Carcinoma mammario, scoperto tallone d’Achille delle cellule staminali tumorali per ridurre recidive e metastasi

Studio pubblicato su Cancer Research identifica importante farmaco antitumorale. Prof. Luca Cardone, ricercatore dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena: “Le cellule aggressive si nutrono di glucosio, acidi grassi e colesterolo. Il lavoro con il supporto di tecnologie bio-computazionali mira a spezzare questo meccanismo”

Roma, 4 settembre 2020 – Il cancro al seno triplo negativo (TNBC) rappresenta circa il 10-15% di tutti i tumori al seno ed è considerato tra i più aggressivi poiché cresce più velocemente e ha opzioni di trattamento limitate. I tassi di sopravvivenza a 5 anni sono del 90% per i tumori TNBC localizzati e senza alcun segno di metastasi, ma la percentuale scende drammaticamente all’11% per TNBC con metastasi al polmone, al fegato o alle ossa.

Alla base dell’aggressività di tali tumori ci sono le cellule staminali tumorali che hanno un’intrinseca forza di chemioresistenza e generano metastasi. Uccidere queste cellule con la terapia è fondamentale per migliorare la prognosi.

Prof. Luca Cardone

“Lo studio ha dimostrato che acidi grassi e colesterolo e la loro biosintesi sono essenziali per la sopravvivenza delle cellule staminali tumorali del tumore triplo negativo e possono rappresentare il tallone d’Achille per bloccare queste cellule aggressive”, illustra Luca Cardone, ricercatore dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena e ora dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbc), coordinatore del gruppo di scienziati italiani e internazionali che hanno svolto lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana Cancer Research.

Da diversi anni è noto che l’ipercolesterolemia o una dieta ricca di grassi e colesterolo rappresentano un fattore di rischio per forme aggressive di tumore al seno, sebbene i meccanismi biologici alla base di questa osservazione non siano ancora del tutto chiari. I risultati di questa ricerca forniscono un’importante chiave di lettura per la comprensione dei dati epidemiologici a disposizione.

“L’obiettivo del nostro studio – spiega Luca Cardone – è migliorare la terapia di pazienti affette da forme aggressive di tumore al seno attraverso un approccio di riposizionamento di farmaci, di cui il nostro laboratorio si occupa da tempo: trovare in pratica un farmaco già in uso clinico per altre indicazioni terapeutiche, e quindi utilizzabile in tempi brevi, per ridurre la capacità di generare metastasi  e recidive, uccidendo selettivamente le cellule staminali responsabili. Abbiamo così identificato un farmaco, chiamato pyrvinium, con queste caratteristiche”.

È stato necessario capire quali fossero, tra le migliaia di reazioni che avvengono in una cellula, quelle controllate dal farmaco e identificare le tracce del meccanismo di azione delle molecole contro le cellule staminali. La soluzione dell’enigma avrebbe potuto richiedere anni ed enormi energie ma i ricercatori hanno utilizzato la biologia computazionale e l’intelligenza artificiale, generando in tempi brevi modelli matematici del metabolismo di una cellula staminale tumorale TNBC.

Lo studio ha dimostrato che queste cellule aggressive si nutrono di glucosio e lo convertono in acidi grassi e colesterolo per garantire le loro efficienti funzioni vitali. Il farmaco pyrvinium, attraverso un meccanismo di azione multifattoriale, è in grado di azzerare contemporaneamente più vie di sintesi dei lipidi a partire dal glucosio. In modelli preclinici, il farmaco ha dimostrato la sua efficacia: uccide le cellule staminali e riduce il numero di metastasi sia in trattamento neo-adiuvante sia adiuvante.

I prossimi passi – sottolinea Cardone – saranno quelli di migliorare la biodisponibilità del farmaco e valutare la sua efficacia nei pazienti oncologici, in combinazione con le chemioterapie.

“Il lavoro- commenta Gennaro Ciliberto, direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena – dimostra l’importanza della combinazione di approcci sperimentali basati sull’uso dei big-data e modelli bio-computazionali nella ricerca oncologica, senza dimenticare l’approccio multidisciplinare e la capacità di fare rete tra laboratori con diverse competenze e tecnologie al fine di comprendere sempre più nel dettaglio le cellule tumorali e definire le loro vulnerabilità per colpirle con terapie mirate”.

Lo studio, promosso e coordinato dai ricercatori dell’Istituto tumori “Regina Elena”, grazie a finanziamenti del Ministero della Salute, ha coinvolto anche l’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma, il dipartimento di medicina e scienze dell’invecchiamento (CAST) dell’Università ‘G. D’Annunzio’ di Chieti-Pescara, e centri di ricerca internazionali come il VIB Center for Cancer Biology di Leuven in Belgio, e laboratori del  National Cancer Institute (NIH) negli Stati Uniti.

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