Cardiologia e Covid, 4 su 10 non vanno in ospedale per paura del contagio. Appello alla prevenzione: il cuore non aspetta

La Cardiologia Interventistica Italiana è un’eccellenza mondiale, ha scritto i protocolli di sicurezza contro il contagio per il resto del mondo e ha cambiato le linee guida internazionali per il trattamento dell’infarto. Prof. Giuseppe Tarantini, presidente GISE: “Le procedure invasive oggi sono più che mai strategiche: salvano la vita, ne aumentano l’aspettativa, riducono i tempi di degenza e possono evitare la terapia intensiva”

Roma, 11 gennaio 2021 – “In caso di dolore al petto o affanno del respiro occorre chiamare subito il 118. Le procedure urgenti vengono effettuate giorno e notte, in tutti i centri di riferimento per il trattamento invasivo delle patologie cardiovascolari. L’ospedale resta luogo di cura e al suo interno viene presa ogni misura necessaria per la prevenzione delle infezioni, proteggendo i pazienti e gli operatori, mediante dettagliati protocolli di sicurezza”.

Prof. Giuseppe Tarantini

Questo l’appello di Giuseppe Tarantini, Direttore Emodinamica e Cardiologia Interventistica dell’Azienda ospedaliera Università di Padova e Presidente del GISE, la Società Italiana di Cardiologia Interventistica che ha promosso Sicuri al cuore, la prima campagna nazionale per riportare in ospedale i pazienti cardiovascolari spaventati dal contagio da Covid-19.

La proposta è stata declinata attraverso la realizzazione della piattaforma www.sicurialcuore.it, uno spot che vede testimonial l’attore Claudio Amendola, un video-appello del campione olimpico e mondiale di pugilato Patrizio Oliva, alcune clip della società scientifica per spiegare l’attività nei reparti in era Covid-19 e un appuntamento virtuale per i pazienti.

“Abbiamo sentito il bisogno di lanciare questa iniziativa – prosegue Tarantini – perché numerosi studi nazionali e internazionali hanno documentato drammatici ritardi nel chiedere soccorso in caso di infarto acuto, associati ad un netto aumento di mortalità e complicanze. L’infarto, più di altre malattie cardiovascolari è una patologia strettamente tempo-dipendente. Per ogni 10 minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento, la mortalità aumenta del 3%. In aggiunta, si è osservata un’enorme riduzione di tutte le procedure di Cardiologia Interventistica, indirizzate al trattamento di altre patologie cardiovascolari anch’esse in misura diversa tempo-dipendenti. Tante patologie in era Covid-19 fanno fatica a ricevere cure adeguate, ma noi lavoriamo a pieno regime e in piena sicurezza. I pazienti che manifestano sintomi di sofferenza cardiaca devono rivolgersi con fiducia alle cardiologie e alle Emodinamiche del nostro Paese”.

“Il cuore non aspetta – spiega Francesco Saia, Cardiologia Policlinico Universitario Sant’Orsola Malpighi Bologna e coordinatore della campagna – e la nostra iniziativa contro la paura del contagio ospedaliero serve a contrastare, con l’aumento degli interventi tardivi, mortalità e complicanze. Gli accessi cardiologici in Ospedale sono scesi mediamente del 40%, sono diminuiti fortemente i ricoveri per infarto acuto e le procedure di Cardiologia Interventistica strutturale transcatetere hanno registrato un crollo del 70%. Dalla primavera 2020 abbiamo avuto, a livello nazionale, una contrazione di tutti i trattamenti delle malattie ischemiche del cuore (infarto acuto del miocardio e angina pectoris) e delle malattie cardiache strutturali (stenosi aortica, insufficienza mitralica, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco). I dati riferiscono di morti per infarto triplicate, rispetto allo scorso anno, e di complicanze raddoppiate”.

“Il Covid-19 – ricorda Giovanni Esposito, Direttore Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda ospedaliera Università Federico II di Napoli e Presidente eletto GISE – continua a mietere le sue vittime, ma le malattie cardiovascolari restano nettamente la prima causa di morte in Italia, con 240mila decessi ogni anno e 7,5 milioni di persone che nel nostro Paese hanno a che fare con problematiche legate alla salute del cuore. Milioni di persone che, in caso divengano positive al Covid-19, sono a loro volta esposte a un maggior rischio di complicanze cardiovascolari e di ricovero in terapia intensiva e a una probabilità di decesso più che doppia (da 2 a 4 volte maggiore), rispetto a chi non ha problemi di questa natura. La diffidenza dei pazienti a rivolgersi alle strutture sanitarie, nonostante l’impegno a mantenere attivi tutti i percorsi di diagnosi e cura, di emergenza o urgenza, sta riportando il nostro Paese indietro di 20 anni sul tema della prevenzione delle patologie cardiovascolari”.

“La Cardiologia Interventistica – conclude il Presidente Tarantini – con l’angioplastica coronarica e l’impianto di stent, è il primo e più efficace presidio di cura per l’infarto miocardico acuto. Inoltre, l’eccezionale sviluppo di tecniche mini-invasive transcatetere permette il trattamento di molte patologie cardiache, con un forte impatto su mortalità, morbilità e prognosi, sui tempi di ospedalizzazione e il rischio di complicanze rispetto agli interventi chirurgici tradizionali, su risorse come respiratori e letti di terapia intensiva, utili ai pazienti Covid+. In piena pandemia le procedure percutanee che sostituiscono o riparano le valvole cardiache danneggiate sono pertanto assolutamente strategiche. La Cardiologia Interventistica Italiana è un’eccellenza mondiale, ha scritto i protocolli di sicurezza contro il contagio per il resto del mondo e ha cambiato le linee guida internazionali per il trattamento dell’infarto. Non bisogna aver paura. Siamo pronti a prenderci cura di ciascuno dei nostri pazienti, anche in tempo di Covid-19”.

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