Scoperto punto di debolezza di alcuni tumori ovarici. Verso nuove terapie in grado di contrastarne la crescita

I tumori ovarici caratterizzati da alti livelli di due proteine sono più sensibili a una nuova classe di farmaci. I risultati di uno studio preclinico dell’Istituto Mario Negri, pubblicati sulla rivista “Cancer Research”

Milano,16 febbraio 2022 – I risultati di uno studio, condotto presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, sono stati pubblicati sull’autorevole rivista Cancer Research. I dati hanno evidenziato che alcuni tumori ovarici presentano alti livelli di due proteine che regolano l’attività dei mitocondri, la centrale energetica delle cellule. Questa peculiarità li rende sensibili a una nuova classe di farmaci, aprendo così nuovi scenari terapeutici.

Si tratta di un risultato importante per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche per un tipo di tumore che è tra i più difficili da curare. Infatti il tasso di sopravvivenza per le donne con carcinoma ovarico è tuttora molto basso ed è aggravato da uno sviluppo silente che porta a una diagnosi spesso tardiva, quando la malattia è in stadio avanzato e ha già dato origine a metastasi.

“Negli ultimi anni – spiegano Carmen Ghilardi, primaautrice dell’articolo, e MariaRosaBani, capo del laboratorio di Terapia delle Metastasi Tumorali – si è capito che i mitocondri possono essere un potenziale bersaglio terapeutico, tanto che numerosi inibitori sono in fase di sviluppo. I mitocondri sono gli organelli addetti alla respirazione cellulare e, in particolareal processo chiamato OXPHOS,fondamentale per la produzione di energia. Lo studio, condotto in cellule in coltura e animali di laboratorio con tumore ovarico, ha messo in luce che l’inibizione di OXPHOS non è egualmente efficace su tutti i tumori. Infatti i tumori la cui progressione è ritardata dal trattamento sono soprattutto quelli caratterizzati da alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β, che hanno proprio la funzione di regolare l’attività dei mitocondri”.

“Soffermandoci sui numeri – conclude Raffaella Giavazzi, coordinatrice dello studio – la ricerca ha evidenziato che nel campione analizzato, sono circa il 25% le pazienti affette da un carcinoma ovarico con alti livelli delle proteine PGC-1α e PGC-1β. Ora si tratta di confermare che i risultati ottenuti nei nostri modelli preclinici siano trasferibili alle pazienti, infatti per alcune di queste pazienti si aprirebbe la possibilità di beneficiare del trattamento con inibitori di OXPHOS e di poter contare su un’arma in più per contrastare la crescita tumorale”.

Lo studio è stato sostenuto principalmente dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.

Articolo pubblicato su Cancer Research: https://cancerres.aacrjournals.org/content/early/2022/02/07/0008-5472.CAN-21-1223

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