Rabdomiosarcoma alveolare, individuati due nuovi bersagli molecolari per bloccare la crescita di uno dei tumori pediatrici più aggressivi

Pubblicati sulla rivista Cell Reports i risultati di uno studio condotto all’Istituto di Biologia e patologia molecolare del Cnr di Roma. I dati rivelano un nuovo asse molecolare coinvolto nella crescita del rabdomiosarcoma alveolare, un tumore pediatrico aggressivo e ancora difficile da curare. La ricerca è stata condotta in collaborazione con Sapienza Università di Roma e il Santa Lucia IRCCS di Roma e realizzata grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e della Sarcoma Foundation of America

Roma, 1 settembre 2022 – Il rabdomiosarcoma alveolare è un sarcoma pediatrico molto aggressivo. I risultati di uno studio italiano, pubblicati sulla rivista Cell Reports da ricercatori dell’Istituto di biologia e patologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm) di Roma, hanno rivelato un nuovo asse molecolare coinvolto nella crescita di questo tipo di cancro.

“La ricerca si è concentrata sul rabdomiosarcoma alveolare, uno dei più diffusi sarcomi dei tessuti molli, che colpisce principalmente le cellule del tessuto muscolare scheletrico – spiega la coordinatrice Chiara Mozzetta, del Cnr-Ibpm, che ha portato avanti il lavoro con i ricercatori Valeria Bianconi e Alberto Gualtieri – Alla base dell’insorgenza di questo aggressivo tumore, che colpisce prevalentemente la popolazione pediatrica, c’è una specifica mutazione genetica che porta alla formazione di una cosiddetta proteina di fusione, PAX3-FOXO1. Questa proteina mantiene le cellule in uno stato di crescita incontrollata e le rende incapaci di formare tessuto muscolare maturo”.

Nello studio il gruppo di ricerca ha individuato un nuovo meccanismo molecolare che controlla PAX3-FOXO1 ed è quindi alla base della crescita incontrollata del rabdomiosarcoma alveolare. “È noto già da diversi anni che PAX3-FOXO1 è un bersaglio molecolare piuttosto ostico per lo sviluppo di farmaci anti-tumorali specifici per questo tipo di rabdomiosarcoma – spiega Mozzetta – è importante quindi conoscere quali sono le molecole regolatrici di questa proteina per concepire strategie più efficaci volte a bloccarne l’azione”.

Il lavoro dei ricercatori ha messo in evidenza due nuovi fattori che contribuiscono a mantenere elevata l’espressione di PAX3-FOXO1 e che quindi promuovono la crescita del rabdomiosarcoma alveolare. “In particolare, all’inizio della via molecolare in cui si trova anche PAX3-FOXO1, abbiamo identificato l’enzima DDX5, che a sua volta stabilizza l’espressione di un altro fattore, EHMT2, il quale regola infine l’espressione della proteina di fusione – conclude la ricercatrice – Abbiamo quindi dimostrato che inibendo DDX5 o EHMT2 è possibile agire indirettamente su PAX3-FOXO1 e bloccare così la crescita del rabdomiosarcoma alveolare. I risultati della ricerca hanno quindi evidenziato due nuovi bersagli molecolari utilizzabili per bloccare la crescita del rabdomiosarcoma alveolare”.

I dati ottenuti in laboratorio dovranno ora essere consolidati prima di poter essere eventualmente valutati in clinica negli esseri umani. Lo studio è stato condotto in collaborazione con ricercatori di Sapienza Università di Roma, e del Santa Lucia IRCCS di Roma, e realizzato prevalentemente col sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, grazie a My First AIRC grant (MFAG) assegnato alla dott.ssa Mozzetta, e inoltre grazie al supporto della Sarcoma Foundation of America (SFA).

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