Unioni civili, i Pediatri: “Vicini a tutte le famiglie nell’interesse del bambino”

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bambino-ponte-legnoRoma, 12 maggio 2016 – Approvata a larghissima maggioranza la legge Cirinnà sulle unioni civili. Le famiglie di fatto, anche dello stesso sesso, acquisiscono nuovi diritti e doveri, pur non potendo adottare il figlio del partner. Quotidianamente nei nostri ambulatori e nelle corsie degli ospedali noi medici siamo testimoni del cambiamento della società. I bambini sono figli di famiglie arcobaleno, omogenitoriali, di single parents, di nuclei allargati, di stranieri più o meno integrati. Tutte situazioni a cui noi come medici abbiamo il diritto/dovere di fare riferimento per la salute e il benessere di tutti i nostri piccoli pazienti.

Per questo vogliamo ribadire a chiare lettere che i pediatri dell’Associazione Culturale Pediatri – ACP sono vicini a tutte le tipologie di famiglia nel superiore interesse del bambino.

ACP non ha finora espresso una posizione ufficiale sulle famiglie arcobaleno e dunque sull’omogenitorialità perché la complessità e la delicatezza del tema richiedono rispetto, conoscenza, prudenza e riflessione. Al di là delle personali considerazioni morali e religiose, considerate le premesse sopra espresse, il giudizio sulle eventuali conseguenze che tale specifica situazione ambientale può avere sulla salute del bambino deve, a nostro avviso, obbligatoriamente derivare da un approccio eticamente e scientificamente corretto, che tenga conto di tutte le molteplici variabili e implicazioni che la caratterizzano: fattori biologici, ambientali, culturali, economici, sociali, legali, religiosi e persino assicurativi condizionano le dinamiche del processo evolutivo, agendo singolarmente e interagendo tra loro. È difficile distinguere l’influenza degli uni dagli altri ed è possibile che a una certezza assoluta, fatta di numeri, non sia possibile pervenire.

Quello che possiamo oggi affermare, sulla base dei risultati di un buon numero di studi scientifici attendibili, pubblicati negli ultimi 30 anni, è che il benessere dei bambini e adolescenti cresciuti da persone omosessuali non è condizionato da genere e orientamento sessuale delle figure genitoriali, ma dalla qualità della relazione affettiva che si instaura con chi si prende cura di loro, dalla competenza e dal senso di sicurezza genitoriali e dalla presenza di un supporto sociale ed economico per la famiglia.

Alle competenze genitoriali è oggi con certezza attribuita la funzione fondamentale di supporto e promozione di un buon percorso di crescita e sviluppo del bambino all’interno di ogni tipologia familiare, sia essa eteroparentale, omoparentale, monoparentale, separata o ricombinata o altro ancora. I fattori di rischio per un bambino che cresca in un contesto omogenitoriale sembrano, dunque, risiedere all’esterno di essa.

Il rischio di essere discriminati ed esposti a bullismo, di non essere accolti e sostenuti, ma piuttosto additati come diversi, anche in ambiti in cui dovrebbero godere della massima protezione, come gli ambienti scolastici e sanitari. Non ultimo per gravità è il rischio di sfruttamento, per produrre ascolti, da parte dei mass media, ai quali la stessa CRC, all’ Art 17-e, rivolge una specifica raccomandazione “…a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo benessere…”.

Sullo stato di salute, in senso globale, di adulti cresciuti da lesbiche o gay sappiamo ancora troppo poco. Abbiamo evidenze solo iniziali. Abbiamo invece la certezza che le persone omosessuali, nella maggior parte dei paesi e anche in Italia, sono ancora discriminate nell’accesso al lavoro, a una casa e a condizioni di vita stabili: vivere in un contesto omogenitoriale può diventare una condizione discriminante per il bambino se chi si occupa di lui ha difficoltà a far fronte ai bisogni primari.

Il tema della genitorialità delle coppie omosessuali ha forti implicazioni morali, ideologiche e personali, ed è condizionata da impostazioni giuridiche differenti nei vari paesi del mondo che ne acuiscono le difficoltà di approccio. La soddisfazione dei diritti di un adulto deve essere però subordinata al rispetto del superiore interesse del minore, ponendo l’interesse del bambino al centro e al vertice di ogni questione.

In conclusione, al di là del legittimo dissenso di ciascuno nei confronti di comportamenti non condivisi, l’ACP ritiene che ogni adulto responsabile abbia il dovere di fare ciò che è in suo potere per garantire il rispetto del “superiore interesse” di ogni bambino che si trovi a vivere in situazioni atipiche, garantendone il diritto a essere ascoltato e rappresentato. Come pediatri possiamo e dobbiamo sorvegliare e promuovere il suo processo evolutivo e supportare ugualmente tutte le diverse figure genitoriali che incontreremo nella mutevole società di oggi.

Stiamo trattando i temi più delicati e più profondi dell’esistenza umana. Tutti noi, adulti responsabili, dobbiamo affrontarli con estrema delicatezza e la massima attenzione e disponibilità, perché dobbiamo salvaguardare quello che c’è di più fragile e di più prezioso al mondo, che si affida a noi in modo incondizionato e senza rivendicare alcun diritto.

fonte: ufficio stampa

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