Vaccinazione anti Covid nei bambini tra i 5 e gli 11 anni. Il punto della SIMEDET

A cura del dott. Alberto Ferrando, Membro del Comitato Scientifico della Società Italiana di Medicina Diagnostica e Terapeutica – SIMEDET

Roma, 7 dicembre 2021 – L’autorizzazione da parte delle Agenzie EMA in Europa e AIFA in Italia, all’utilizzo del vaccino a mRNA per la Covid-19, nella campagna di vaccinazione dei bambini tra i 5 e gli 11 anni (1) pone gli operatori sanitari e le famiglie di fronte a delle scelte.

Infatti, da quando si è ipotizzata la possibilità di procedere ad una vaccinazione dei bambini, i pediatri stanno ricevendo dalle famiglie molte richieste sull’opportunità o meno di aderire alla campagna vaccinale, con prese di posizione quotidiane nettamente in contrapposizione: da una parte genitori che manifestano la propria contrarietà sui social e nelle piazze, con slogan del tipo “I bambini non si toccano” e “giù le mani dai bambini” e dall’altra genitori convinti della necessità della vaccinazione che non si pongono alcun dubbio sul fare o meno il vaccino ai propri figli.

Posizioni analoghe e contrapposte si possono trovare anche, purtroppo, tra i sanitari. In mezzo, poi, vi sono la maggior parte dei genitori che hanno delle perplessità e le manifestano al proprio pediatra al quale richiedono informazioni, suggerimenti e dati veritieri che possono accrescere la loro conoscenza per una decisione consapevole.

A questo punto quindi è doveroso per noi pediatri focalizzare il nostro compito sull’importanza di una corretta informazione e comunicazione alle famiglie (compresi i bambini oltre che ai genitori e ai nonni). Ovviamente dobbiamo valutare, prima di tutto, i dati scientifici della letteratura e l’evoluzione della pandemia che nel tempo si è rivelata interessare sempre di più la fascia pediatrica seppur con minor ricorso, ad ora, ad ospedalizzazioni o ricoveri in terapia intensiva o decessi. Sono oltre 4 milioni i bambini vaccinati con vaccino a mRNA negli USA a cui si aggiungono i bambini vaccinati in Israele.

Tenuto conto della delicata situazione e delle varie posizioni assunte è senza dubbio fondamentale, da parte degli operatori sanitari attivare l’ascolto” prima di partire con numeri o dati o con atteggiamenti “giudicanti” o “paternalistici”. Senza dubbio il pediatra di famiglia in questo compito è facilitato grazie al buon rapporto di fiducia che nell’arco degli anni è riuscito ad instaurare con la maggior parte delle famiglie perché entrambi hanno un obiettivo comune: il bene dei bambini e decidere insieme se fare, o non fare (in questo caso vaccinare o non vaccinare) qualcosa per la loro salute.

In un certo senso come pediatra mi sento come un “padre” dei bambini che seguo e cerco, come i colleghi, di prendere decisioni, oltre che in scienza e coscienza, ponendomi sempre la domanda: quanto consiglio di fare lo farei ai miei figli o ai miei cari? E le domande, i timori e le paure, dei genitori sono tante, amplificate da una informazione generale spesso caotica e conflittuale. Domande dirette che i genitori si pongono e ci pongono: “Il virus colpisce i bambini? Con quale frequenza? Può causare danni gravi? Il vaccino è sicuro? Può essere più dannosa la malattia o il vaccino?”.

Necessitano di ascolto e di risposte chiare, e documentate. Sappiamo che alcune persone reagiscono a un problema negando che il problema esista (i cosiddetti “negazionisti”) oppure cercano di “esorcizzarlo” in qualche modo (teoria del complotto o del grande inganno, minimizzando la gravità del momento dando la colpa ai media di amplificarlo).

Siccome situazioni di questo tipo sono all’ordine del giorno, non dobbiamo fare finta di nulla, anzi è importante l’ascolto attento e attivo, prendendo in considerazione i dubbi e le paure evitando di negare o trattare con sufficienza chi le pone, cercando di stimolare il dialogo, basandosi sulla relazione e sul rapporto di fiducia, attraverso una comunicazione empatica che possa dissipare i dubbi aiutando i genitori ad assumere una scelta informata. Nelle ultime 4 settimane 1 caso su 4 di Covid-19 si è verificato in età pediatrica (fascia di età che va da 0 a 18 anni.

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