Covid, la peste del secolo che ha messo a nudo i buchi del sistema sanitario. Il punto del neurochirurgo Cappabianca

Napoli, 11 gennaio 2021 – “A proposito di formazione, comunicazione e informazione, il Covid, che sicuramente è stata la peste di questo secolo iniziato in maniera improvvida, rappresenta una grande opportunità perché ha messo a nudo il disagio della nostra struttura sociale, il disagio formativo, quello conoscitivo, quello culturale. Questo, paradossalmente, si può tramutare in una grande opportunità. Conoscere tutti i buchi del sistema dà alle generazioni che siano impegnate, che abbiano fame, voglia, passione e slancio la possibilità di ricostruirlo”. Queste le parole alla Dire di Paolo Cappabianca, presidente della Sinch e direttore della divisione di Neurochirurgia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

“Le linee guida che hanno ispirato il programma che ho presentato ai soci della Società italiana di Neurochirurgia sono essenzialmente improntate alla formazione ed alla conoscenza come strumenti di progresso nel campo della neurochirurgia e delle generazioni del futuro, ma anche di quelle che già praticano il campo da anni perché oggi le informazioni si aggiornano, si implementano e si stravolgono nell’arco di pochissimo tempo, non più in decenni”, ha dichiarato Cappabianca

Prof. Paolo Cappabianca

“Le dorsali lungo cui si muove la Sinch – prosegue – sono legate alla collaborazione con altri settori scientifici. Oggi la neurochirurgia funzionale più che mai non può fare a meno di rapporti strettissimi con l’ingegneria, la statistica, la matematica, la radiologia. Si parla, ad esempio, di radiomica e cioè la possibilità di interpretare già dalle immagini radiologiche settori strettamente biologici e molecolari dall’analisi di campioni enormi di dati. Questa collaborazione con le altre discipline non è solo benefica, è indispensabile”.

“La neurochirurgia italiana si è guadagnata una posizione di prestigio nel panorama internazionale grazie ad una attività scientifica che è stata molto apprezzata in tutto il mondo e che ha avuto la consacrazione con l’elezione di Franco Servadei a presidente della World Federation of Neurosurgical Societies (Wfns), prima volta di un italiano al vertice mondiale delle società neurochirurgiche”, continua Cappabianca.

“La possibilità di ottenere un risultato del genere – spiega – si costruisce facendo vivere i giovani nel mondo, non tenendoli arroccati nella propria struttura, nella propria sede, nelle proprie competenze che oggi sono in qualche modo limitate perché ogni centro può far bene in uno dei settori della neurochirurgia, ma non in tutti. I giovani, quindi, devono andare a respirare l’aria e l’atmosfera di altre parti del mondo”.

“L’attenzione alle scuole di specializzazione è parte fondante del rinnovamento. Al di là della propaganda e della politica, però, c’è bisogno che si facciano bene i conti con le esigenze della popolazione nei settori specifici: non si deve fare demagogia, si deve fare attenzione a quelle che sono le necessità e le opportunità di lavoro per formare bene il neurochirurgo del domani” afferma Paolo Cappabianca.

“Le frontiere della Società italiana di Neurochirurgia nel trattamento dei tumori cerebrali non possono prescindere dalle tecniche e dalle tecnologie, ma devono essere precedute dalla conoscenza dei meccanismi molecolari di base che sono alla radice di queste patologie”.

“In alcuni Paesi che investono più di noi, ad esempio gli Stati Uniti, i neurochirurghi sono regolarmente iscritti a programmi di scienze di base proprio nelle prime fasi della loro formazione. Quello dello scienziato e del chirurgo di sala operatoria, dunque, non sono due elementi separati, ma affiancati e addirittura quello biomolecolare quasi sempre precede quello professionale in sala operatoria”.

“La telemedicina si è rivelata, in questa fase, assolutamente necessaria e si è rivelata un complemento, un supplemento, a quello che era il contatto interpersonale con l’ammalato e fra medici, fra professionisti. È uno degli elementi che certamente va sviluppato e che non andrà a sostituire il rapporto interumano, è fondamentale che non sia sottovalutata e non sia sopravvalutata”.

“Parlare poi di quanto rilievo la robotica, l’intelligenza artificiale e altre iperspecialità avranno nella nostra vita quotidiana – aggiunge – mi risulta difficile perché è come se io quarant’anni fa avessi detto cosa avrebbero fatto i computer nella nostra vita, non lo avrei neanche immaginato. Questi voli pindarici li lascerei a un sognatore, a una persona eccezionale, io non lo sono, io – conclude Cappabianca – sono un lavoratore quotidiano di questa disciplina”.

(fonte: Agenzia Dire)

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