Terapie Car-T in epoca Covid, confronti regionali per superare criticità. Cell Factory per produzione nazionale

Roma, 14 luglio 2020 – L’innovazione portata dalle terapie CAR-T al di fuori di ogni dubbio rappresenta uno dei traguardi medici più importanti del nuovo secolo nella battaglia contro i tumori. Con l’attuale situazione Covid-19 servono nuovi modelli organizzativi rapidamente applicabili e scelte immediate soprattutto in aree come queste che non possono attendere.

Con lo scopo di far confrontare esperti per condividere quanto di pratico sia stato già realizzato in molte Regioni e quanto di questo possa servire a superare criticità gestionali, amministrative e cliniche, Motore Sanità ha organizzato una serie di Webinar regionali dal titolo “Breakthrough innovation CAR-T. Prospettive attuali in epoca Covid-19”, oggi parte dal Veneto.

“Negli ultimi anni la comprensione di nuovi meccanismi patogenetici e l’ottimizzazione delle procedure ha rivalutato le terapie basate sull’uso di cellule immunocompetenti e le nuove metodologie si pongono l’obbiettivo di arrivare a eliminare in modo radicale la malattia fino all’ultima cellula neoplastica o perlomeno a controllarne la crescita/diffusione. La vera rivoluzione nell’ambito dell’immunoterapia è stata segnata dalla ingegnerizzazione in laboratorio di linfociti T di pazienti in modo da poter esprimere sulla superficie un recettore chiamato CAR (chimeric antigen receptor) in grado di riconoscere e legare una proteina bersaglio sulla superficie delle cellule tumorali cui era stato preventivamente ‘educato’. Questo riconoscimento scatena un massivo rilascio di sostanze da parte dei linfociti T che portano a morte le cellule tumorali. In questo contesto la terapia con cellule CAR-T è l’esempio più esemplificativo delle terapie personalizzate e si sta rivelando efficace soprattutto in pazienti con leucemie acute, linfomi e mielomi”, ha detto Gianpietro Semenzato, Direttore Divisione di Ematologia, AOU di Padova, Coordinatore Tecnico Scientifico Rete Ematologica Veneta (REV).

“La pandemia di Covid-19 ha avuto un marcato impatto su programmi di terapie cellulari che, se da una parte rappresentano la modalità terapeutica più avanzata e moderna per molte malattie ematologiche, per contro hanno una intrinseca “fragilità gestionale”, necessitando di procedure organizzative molto complesse e con molti attori e strutture coinvolti. L’uso di terapie cellulari, infatti, e soprattutto i farmaci basati sulla tecnologia CAR-T, prevede la raccolta di cellule, la loro conservazione, la spedizione presso “Cell Factory” estere per la ingegnerizzazione virale, il ritorno del farmaco alla sede clinica. Il blocco del traffico aereo, deciso dalla Amministrazione statunitense l’11 marzo, ha posto seri problemi nella gestione di tali spostamenti. Inoltre, la necessità di “preparare” il paziente con protocolli chemioterapici di condizionamento, con conseguente grave immuno-soppressione, ha determinato in molti casi la revisione delle tempistiche, dilazionando le procedure, quando possibile, nei momenti di maggior criticità epidemiologica, secondo i suggerimenti del Centro Nazionale Trapianti e del Gruppo Italiano per il Trapianto di Midollo Osseo. Infine, l’uso, reso necessariamente esclusivo, dei letti di rianimazione per pazienti Covid ha impossibilitato, in molti centri, la adeguata disponibilità di consulenza intensivistica, requisito indispensabile per la erogazione dei CAR-T. Le strutture qualificate per uso dei CAR-T hanno dovuto rivedere e ripensare i processi organizzativi e procedurali: richiedere un aumento dei posti letto presso le terapia intensive; standardizzare ed efficientare le procedure di selezione dei pazienti, individuando modalità per ridurre i tempi di screening e identificazione dei candidati; proporre terapie ‘ponte’ più utili al mantenimento di una cronicità di malattia, senza pagare in termini di tossicità e scadimento delle condizioni generali; rivalutare il ruolo delle “Cell Factory” locali, come quella accreditata a Vicenza, nell’ottica di creare una rete di eccellenze in Italia, per arrivare ad una produzione nazionale di terapie cellulari avanzate, tramite partnership tra pubblico e privato”, ha spiegato Marco Ruggeri, Direttore UO Ematologica, Ospedale S. Bortolo di Vicenza, ULSS 8 Berica.

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