questa infezione”, aggiunge Carlo Minetti, vicedirettore del Dipartimento di neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili – DINOGMI dell’Università di Genova e responsabile della Neurologia pediatrica dell’Istituto Gaslini.
“Questo studio – dichiara Angelo Ravelli, Direttore Scientifico dell’Istituto G. Gaslini e professore ordinario di Pediatria dell’Ateneo Genovese – potrebbe aiutare a fornire nuovi orientamenti per future terapie e rappresentare il valore degli studi genetici nell’acquisire nuove conoscenze sulle malattie infettive e altre condizioni non primitivamente genetiche. Questi risultati, comunque, dimostrano l’efficacia di un grande sforzo di collaborazione internazionale tra molti dei più importanti gruppi di lavoro nella presente crisi globale della pandemia da Covid-19”.
“Abbiamo reso immediatamente disponibili alla comunità scientifica i dati genetici a nostra disposizione per accelerare il più possibile le attività del consorzio globale – aggiunge Federico Zara, leader del gruppo che ha coordinato la raccolta della popolazione dei controlli sani – L’obiettivo finale è scoprire strategie terapeutiche che consentano, grazie al contributo della genetica nel comprendere i meccanismi molecolari della malattia, di giungere a nuove cure”.